Cosenza, Fase 2. Commercio e ristorazione, senza aiuti chiuderanno in tanti

Oltre al pubblico impiego (Comune, Regione, sanità, scuola, Provincia, forze dell’ordine, comprese cooperative e servizi esternalizzati come la raccolta rifiuti), che risulta la prima “attività” lavorativa dei cosentini, in città il resto dell’economia si basa principalmente sul commercio. Esistono, infatti, a Cosenza una miriade di negozi di ogni genere, compresi diversi centri commerciali, ai quali si aggiunge il settore della ristorazione e dell’accoglienza: bar, pub, pizzerie, ristoranti, friggitorie, gelaterie, kebbaberie, saloni ricevimenti, fast food, alberghi e B&B; poi ci sono le tante “botteghe” legate al mestiere: fabbri, falegnami, idraulici, meccanici, carrozzieri, elettrauto, gommisti, sarti, calzolai, ma anche estetisti, parrucchieri, centri benessere, partite Iva, edicole, librerie, cartolerie, e così via. Qualche piccola ditta di costruzioni e diverse agenzie di servizi. Tutte attività che in città valgono qualche migliaio di posti di lavoro, e che oggi si trovano a dover fare i conti con una perdita di introiti importanti che per tanti potrebbe significare la fine.

Infatti, se l’imminente arrivo della fase due di questa strana pandemia ha acceso le speranze di una ripresa per alcuni, allo stesso tempo, viste le limitazioni previste, ha definitivamente spento quelle di altri.

A non soffrire la crisi economica provocata dal coronavirus di sicuro il comparto legato alla vendita di prodotti alimentari. Seguito dai negozi specializzati nella vendita di prodotti per la sanificazione degli ambienti e per l’igiene personale. Il più colpito invece dalla crisi da coronavirus è l’intero settore del commercio (in ogni sua “variante merceologica”), ma più di tutti a soffrire per questa crisi sono quelle attività legate al “food & beverage” e all’accoglienza. Se per gli altri un minimo di futuro e speranza si vede, anche se dall’esito incerto, per loro è ancora buio pesto.

La lenta ripartenza prevista dalla fase due taglia fuori proprio queste attività ritenute dagli “esperti”, proprio per la natura del servizio che svolgono, spazi di incontri e quindi potenziali luoghi di contagio. Stessa cosa vale per i musei, i cinema, i concerti e il teatro.

La riapertura della attività di food & beverage è prevista per il mese di giugno, ma con diverse limitazioni che di fatto precludono la fruizione del servizio, così com’è sempre stato inteso, da parte del cliente. Nel senso che nessuno va a mangiare al ristorante per stare chiuso in una gabbietta di plexiglass per due ore. Meglio restare a casa.

Ad offuscare di più il “futuro” dei ristoratori, e non solo, vedi ad esempio anche il problema dei parrucchieri, si aggiunge la mancanza di una previsione “certa” della fine totale dell’emergenza: nessuno all’oggi è in grado di dire quando la fase due durerà. Che per i ristoratori significa: quando tempo dovranno stazionare le gabbiette di plexiglass nei bar, nei ristoranti, nelle pizzerie e nei pub? Potrebbero anche diventare definitive. E questo cambierebbe completamente, qualora ciò si verificasse, la nostra concezione dello stare insieme. Il che rende ancora più incerto il loro futuro.

Se tale economia dovesse venire meno, così come si prevede, senza voler fare l’uccello del malaugurio, ma questo si prospetta, sarebbe un vero e proprio problema sociale per la città. Una intera categoria si ritroverebbe dall’oggi al domani con un pugno di mosche in mano e una montagna di debiti da pagare. E questo la nostra città non se lo può permettere. Non esistono, a Cosenza, altre attività produttive in grado di assorbire i tanti lavoratori di questo settore. Serve un aiuto concreto che vada al di là delle chiacchiere. Serve un piano economico/finanziario pubblico che salvaguardi tutte queste categorie dall’imminente fallimento, e una forte idea politica su come creare le basi per una vera e concreta ripartenza dell’intero indotto economico cittadino. Senza di questo la loro fine, almeno per la maggior parte delle attività, è segnata. E non ci pare che questo governo regionale, così come quello nazionale, si stia muovendo in questa direzione, chiacchiere a parte. Il bilancio regionale è stato approvato, ora vedremo le misure concrete della giunta Santelli.

Con questo non vogliamo dire che è giusto riaprire tutto e senza condizioni a partire dal 4 maggio, non siamo esperti di epidemie, e poi è una responsabilità che appartiene al governo, noi ci limitiamo a registrare la situazione che da qui a breve si verrà a creare: il disastro economico in una città già fallita amministrativamente. Che è come buttare benzina sul fuoco. Un fuoco che da tempo cova sotto la cenere, e questa crisi che si prospetta potrebbe essere la scintilla che ravviva la fiamma. Ala politica: fate qualcosa, e fatelo in fretta.