Ponte sullo Stretto? Inutile e dannoso (di Mario Tozzi)

La forte scossa di terremoto di questa mattina nell’area dello Stretto ha reso di nuovo attuali i puntuali “avvertimenti” del geologo Mario Tozzi. Meditate, gente, meditate e non andate dietro alle cazzate di Salvini e Occhiuto. Ché Schifani, giustamente, s’è già chiamato fuori. 

Ponte sullo Stretto? Inutile e dannoso

di Mario Tozzi

“Al mondo non è mai stato costruito un ponte a campata unica più lungo di quello di Akashi (1,99 km, in Giappone): quello di Messina sarà lungo (quasi, ndr) il doppio (3,3 km ndr) e ancora non si comprende bene utilizzando quali materiali. Il ponte viene visto come utile tanto più quanto ti allontani dal posto”. L’opinione del geologo e conduttore televisivo Mario Tozzi sul Ponte sullo Stretto non lascia spazio ad interpretazioni. Di seguito, le sue motivazioni.

“Io non ci posso credere, ma si ritorna a parlare del ponte sullo Stretto di Messina. Ora, dopo 40 anni di polemiche moderne in cui è stato dimostrato in tutte le maniere che il ponte non è conveniente economicamente, non è conveniente ecologicamente e paesaggisticamente, e soprattutto geologicamente, io non so cosa altro si deve fare. Se pure un Governo come questo, che tutto dovrebbe essere chiamato a fare tranne che il ponte sullo Stretto di Messina, si mette in testa di fare il ponte perché ci sarebbe nuovi studi e se anche Giovannini cade in questo tipo di errore, non ne veniamo fuori vivi.

Il ponte sullo Stretto di Messina è una sciocchezza dal punto di vista dei collegamenti. Questo perché prevede circa 100mila passaggi al giorno per poter essere remunerato da parte di chi l’ha costruito. Ma oggi ce ne sono circa 10mila al giorno: per quale ragione dovrebbero aumentare? E per quale ragione dovremmo tendere ad aumentare il traffico in autovettura che, anzi, dovremmo diminuire? Non si capisce. Il treno ci mette poco meno, è vero, ma la maggior parte dei 15mila passaggi che ci sono dall’altra parte dello Stretto tutti i giorni sono in realtà pendolari di Reggio e di Messina.

Pendolari di Reggio e Messina che non hanno nessun interesse nel prendere l’automobile, uscire dal proprio centro abitato, andare fuori per prendere il ponte, poi attraversare lo Stretto e poi entrare nell’altra città facendosi il traffico due volte oltre a cercare parcheggio. Ma per quale motivo, visto che possono andare tranquillamente a piedi e in venti minuti ci metterebbero un’ora? Oltretutto pagando molto di più. Se si vogliono rispettare le leggi europee di finanziamento, il pedaggio sarebbe caro, ricordando che tutti i grandi attraversamenti del mondo, dal Golden Gate al tunnel sotto la Manica o costano parecchio oppure sono in deficit (e indovinate chi paga, nel caso).

Il ponte finirebbe per aumentare il traffico su gomma. E se ci fosse pure la ferrovia (fatto sul quale si attendono rassicurazioni) andrebbe anche peggio, visto che i treni non possono superare pendenze appena pronunciate, cosa che comporterebbe avere imbocchi ancora più lontani.

Ma il vero problema è che il ponte sullo Stretto di Messina non ha un senso geologico perché qui è atteso un terremoto forte. I massimi terremoti forti italiani si agiranno intorno a 7.1-7.5 di magnitudo Richter. Il ponte dovrebbe essere dunque commisurato per reggere a quella magnitudo. Poniamo il caso che venga costruito e regga quella magnitudo lì. In tal caso unirebbe due cimiteri, perché Reggio Calabria e Messina vedrebbero decine di migliaia di morti in quanto solo il 25% delle case e delle strutture è anti-sismico qui. Quindi per quale ragione al mondo mai dovresti costruire una stupidaggine del genere? E’ veramente la cosa più inutile.

Non bastassero i terremoti ci si mettono anche le frane, in particolare gli scivolamenti gravitativi: grandi superfici di distacco che possono arrivare fino a chilometri di profondità e minacciare qualsiasi opera e che sono ben noti sul versante calabrese. Come sono ben note in superficie le frane del messinese (Giampilieri). Ha senso sclerotizzare quel ben noto “sfasciume pendulo sul mare” con un oggetto rigido di 166.000 tonnellate che, oltretutto, comporterebbe movimenti di terra colossali, apertura di cave, prelievi di inerti, livellamento di colline, opere di cemento armato al contorno, cioè esattamente tutto quello che non dovresti fare nell’Italia record europeo di frane (620.000 su 750.000 nel continente intero)?

Infine l’incancellabile sfregio al paesaggio meraviglioso dello Stretto, al mito di Scilla e Cariddi, al parco letterario, alla natura. Come facciamo a essere così arroganti da imporre a figli e nipoti un’opera che potrebbero rifiutare? Quando con una minima parte di quei denari si può risistemare in maniera ecologicamente sostenibile il traffico marittimo dello Stretto, con navi rinnovabili e con il disegno di nuovi scali. Una follia priva di senso geologico, naturalistico e culturale, una delirio onanistico di una setta di tecnocrati incapaci di convivere armonicamente col mondo che ci circonda. E, soprattutto, un’opera diseducativa, inutile e potenzialmente dannosa.