Jole&Marilena sbertucciate dalla Giustizia: vi spieghiamo come hanno smontato il loro squallido “patto”

Quello da coordinatore dell’Avvocatura regionale è un incarico assolutamente prestigioso; e certo fra i più ricchi in termini d’emolumenti, a pensare che già il reggente Gianclaudio Festa percepiva un “compenso fisso” da 140.574,68 euro l’anno.

Va da se che sulla nuova nomina del capo dell’Avvocatura ci fossero grandi pressioni un po’ da tutti gli ambienti che contano della Calabria bene e dei colletti bianchi. Ma alla fine la scelta è caduta su una carneade cosentina, con lo stratagemma della nomina fiduciaria e senza concorso, ed è chiaro che non poteva finire come voleva la signora Jole Santelli. La sua pupilla è stata sonoramente bocciata dal Tribunale di Catanzaro e la sua nomina è illegittima. Lei si chiama Maria Maddalena Giungato, per gli amici Marilena, 52 anni, è pugliese di nascita ma è cresciuta a Cosenza, dove il padre, tarantino, colonnello dell’Esercito alle Casermette, ha prestato servizio a lungo dagli anni Settanta e fino alla pensione. Marilena e Jole si sono conosciute al Liceo Classico Telesio (chiudete gli occhi e pensate solo un attimo a quanto doveva essere “capra” la studentessa Santelli…) e la loro amicizia è stata coltivata nel tempo. La Giungato si è laureata col massimo dei voti in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ma la sua carriera ha conosciuto una svolta negli ultimi 10 anni, da quando vive a Roma nel giro degli ambienti che contano, dove è stata introdotta dal suo compagno, l’avvocato “Beppe”, un elemento influente dell’Avvocatura di Stato. Da qui il “salto” con la nomina a capo dell’Avvocatura dell’amica nel frattempo “elevata” a capra governatrice. Ma si era capito subito che c’era qualcosa che non quadrava.

Citiamo testualmente da un articolo di Mario Meliadò apparso su Calabria7.

Le stesse norme (la legge regionale 11/2015, ossia il collegato alla Finanziaria regionale di cinque anni fa) richiamate nel decreto presidenziale di nomina evidenziano che, è vero, può essere nominato coordinatore «un avvocato esterno, in possesso di adeguata qualificazione professionale, che abbia effettivamente esercitato la professione forense per almeno venti anni»; però questa nomina è un’alternativa all’indicazione di «un avvocato dipendente della Regione che abbia effettivamente esercitato la professione forense per almeno dieci anni e sia iscritto all’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori». Quindi, perché un legale interno all’Ente no? Questo, evidentemente, senza nulla togliere ai più di 20 anni da avvocato (come da requisiti richiesti) dell’esperta cassazionista Giungato.

E comunque: ammesso che si dovesse “per forza” ricorrere a una risorsa esterna, perché un coordinatore dell’Avvocatura regionale “di stretta fiducia” del Governatore, nominato su base fiduciaria, senza un concorso che permettesse di selezionare la risorsa migliore dando chances anche a tanti altri avvocati esperti epperò senza “entrature” politiche specifiche?”.

Fin qui l’ottimo Meliadò, che ci ha restituito l’esatta dimensione della presunzione sconfinata della Santelli. A mettere nero su bianco per impugnare il “decreto 80” è stato l’Ordine degli avvocati di Catanzaro. Il presidente Antonello Talerico e l’avvocato Massimo Gimigliano, coadiuvati dagli avvocati Crescenzio Santuori e Vincenzo Agosto hanno avuto gioco fin troppo facile per vincere la battaglia giudiziaria. Ragione fondamentale del ricorso al Giudice del lavoro di Catanzaro: la «violazione di princìpi d’incarichi dirigenziali che devono essere conferiti all’esito d’avviso pubblico».
Ma le argomentazioni nel corpo del ricorso sono infuocate: la Regione, si legge ad esempio, «è sottratta a regimi medievali d’investitura fiduciaria di preferenza per prossimità politica o amicale». E viene lamentato un «pregiudizio grave ai danni anche dell’intera classe forense».

Anche i consiglieri di opposizione Francesco Pitaro (Gruppo misto, eletto con Io resto in Calabria) e Luigi Tassone (Pd) facevano rilevare che la nomina diretta «non rientra nelle facoltà della Presidente», violando essa «la peculiarità della funzione legale all’interno di un Ente pubblico, di chi la interpreta e di chi la coordina» e, maggiormente, la «più ampia autonomia decisionale» che deve contraddistinguere una figura del genere. E già a fine maggio rilevavano i due consiglieri d’opposizione come risultasse indispensabile procedere a «una selezione tra i profili degli avvocati interni». E così sarà. Checché ne dica Jole Santelli, che dovrà trovare un’altra sistemazione all’amica “caduta da cavallo” (riuscirà a raccapezzarsi sulla citazione? Quien sabe!).