Regione, da Casalinuovo a Irto: degrado dei valori e dell’efficacia

Nicola Irto

Caro direttore,

da qualche tempo, scorrendo i giornali online e i post su Facebook, noto la presenza insistente di un articolo giornalistico che fa il resoconto dell’attività del consiglio regionale della Calabria negli ultimi due anni. Mi pare di capire che si tratti dell’attività della presidenza Irto.

Pur non condividendo il contenuto, capisco, però, l’insistenza con cui si propone l’articolo. Per sortire l’effetto voluto deve arrivare al più alto numero di lettori. Un po’ come si fa con la pubblicità, più si è presenti nella memoria della gente più crea interesse ed è efficace. Ed in questo caso deve restare nella memoria l’attività svolta dal consiglio regionale nel periodo detto.

Quindi, il presidente Irto snocciola numeri e percentuali, tutto in un’atmosfera da stadio di calcio. “Siamo i secondi tra tutte le regioni come numero di leggi” e – grande meraviglia – “solo quattro bocciate dal governo”. Finito di leggere il post, mi si è fatta strada nella mente la passata attività del consiglio, quella riportata dalla cronaca dagli anni Settanta, data di nascita delle regioni, ad oggi. Il contrasto tra i due momenti mi è balzato subito agli occhi.

Mi è tornato alla mente il primo presidente del consiglio regionale Casalinuovo, scomparso un anno fa, uomo di grande personalità politica e professionale, infaticabile lavoratore, personalità carismatica sotto la cui guida il consiglio regionale partito con passo incerto, è divenuto via via sempre più luogo, che partendo dalla realizzazione del nuovo assetto istituzionale della regione, disegnava, nel contempo, un nuovo progetto politico di sviluppo economico e sociale della regione, partorito dal comune impegno di tutte le forze politiche, compreso l’allora PCI. L’ufficio di presidenza del consiglio si riuniva spesso per lavorare fino a tardi per organizzare la massima istituzione della Regione, quella che rappresenta tutti i calabresi.

Mario Casalinuovo

Sì, c’era un’atmosfera di laboriosità, di confronto serio e responsabile sul futuro della regione, di consapevolezza del compito importante da svolgere. Anche gli interventi in consiglio erano di spessore politico ed il lavoro in commissione, spesso, durava fino a notte tarda. I consiglieri lavoravano con il solo supporto degli uffici, formati da personale super qualificato, in massima parte nei livelli medio alti, proveniente dai ruoli dello stato. L’opinione pubblica riconosceva ai consiglieri il loro delicato lavoro e lo sforzo che richiedeva, che veniva svolto senza struttura speciale e senza comodità di spostamento visto che la macchina di servizio era riservata, nel primo periodo, solo al Presidente.

Insomma, i consiglieri non navigavano nell’oro e fare il consigliere regionale non era come vincere un Superenalotto, così come è diventato successivamente. Penso si possa dire che, in larga misura, l’apporto umano è stato determinante nell’avvio di una Regione che rappresentava realmente il suo popolo.

Non dico questo per nostalgia dei tempi passati, non sono un nostalgico, se potessi chiedere di rinascere vorrei rinascere in questo tempo e non prima, ma penso che è un dovere ricordare fatti e valore delle persone sempre, specialmente quando riguardano la politica, cioè l’interesse di tutti. Oggi, purtroppo, in un mondo di plastica, senza comuni valori di promozione della dignità umana, senza etica e dove l’apparire è più importante dell’essere, dove tutto si consuma, brucia nello spazio di un giorno, anche l’impegno politico nasce da altre motivazioni rispetto a qualche decennio fa.

Il discrimine l’ha segnato, paradossalmente, l’epoca di “Mani pulite”, che non ha stravolto solo il mondo politico, con l’introduzione di nuove relazioni, ma ha dato il via ad un nuovo modo di essere in politica che apre alla leggerezza, semplificazione, superficialità, personalismo, ma la società stessa. Tutto è sembrato e sembra possibile, poche remore e molta virile determinazione. È stato come se la gente si fosse liberata da un peso, da una cappa che la schiacciava sul modo socialmente corretto di essere e di vivere.

