Calabria, via libera alla bancarotta pilotata della sanità: tutti gli uomini e le fate (ignorantissime) di Robertino il parassita

C’è un’altra Calabria che non ti aspetti? La risposta al tragicomico slogan è che qui in Calabria c’è solo la massomafia diffusa, quella che ha deciso per due volte di fila in due anni la vittoria di Forza Mafia alle elezioni regionali, quella che uccide i suoi figli e che, cosa ancora più grave, dice che tutto procede verso una svolta, la vittoria – l’ennesima! – capace di riscattare la storia e di presentare la nostra regione come esempio virtuoso. Ovviamente per chi continua ad arricchirsi svolgendo l’unica “professione” che conosce; quella di parassita sociale. 

Il racconto dei fatti e le evidenze ci dicono il contrario. La Calabria è sull’orlo del baratro e c’è qualcuno, peraltro sufficientemente individuabile, che fa il tifo sottotraccia affinché si realizzi il disastro, la bancarotta pilotata della sanità regionale: l’Eldorado e la nuova stagione del profitto voluto dalla cupola romana. Ascoltare i proclami del re dei parassiti Roberto Occhiuto è come ricevere un pugno nello stomaco, aggiungere sale sulle ferite o peggio ancora, essere catapultati nel “club” degli alcolisti anonimi. 

Siamo alla resa definitiva, quella più infame, che non riconosce nemmeno l’onore delle armi. Tutto ci conferma che ora dopo ora, giorno dopo giorno, si sta costruendo un meccanismo destinato ad espropriare il diritto alla salute ai calabresi, perché bisogna dare nelle mani altrui, le ricche regioni del Nord che lucrano sulla migrazione sanitaria, l’unica vera ricchezza calabra: la sanità, quel tesoro miliardario che la politica massomafiosa ha deciso governare per interposta persona.

Lo schema era già tracciato, anzi per chiarirci meglio era già scritto e Azienda Zero – la ridicola “creatura mostriuosa” di Occhiuto – rispondeva in pieno alle esigenze di esproprio collettivo, dove il riconoscimento di capacità imprenditoriale e di programmazione sanitaria, ponevano la pietra tombale sul futuro lasciato nelle mani del prof. Giuseppe Profiti, di certo non uno stinco di santo per memoria storica e per pedigree criminale. E adesso quella “pietra tombale” s’è proprio materializzata con l’improvvisa scomparsa dello stesso Profiti, quasi un segnale del destino.

In questo perimetro a poco servono le “comparsate” della presunta ed isolata leader dell’opposizione, Amalia Bruni, la nostra Lady truffa: il suo grido di battaglia ha il valore di quello di un oca, assimilabile a quello delle fate ignoranti(ssime) che governano il Dipartimento alla Salute: inutili pedine di una partita a scacchi già persa. D’altronde non è lei, Amalia Bruni, che può vestire i panni della Pulzella d’Orleans, perché avrebbe meritato il rogo (virtuale ovviamente, ché qui non si riesce ad arrestare manco a… Tallini) già da qualche lustro, per il solo fatto di aver rubato soldi e speranza ai tanti calabresi, che l’hanno incrociata in modo funesto, nella cura della malattia di Alzheimer e delle demenze.

Amalia Bruni e Giuseppe Profiti – bonanima – del resto sono fatti della stessa creta. E già prima dell’addio a questa vita del faccendiere catanzarese si erano seduti insieme al tavolo della spartizione, anche perché Lady truffa ha da sistemare nel circuito qualcuno dei suoi “competenti”, i riconosciuti affaristi del welfare che le fanno da cerchio magico, oppure tentare di salvare in zona Cesarini la sua creatura famelica, il Centro Regionale di Neurogenetica. Ecco perché e per tante altre variabili, il grido di Amalia Bruni non ha sostanza e nemmeno credibilità morale oltre che scientifica.

