Paolo Mascaro è stato rieletto sindaco di Lamezia Terme con il 68,9% (12.317 preferenze), Ruggero Pegna – nonostante l’appoggio di Fratelli d’Italia e Wanda Ferro – si ferma al 31,1% (5.559 preferenze) e viene “trombato” esattamente come Guarascio, che non ha neanche partecipato al ballottaggio.
Sostenuto da due liste civiche “Assieme con Mascaro sindaco” e “Orgoglio Lamezia”, Mascaro ritorna così in via Perugini da primo cittadino. Al primo turno Mascaro aveva ottenuto il 38,89% mentre Pegna il 23%. Il sindaco viene così rieletto ma con un forte astensionismo: solo il 29,98% si è infatti recato alle urne per decretare il vincitore, meno di un terzo degli eventi diritto. Complice anche la tremenda giornata di maltempo di ieri nella città della Piana.
Nel 2017, l’amministrazione – a guida Mascaro – fu sciolta per infiltrazioni mafiose. Ne sono seguiti due lunghi anni di commissariamento. Intanto, la vicenda giudiziaria è andata avanti e si è conclusa il 26 settembre con il Consiglio di Stato che ha confermato lo scioglimento. Nessun esito favorevole, dunque, dai giudici di palazzo Spada, per il ricorso che avevano presentato Paolo Mascaro e alcuni componenti della sua ex Giunta. In ultimo, proprio pochi giorni fa, la Procura generale di Catanzaro ha presentato ricorso in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza con la quale la Corte d’appello ha rigettato la richiesta di incandidabilità dell’ex sindaco di Lamezia. Tra poco tempo, dunque, Lamezia potrebbe ritrovarsi ancora senza sindaco…
Nel ricorso, – scrive l’Ansa – presentato dall’Avvocato generale Beniamino Calabrese e dal sostituto procuratore generale Raffaela Sforza, si afferma, tra l’altro, che, nel momento dello scioglimento dell’ente, “Mascaro, in qualita’ di sindaco, rivestiva una posizione di vertice, con la conseguenza che il mancato esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, di vigilanza e di controllo a lui spettanti nei confronti dell’apparato burocratico integra la colpa. E’ sufficiente, per l’incandidabilita’, che l’amministratore sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta ad ingerenze ed alle pressioni delle associazioni criminali operanti sul territorio. Ovvero che, pur senza sconfinare nell’illecito, abbia favorito l’ingerenza di associazioni criminali o il condizionamento delle stesse sulla gestione dell’ente territoriale.
A fini preventivi puo’ bastare, infatti, anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacita’ di gestione della macchina amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati”. Per quanto riguarda il Comune di Lamezia Terme, sostiene ancora nel ricorso la Procura generale di Catanzaro, “tutte le principali attivita’ sono state portate avanti dall’amministrazione comunale, sindaco compreso, senza alcuna delle cautele che sarebbe stato necessario adottare a tutela della legalita’, in un territorio caratterizzato dalla presenza di sodalizi criminali di stampo mafioso”.