Anche in Calabria, pur con lentezza a causa di un più forte legame con la tradizione, si è fatto strada questo nuovo modo di vivere. Sul piano politico, senza tema di smentita, abbiamo assistito ad uno scivolone della qualità dell’impegno politico istituzionale, sia per scadente qualità del personale politico, sia per l’incerta appartenenza di parte del medesimo personale. Chi oggi ci rappresenta, ieri poteva aspirare, al massimo, di coprire un sedia di consigliere comunale in comunità al di sotto dei 15 mila abitanti, con tutto il rispetto per chi ci opera con impegno e dignità, ma non sfugge la differenza tra i due ruoli.

Ne consegue che l’interesse generale ha ceduto il passo a quello personale. Da qui, è scaturito il non trascurabile impegno profuso per assicurarsi aumenti di stipendio, rimborsi forfettari di spese sostenute, gettoni di presenza erogati in anticipo (i mitici ACCESSI), quote di tassazione IRPEF per gli emolumenti ricevuti a carico del consiglio, reversibilità di favore delle pensione, un piccolo esercito di portaborse.

Insomma, piccole cose che servono a rendere la qualità della vita di un consigliere regionale adeguata allo status sociale conseguito con le elezioni. Sul piano dell’impegno nell’istituzione, occorre riconoscere che la presenza alle sedute di consiglio o commissione, anche a quelle disertate per motivi personali, ma giustificate dall’assemblea, è costante. Ragionamento diverso, invece, per la partecipazione ai lavori non solo in termini di contributo all’esame dei provvedimenti. Può capitare che un consigliere arrivi a seduta iniziata della commissione e dopo caloroso saluto al funzionario che redige il verbale e assiste i lavori della commissione, si sieda al tavolo, sfogli distrattamente il giornale, anche questo pagato dalla Regione, ma dopo qualche minuto si alzi e si allontani momentaneamente perché raggiunto da una telefonata urgente; non lo si vedrà più per l’intera giornata. Poco male, la presenza è assicurata!!!

Qualche altra figura istituzionale di livello, dopo aver rinunciato alla macchina di servizio ed essersi fatto scarrozzare a destra e sinistra dagli amici, a fine mandato ha chiesto al Consiglio il corrispettivo economico della mancata utilizzazione del mezzo di servizio, ricevendo, a buon diritto, centinaia di migliaia di euro.

Paragonare, sotto ogni profilo, il livello dei consigli regionali di queste ultime legislature a quello delle legislature precedenti, è impresa impossibile, sono separati da un abisso. L’istituzione Regione, oggi, non ci rappresenta, non rappresenta i nostri bisogni, non è adeguata alle nostre necessità perché non è capace di sentire i bisogni, di progettare avendo di fronte visione prospettica, di sentire una qualche responsabilità per il compito che si è scelto e che la comunità ha accettato di attribuirgli. Anche il consenso si ricerca in modo diverso.

Senza perdere tempo con comizi ed eventi di ogni tipo, basta avere ”spirito di servizio” ed il gioco è fatto. Purtroppo in queste ultime due legislature, se ricordo bene, la magistratura ha avuto il suo bel da fare! E ha continuato anche in questi ultimi giorni, tanto da rendere necessario il nuovo intervento di Irto per dire che “questo Consiglio ripudia la mafia…”. E ce ne vuole di coraggio se è vero, com’è vero, e lo sanno tutti, che nel 2014 le Regionali le ha decise proprio la… mafia!!!

Ma quello che sostanzia la differenza tra il memorabile inizio e l’insignificante attualità è la paurosa assenza di dignità dell’istituzione Regione, a causa della irresponsabilità, dell’incapacità, della mancanza di personalità e di rigore morale, del personale politico al quale, ahinoi, abbiamo consegnato l’istituzione che ci rappresenta. Siamo noi, i vecchi, forse, migliori?

Grazie per la cortese attenzione, buon lavoro.

Carlo Ranieri, già funzionario e sindacalista del consiglio regionale