La sanità in Calabria era ed è sempre in stato di allerta, in zona rossa perenne e non certo per le cazzate sul ritorno d’onda del Covid. E’ un fattore endemico, pilotato e questo dovrebbe indurre il buon commissario/presidente Occhiuto a misurare il rimbombo dei suoi proclami e la data di attuazione, giusto per non consegnare alla storia le sue minchiate e per evitare che oltre ad essere classificato come parassita sociale ci aggiunga anche l’etichetta di cazzaro, appioppata già al fratello che ha portato Cosenza per la prima volta nella sua storia al disastro e al fallimento finanziario.

Fra ospedali al collasso e quelli chiusi a doppia mandata, pronto soccorso inesistenti, una sanità territoriale sulla carta, case di comunità solo in una programmazione non supportata dai flussi, il più giovane degli Occhiuto parla di una ricognizione del debito, quello monstre, in via di definizione a data da destinarsi, a questo punto. Il rinforzo degli organici resta lettera morta e la Guardia di Finanza, a cui tutti si aggrappano come ultima ratio non basta, anzi basterebbe eccome, se procedesse arrestando tutti dal vertice fino all’ultimo dei boiardi della sanità calabrese. Ma, come già detto, qui non arrestano manco a… Tallini e tutto questo sfugge ed arriva rarefatto al terzo piano della Cittadella regionale, dove nel mondo delle fate ignoranti(ssime) tutti cercano di difendere la loro postazione, quelle fatte di premialità e promozioni e poco importa se fuori le macerie si moltiplicano.

Il quadro riassunto della sanità calabrese è questo. Il suo covo è il Dipartimento alla Salute, che sia pure in via di commissariamento con la nascita di Azienda Zero, continua a nascondere nei suoi corridoi, la meglio gioventù criminale: quella autoctona, importata e da esportare. Robertino il fannullone (non ha mai lavorato un giorno in vita sua) parla ancora di sfida, ma sa bene di averla persa e soprattutto di aver abdicato al governo della sanità calabrese, su ordine delle ‘ndrine e della cupola romana che avevano deciso sul prof. Giuseppe Profiti. Si deve accontentare di qualche modesto attore fra i colletti bianchi della regione, giusto per non scompaginare il sistema e garantire i suoi “padroni”, i famelici boss del sistema privato che oggi reclamano legittimamente i loro profitti. In un campo da decenni minato, il percorso di cambiamento votato alla truffa di Occhiuto è stato abbattuto dai missili interregionali e, nella sua postazione di comando, come commissario alla sanità, appare più un fantoccio che un generale con le controstelle! Non deve disturbare chi manovra in remoto, ecco perché ha scelto secondo le indicazioni ricevute, lasciando pascolo libero alle fate ingnoranti(ssime), alleatesi fra di loro per fare razzia delle ultime briciole rimaste.

Il colonnello Bortoletti non è arrivato in Calabria e mai sarebbe arrivato, perché non gradito alla massomafia sanitaria, quella che ha richiamato all’ordine il presidente Occhiuto che troppo facilmente era scivolato sulla buccia di banana di una legalità non perseguibile. Vita ancora meno facile si prospetta per il sub-commissario Ernesto Esposito, murato nei suoi uffici e stato costretto a difendersi non solo dai mali della Calabria sanitaria, ma soprattutto dagli agguati che Profiti gli ha servito con Azienda Zero e da quelli delle signore in gonnella, sempre loro, le fate ignoranti(ssime) del Dipartimento, che molto immodestamente, sono diventate la falange armata dello status quo dei colletti bianchi e collusi del sistema regione Calabria. La sua è una battaglia quotidiana contro l’analfabetismo errante e contro la criminalità autentica. Il rischio resta alto.

A fronte di tutto questo è legittimo domandarsi: Bortoletti avrebbe accettato un simile sistema di bassa criminalità domestica? Ed ancora: avrebbe fatto spallucce o avrebbe chiesto l’arresto diffuso? La risposta è nei fatti, che da un verso ci consegnano la certificazione criminale del Dipartimento, dove tutti hanno tirato un sospiro di sollievo e, dall’altra nell’eterea semplicità con la quale il presidente Occhiuto governa il processo.

