Sanità, i clan del Tirreno e il clan del Cinghiale

L’ex senatore Antonio Gentile, alias il Cinghiale, quando esterna sulla sanità tocca picchi di tragicomicità incredibili. Della serie: lui insieme ai suoi compari della politica corrotta e massomafiosa è il padrone incontrastato di tutti i traffici ma la colpa è sempre di qualcun altro. Qualche tempo fa ha dichiarato testualmente, anzi ha denunciato “… l’avanzata di una criminalità che, come dimostrano le ultime acquisizioni probatorie, ormai non è solo alle porte della cittadella politica ma, spesso, è riuscita a collocarsi stabilmente al suo interno”.

E ancora: “… la politica deve smetterla con le lacrime di coccodrillo, deve finirla con l’assunzione di un ruolo pilatesco, cominciare a dare risposte concrete alle richieste di collaborazione che vengono dalla stessa magistratura…”.

E non contento: “… A Cosenza si continuano a fare scelte scellerate; nel Tirreno cosentino si finge di ignorare che intere realtà sanitarie, pubbliche ed in parte anche private, sono direttamente controllate dai clan…”. 

Ora, voi sapete bene che tipo di considerazione abbiamo per il Cinghiale ma quando leggiamo queste cose l’indignazione sale alle stelle. Va a finire che non abbiamo mai capito niente, che il Cinghiale ha sempre combattuto la ‘ndrangheta e che adesso la denuncia pure con dovizia di particolari. Insomma, siamo alla follia.

Gratteri sta rivoltando come un calzino l’Asp di Catanzaro, che non a caso è stata sciolta per mafia. Quattro anni di brogli continuati anche sotto il regno di Mario Oliverio, uno che parlava sempre del passato ma che è stato ancora peggio di Scopelliti.
Nulla succede per le due aziende cosentine, invece. Le inchieste aperte non si sa che fine abbiano fatto.
Eppure Cosenza ha registrato:

Gianfranco Ponzio
Gianfranco Ponzio

1) Gare vinte dal cinghialotto, alias Gianfranco Ponzio, uno che ha gestito servizi esterni di personale con questi crismi: dava ai dipendenti 400 euro al mese e per ognuno di loro ne guadagnava il triplo. E siccome è furbo, metteva mogli di finanzieri nelle strutture. Poi la vigna è finita ma dopo più di 10 anni però…

2) Falsi precari assunti illegittimamente e mai pagati in campagna elettorale nel 2014, con Tonino Perri, altro colonnello del Cinghiale, capo distretto poi interdetto dai pubblici uffici, che scappò nella segreteria di Oliverio appena eletto per farsi approvare gli atti. Se n’è interessato persino il “porto delle nebbie” ma Gratteri… nisba!

3) Falsi precari stabilizzati con la condanna in primo grado per Remigio Magnelli ancora al suo posto. Atti chiaramente non validi e illegittimi ma che passano allegramente sotto gli ordini del Cinghiale.

4) Gare milionarie gestite dal ras Nicola Buoncristiano ancora al suo posto.

5) Appalti super gonfiati per il signor Marchese, altro cameriere del Cinghiale, che gestisce la manutenzione delle macchine e guadagna cifre da capogiro.

Sono solo degli esempi perché la realtà è ancora infinitamente più grave senza parlare dei primari, dei capi dipartimento e di tutta la manovalanza assunta grazie alle sue entrature e che ha fatto diventare l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza un grande ufficio di collocamento della “bestia”. L’unico processo avviato (ma proprio perché sarebbe stato impossibile chiudere gli occhi) ma finito come da copione in una bolla di sapone è quello sugli incarichi legali, 400, dati a una sola persona, il leggendario avvocato Nicola Gaetano. Per un totale di 800mila euro (!!!) finiti nelle tasche dell’avvocato e chiaramente distribuiti a tutta l’organizzazione. Soltanto un assaggio di quello che è la sanità “legale”: non solo incarichi ma contenziosi, arbitrati e chi più ne ha più ne metta e che spieghiamo nei dettagli in questo articolo (http://www.iacchite.blog/sanita-a-cosenza-un-magna-magna-per-il-cinghiale-paolini-e-tutti-i-loro-affiliatii/).

E allora, per tornare a bomba alle dichiarazioni del Cinghiale.

Nel Tirreno cosentino si finge di ignorare che intere realtà sanitarie, pubbliche ed in parte anche private, sono direttamente controllate dai clan. E, per carità, il Cinghiale avrà anche ragione che nel Tirreno cosentino le strutture sono controllate dai clan. Ma dimentica di dire che a Cosenza, Azienda Sanitaria ed Azienda Ospedaliera, sguazza un solo clan, che monetizza milioni e milioni di euro. Cioè il suo!

Cosenza-Asp