Il blitz di stamattina del procuratore Gratteri riporta alla ribalta delle cronache giudiziarie ancora una volta il nome di Lorenzo Cesa, eterno “padre padrone” dell’Udc, un ricettacolo di corrotti e massoni deviati sempre a caccia di poltrone e prebende, come stanno facendo anche adesso nell’attuale crisi di governo proponendosi sfacciatamente a Conte.
Da Why Not a Rinascita-Scott per finire a Basso profilo di oggi, il nome di Lorenzo Cesa è sempre presente nelle ordinanze delle operazioni della Dda di Catanzaro. La prima ad opera di Luigi De Magistris e le altre due ad opera di Gratteri.
Le carte e gli atti delle ordinanze degli ultimi blitz di Gratteri, a più di 10 anni di distanza dalle indagini di De Magistris, riprendono le attività delinquenziali degli stessi “colletti bianchi” e ne descrivono compiutamente le condotte anche attraverso le dichiarazioni di diversi pentiti-chiave. Tra i protagonisti non poteva certo mancare il numero uno dell’Udc, partito politico ricettacolo di corrotti, riciclati e voltagabbana ovvero Lorenzo Cesa. Che puntualmente ha avuto anche un assessorato alla Regione per il suo prestanome, tale Francesco Talarico, oggi arrestato da Gratteri mentre per Cesa c’è stata una perquisizione nella sua casa romana e un avviso di garanzia.
BASSO PROFILO

Partiamo proprio dall’ultima operazione. Secondo la Dda di Catanzaro e il procuratore Gratteri “… la consorteria ‘ndranghetista, nelle persone di GALLO Antonio, BRUTTO Tommaso (consigliere comunale di Catanzaro legato a Mimmo Tallini, Sergio Abramo e Claudio Parente), BRUTTO Saverio, PIRRELLO Antonino e ERRIGO Natale ha manifestato la propria ingerenza anche in occasione delle Elezioni Politiche del marzo 2018, per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nel corso delle quali ha stipulato un “patto di scambio” con il candidato TALARICO Francesco (nel collegio 8 di Reggio Calabria), consistente nella promessa di “entrature” per l’ottenimento di appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici economici e società in house, attraverso la mediazione dell’europarlamentare CESA Lorenzo in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti…”.
“… TALARICO incontrava ERRIGO Natale – imparentato con esponenti della cosca De Stefano/Tegano di Archi, segnatamente con SARACENO Francesco Antonio, condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art 416bis c.p., UTANO Antonio (imparentato, a sua volta, con Paolo Rosario DE STEFANO CAPONERA, SCHIMIZZI Paolo e TEGANO Giuseppe) e imputato per il delitto di cui all’art 416bis c.p. nell’ambito del procedimento penale Gambling, VOTANO Francesco Paolo – e – PIRRELLO Antonino cl. 1979 – cugino di PIRRELLO Pietro cl ‘76, sottoposto a indagini nell’ambito del Proc. Pen. n. 5953.11 RGNR DDA RC (“OPERAZIONE ALCHEMIA”) – i quali gli confermavano il sostegno elettorale, peraltro l’ERRIGO facendosi chiarire esplicitamente – tramite il GALLO – la necessità che i patti venissero onorati, il tutto in cambio di utilità consistite, oltre a quelle già pattuite con GALLO e BRUTTO, in altrettante entrature nel settore degli appalti per ERRIGO Natale – consulente aziendale e referente di imprese che intendeva favorire – e PIRRELLO Antonino, titolare di impresa di pulizie con commesse in enti pubblici…”.
La Dda poi fa rilevare che “… le elezioni si sono concluse con un ottimo risultato (il secondo ma non eletto) per il capolista nel collegio uninominale di Reggio Calabria che, sebbene non eletto, è poi diventato assessore esterno al bilancio e politiche del Personale della Regione Calabria, giunta Santelli…”. E questa è storia, visto che Talarico fino a stamattina è assessore regionale al Bilancio a tutti gli effetti.
WHY NOT

Ma, come accennavamo, Lorenzo Cesa entra negli affari della massomafia calabrese fin dal 2007 con Why Not. Secondo Luigi De Magistris, in Calabria era all’opera già da anni un comitato d’affari, una “cupola” degli appalti e dei finanziamenti europei. Quello dei depuratori è uno dei business, che ha già bruciato oltre 800 milioni di euro.
In questo settore è centrale la Pianimpianti, con numero uno Roberto Mercuri e numero due Franco Bonferroni, vecchio democristiano passato all’Udc. Bonferroni è il gemello politico di Lorenzo Cesa, padrone più che segretario del partito. E Cesa, secondo altre indagini di De Magistris, ha succhiato consistenti finanziamenti europei. Con il sistema del sostegno pubblico alle imprese calabresi.
La sua Sbp optical disk, che avrebbe dovuto produrre dvd, ha incassato dall’Europa almeno 5 miliardi di lire, ma non ha mai prodotto neppure un bottone. Ma Cesa ha attirato fondi anche attraverso una società romana, la Global Media, che ha fatturato quasi 7 milioni di euro l’anno organizzando eventi per società pubbliche e molto disponibili come Anas, Enel, Finmeccanica, Lottomatica, Alitalia (anche la Pianimpianti degli amici Mercuri e Bonferroni ha versato alla società di Cesa ben 360 mila euro).