Non domandiamo nemmeno al fannullone Occhiuto quale è la sua idea di sanità. Non lo facciamo perché rischieremmo, senza colpa, di uccidere qualche residuo baluardo di legalità, quella che ancora Occhiuto non ha consegnato nelle mani dei boss della sanità privata, i suoi amici diffusi come Potestio (che più che amico tutti sanno essere suo “compare”), iGreco, lo strozzino Citrigno e l’avvoltoio Parente, senza dimenticare i Baffa’s, arroccati ai piedi della Presila crotonese ma che hanno conquistato anche la roccaforte cosentina di San Sosti e qualche prete puzzolente che specula nella città di Catanzaro.

Lo scenario è disarmante e non si vedono possibilità di recupero, anche perché il procuratore Nicola Gratteri continua nel suo disimpegno più totale, rincorrendo la mafia dei grandi sistemi, senza pensare che la mafia si annida e si moltiplica proprio nei meandri del sistema sanitario calabrese. Basterebbe accendere la miccia e l’esplosione farebbe più vittime delle bombe a grappolo.

Le prime a soccombere sarebbero le “signore” del Dipartimento alla Salute. La fata ignorantissima Jole Fantozzi e le sue comari, non ultima la riesumatrice di cadaveri, tale Maria Pompea Bernardi che riabilita, forse con l’imposizione delle mani, le scorie radioattive del periodo di Peppe Dj.

Ma, non finisce tutto qui. Il Dipartimento alla Salute è un universo mondo, il covo dei pirati e dei portatori di cappuccio, che non solo hanno il dono canoro, bensì anche quello dell’ubiquità di firma e di governo, come ci conferma Radio Germaneto.

Non stiamo parlando dello Zecchino d’Oro e nemmeno del Coro 4+4 di Nora Orlandi, parliamo del duo canoro “Paola e Chiara”, così li definisce Radio Germaneto, i protetti delle “obbedienze” che da anni spicciano le pratiche domestiche della direzione generale del Dipartimento alla Salute. Hanno attraversato le alterne vicende dei commissari alla sanità da Fatarella arrivando agli ex generali ed agli ex prefetti, coperti dalle relazioni di loggia, peraltro una caratteristica diffusa e tossica nella struttura dipartimentale ed oggi, dopo l’ultimo assestamento godono di una posizione quasi blindata. C’è di più.

Per volere della fata (sempre ignorantissima) Jole Fantozzi, sono diventati praticamente i suoi badanti. Dei due, Michele Rossano – che del duo canoro indossa le vesti di “Paola” – svolge praticamente le funzioni di “direttore ombra”, un fatto peraltro abbastanza facile in presenza di una nullità che viene pagata dai contribuenti calabresi come espressione apicale del Dipartimento alla Salute. E’ lui, Rossano che decide cosa firmare in nome e per conto della Fantozzi, stabilisce quali pratiche debbano camminare e quali si devono arenare, discrimina con il placet delle obbedienze cosa è giusto e cosa non è giusto per la sanità calabrese. Anche questo è un altro capitolo della Calabria che non ti aspetti.

La politica passa, i colletti bianchi restano e sono ancora più inamovibili se siedono ad Oriente, senza usare il passamontagna ma solo il cappuccio. E’ la vecchia storia della massomafia sanitaria che comanda la Calabria.

Prima ancora di stabilire un protocollo d’accesso, magari fornendone i termini alla procura di Gratteri, c’è una domanda che dovrebbe porsi il presidente Occhiuto per capire l’universo della sanità calabrese e quindi del Dipartimento: esistono colletti bianchi a mano armata?

La risposta, semmai verrà a margine di un atto di coraggio improbabile, sarà certamente positiva. Ecco perché continuiamo il nostro viaggio ostinato, anche se al momento Gratteri sembra in tutt’altre faccende affaccendato. In Calabria, a volte, viene fatta “giustizia” direttamente con le epurazioni. Che non saranno proprio il massimo ma almeno tolgono di mezzo i più impresentabili anche per la… massomafia.