Calabria 2020, il suicidio perfetto del Pd

Cronaca di un suicidio perfetto. La disfatta di Pippo Callipo e del Pd in Calabria è il frutto di una serie di strafalcioni e assurdità che non potevano che portare a questo inverecondo tracollo. Ma raccontiamo semplicemente i fatti. Nell’agosto scorso il Pd – in Calabria perennemente commissariato – mette definitivamente il veto sulla ricandidatura di Oliverio in nome di un non meglio precisato rinnovamento. Su Oliverio e su alcuni amministratori del suo cerchio magico, del resto, pendono quattro inchieste della procura di Catanzaro per abuso d’ufficio e corruzione, e un’altra derubricata dal gip. Ma il Pd non spiega il suo veto con motivazioni giudiziarie…

Si capisce che la parola d’ordine del rinnovamento, e il rifiuto di indire le primarie, hanno a che fare con il cambiamento del clima politico nazionale: caduto il governo giallo-verde e nato quello giallo-rosa, il Pd di Zingaretti punta a un’alleanza stabile con li M5s, di cui le regionali dovrebbero essere il laboratorio. Per la Calabria non serve più un uomo di partito ma un candidato “della società civile”, cioè un imprenditore come in Umbria, magari scelto dai cinque stelle e comunque più trasversale possibile.

Si sa com’è andata a finire: fallito l’esperimento unitario in Umbria, il M5s decide di correre da solo sia in Emilia sia in Calabria suicidandosi addirittura prima del Pd e così Zingaretti e i suoi colonnelli, che non sanno veramente che pesci pigliare, per togliersi dagli impicci atterrano sul candidato perfetto per perdere: Pippo Callipo. In realtà, speravano che alla fine i grillini li seguissero ma ormai nel M5s è scattata da tempo una cruenta resa dei conti interna…

“… Fallisce nel frattempo – come ha scritto qualche giorno fa Ida Dominijanni – anche il tentativo in extremis della coordinatrice regionale delle sardine Jasmine Cristallo di far fare a tutti un passo indietro per trovare una candidatura unitaria e rappresentativa della società calabrese più giovane, più lontana dalle vecchie logiche e dai vecchi stereotipi, più capace di riportare a casa esperienze e competenze maturate anche altrove. Ma salvo la disponibilità di Oliverio ciascuno prosegue per la sua strada e Zingaretti, che fino a questo punto della storia in Calabria non ha mai messo piede, corre a benedire la candidatura dell’“uomo del riscatto e della rivoluzione civile che può liberare questa meravigliosa terra”. Una cagata pazzesca avrebbe detto Fantozzi…

E Ida Dominijanni, nel suo lucidissimo j’accuse ai dem, ne spiega benissimo la logica: “… Il Pd è fatto così: o segue una logica partitocratica ferrea e autoreferenziale, o si dissolve in una “società civile” che in verità conosce pochissimo assumendone, con le retoriche etiche, le derive antipolitiche. Senza nulla togliere né alle capacità imprenditoriali e all’impegno anti-’ndrangheta di Callipo né alla rivoluzione civile che magari scoppiasse, motivare in questo modo una candidatura a governatore significa in un colpo solo dichiarare la bancarotta del centrosinistra uscente, ingabbiare la Calabria nella rappresentazione di un territorio sequestrato dalla criminalità in cui gran parte dell’elettorato giustamente non si riconosce, glissare con la retorica del riscatto sulle politiche di cui la regione necessita urgentemente per liberarsi dai suoi record negativi, nonché dalle cosche che su quei record negativi proliferano e speculano. Ma di politiche, e di politica, dalle parti del centrosinistra in campagna elettorale si parla poco o niente. E se invece si parla solo di legalità e di civismo antimafia si sa che c’è sempre qualcuno che ha più titolo per parlarne: le procure per esempio…”.

Ora Zingaretti ha preso ossigeno dalla vittoria, tutta particolare, ottenuta in Emilia Romagna ed ha altre cose a cui pensare ma in Calabria c’è bisogno di liberarsi finalmente dalle catene del Pd e far partire un percorso di liberazione e di autonomia, sulla scia di quanto ha fatto Flavio Stasi a Corigliano-Rossano. Dei partiti ormai ne abbiamo le tasche e le scatole piene….