La Global Media ha ricevuto anche finanziamenti europei (s’ipotizza una cifra attorno ai 400 mila euro) per organizzare convegni e iniziative per gli italiani all’estero. I fondi passavano attraverso un’agenzia Onu (la Cif Oil), erano giustificati con fatture gonfiate e la differenza tra quanto ricevuto e quanto effettivamente speso veniva poi incamerata da Cesa, che la usava per sostenere l’Udc.
A spiegare questo meccanismo ai magistrati romani (che ora lo stanno indagando per finanziamento illecito) è nientemeno che Francesco Campanella, uomo vicino a Bernardo Provenzano, grande riciclatore dei soldi di Cosa nostra e tra il 2003 e il 2005 associato al sistema truffaldino messo in piedi da Cesa.
Anche Campanella, in politica, era schierato con l’Udc e quando si sposò ebbe, come testimoni di nozze, Totò Cuffaro e Clemente Mastella. Poi i magistrati palermitani scoprirono il suo spessore mafioso. Ora, diventato collaboratore di giustizia, Campanella racconta tante vicende siciliane, ma anche la sua esperienza politica e manageriale a Roma, accanto a Lorenzo Cesa, numero uno dell’Udc.
L’Olaf, l’agenzia antifrode dell’Unione europea, ha contestato un reato di frode comunitaria a Papello, Cesa e Fabio Schettini, già segretario dell’ex ministro di Forza Italia Franco Frattini.
RINASCITA-SCOTT
Il nome di Lorenzo Cesa è apparso anche nell’ordinanza del blitz di Gratteri del 19 dicembre 2019 denominato “Rinascita-Scott” ed era legato al suo vecchio compagno di merende Giancarlo Pittelli.
“Le dichiarazioni del pentito Virgiglio – si legge nelll’ordinanza – assumono rilievo pregnante perché consentono di dare conferma ad un quadro, per vero già granitico, abbondantemente emerso a carico del Pittelli, quale soggetto “sussurrato all’orecchio”, appieno inserito nella ‘ndrangheta che, riprendendo le parole di Peppe Mancuso, riportate nella prima parte, non è più semplicisticamente ‘ndrangheta, ma è massoneria.
Non a caso si intersecano perfettamente le parole utilizzate dal Virgiglio, con la ricostruzione finora operata della ‘ ndrangheta unitaria e della individuazione della “mammasantissima” a Limbadi, nel descrivere Vibo come l’ “epicentro” della ‘ ndrangheta sia legale che deviata, ad entrambe le quali risulta legato l’avvocato Pittelli.
Le parole del Virgiglio – oltre che a riscontrare le dichiarazioni del Mantella quanto ai collegamenti tra massoneria e ‘ndrangheta e alla messa a disposizione del Pittelli nei confronti della ‘ ndrangheta – trovano perfetto riscontro, altresì, negli approfondimenti investigativi che hanno consentito di accertare e documentare anzitutto i rapporti tra l’ avvocato Pittelli e il giudice Giuseppe Chiaravalloti, divenuto in passato Presidente della Regione Calabria, indicato quale massone, appartenenti alla stessa cerchia.
Nella richiesta cautelare sono riportate le conversazioni intercorse tra i due che oltre ad
organizzarsi per un incontro massonico all’Orso Cattivo di Settingiano – a riscontro di quanto detto dal collaboratore – si interessano di trovare una potente entratura per la nipote di Pittelli, Paola Pittelli, affinché potesse “sistemarsi” nell’Antitrust.
Confermata anche l’appartenenza di Enzo Speziali e di Sabatino Marrazzo ai contesti massonici. E anche l’appartenenza di Giancarlo Pittelli alla massoneria ufficiale nonché a quella “coperta” (alla quale apparteneva anche il giudice Chiaravalloti). Con riguardo a quest’ultimo profilo, nell’ambito del presente procedimento sono state intercettate conversazioni dal contenuto esplicito (tra cui emerge la richiesta di Pittelli di passare dalla loggia catanzarese a quella romana e le modalità di organizzazione di questo passaggio), con Carlo Ricotti, appartenente al Grande Oriente d’Italia (personalità con cui il Pittelli si accreditava, tramite Giuseppe Messina per “l’investitura” romana); con Ugo Grimaldi; con Lorenzo Cesa (europarlamentare e segretario nazionale dell’UDC-NOI CON L’ITALIA) tramite il quale sperava di poter ottenere una sponsorizzazione per l’elezione a membro laico del CSM.
Peraltro, emerge che il Pittelli abbia a sua volta sponsorizzato l’ingresso nella loggia massonica del “Colonnello” (da individuarsi in Francesco Merone, colonnello dei Carabinieri con cui sono stati censiti numerosissimi contatti con il Pittelli).
Sono molte le conversazioni in cui Pittelli informa il Messina di altri amici, professionisti di Reggio Calabria (tra cui l’avv. Contestabile), che vorrebbe fare inserire nella
loggia, comunicando anche che avrebbe incontrato Ricotti e Leo Taroni (una delle personalità più importanti della massoneria, anche nell’ambito del “rito scozzese”).
L’importanza di figurare nella loggia romana, si spiega anche alla luce delle parole del collaboratore Virgiglio, che ne evidenziava i collegamenti con i maggiori esponenti, tanto che il capo bastone Marrazzo (condannato con sentenza non ancora definitivo nel processo “Six Towns”), proprio perché inserito nei contesti massonici romani, potè contare sull’aiuto di logge potenti per “aggiustare un processo” a suo carico…”.