Mazzette a Catanzaro. Petrini aveva ritrattato le accuse a Commodaro, ora indagato: la sequenza dei fatti

La notizia lanciata questa mattina dalla Gazzetta del Sud e riguardante l’indagine della procura di Salerno sui processi aggiustati a forza di mazzette alla Corte d’Appello di Catanzaro sta avendo grande risalto. Innanzitutto, c’è un altro giudice ufficialmente indagato e poi c’è la circostanza della richiesta di una proroga di indagini per altri sei mesi. Nel primo lancio, pubblicato sul sito on line, si spiegano le linee generali, nell’articolo che compare sull’edizione cartacea si spiega l’atteggiamento ondivago di Petrini rispetto al suo collega. Prima l’ha accusato, poi ha ritrattato ma evidentemente la procura di Salerno ha trovato e sta trovando riscontri sul giudice Commodaro, che dunque finisce nel registro degli indagati. Ma entriamo nel merito delle vicende rivelate questa mattina dal collega di Gazzetta del Sud, Gaetano Mazzuca. 

Petrini aveva fatto il nome del giudice Commodaro, con cui condivideva l’ufficio in Corte d’Appello, durante i discussi verbali rilasciati agli investigatori salernitani il 5 e il 25 febbraio. L’allora presidente di sezione era stato tratto in arresto solo poche settimane prima (il 15 gennaio 2020) per corruzione in atti giudiziari in alcuni casi aggravata dalle finalità mafiose.

Il magistrato aveva quindi deciso di ammettere gran parte degli addebiti e collaborare con gli inquirenti. Nei primi due verbali rilasciati all’autorità giudiziaria di Salerno Petrini aveva parlato di altri episodi tirando in ballo alcuni suoi colleghi. Pochi giorni dopo quelle dichiarazioni il magistrato aveva ottenuto gli arresti domiciliari. Il 17 aprile era tornato davanti ai pm campani ritrattando, in gran parte, le dichiarazioni fornite in precedenza.

A proposito del giudice Commodaro aveva quindi fatto mettere a verbale: “… Anche per quanto riguarda il dottor Commodaro, posso escludere di averlo mai messo a parte di accordi corruttivi intervenuti tra me e terze persone, né ho mai impropriamente sollecitato lo stesso al fine di condizionare o indirizzare l’esito di procedimenti penali…”.

Dopo quel clamoroso passo indietro la Dda di Salerno chiese e ottenne che Petrini tornasse in carcere per il rischio di inquinamento probatorio, misura poi annullata dal Tribunale del Riesame. Ai domiciliari in una struttura religiosa in Calabria, ha atteso l’esito del processo di primo grado. Il 23 novembre 2020 il gup del Tribunale di Salerno Vincenzo Pellegrino, ha inflitto una condanna a 4 anni e 4 mesi all’ex giudice della Corte d’Appello di Catanzaro.  Condannati anche i due coimputati Emilio Santoro e Francesco Saraco. All’ex dipendente dell’Asp di Cosenza, ritenuto l’anello di collegamento tra Petrini e i suoi corruttori sono stati inflitti 3 anni e 2 mesi, mentre l’avvocato soveratese è stato condannato a 1 anno e 8 mesi.