di Mirko Di Maria
Fonte: Libera Rende
In un celebre libro di Noam Chomsky, “Illusioni necessarie. Mass media e democrazia”, è perfettamente descritto l’effetto prodotto dall’incessante bombardamento mediatico sulla celebrazione di alcuni diktat politici, un elaborato processo di “distrazione” e “orientamento” dell’opinione pubblica verso determinate tematiche, care all’élite o alle caste di governo, sopperendo e reprimendo ogni libera interpretazione soggettiva, e circoscrivendola verso determinati “spazi critici”. Tali sono dunque le illusioni necessarie.
Per essere più chiari, le malefatte, gli accordi sottobanco, gli interessi privati e personali, sono abilmente mascherati da politiche che tendono ad eludere ogni possibilità critica del singolo individuo, de-consapevolizzando, dunque, la sua capacità di dissentire sulla realtà dei fatti.
In effetti se poniamo l’attenzione sul linguaggio mediatico contemporaneo, possiamo tranquillamente affermare che le strutture di informazione, che possono essere partiti, giornali e associazioni culturali, tendano quasi inconsapevolmente a spostare la concretezza del loro essere su tematiche qualunquiste che richiamano ad un’espressività identificativa e divisiva, ad esempio,” noi” e “loro”, piuttosto che integrativa, “insieme”, il che rappresenta non solo la regressione di determinati valori comportamentali, come l’integrazione e la solidarietà sociale, ma produce inesorabilmente la nascita di una discorsività violenta, discriminante, e antisociale. Per quanto l’interpretazione di Chomsky sia inerente ad alcune politiche degli USA, tali spunti sono facilmente riconducibili e contestualizzabili alla politica locale “nostrana”.
OCCHIUTO E MANNA, LA POLITICA DELLA FINZIONE
Definire il perché della politica della “finzione” non è un concetto molto difficile, se si riesce però ad eludere il bombardamento mediatico o le cosiddette illusioni necessarie a cui siamo quotidianamente sottoposti. In relazione al sindaco di Cosenza, è decisamente ovvio che lui sia il protagonista indiscusso della (assai presunta, per usare un eufemismo) fittizia rinascita urbanistica della sua città. Il suo egocentrico atteggiamento e la sua supponenza nel pubblicizzare al mondo intero il lustro della città attraverso opere urbanistico/culturali, è il segnale di un preciso e costruito programma di valorizzazione del territorio che però circoscrive il progresso e lo sviluppo solo in determinate zone, con il bene placido di tutti quei centri di potere che ne costituiscono l’agire politico. Effettivamente, nonostante il centro urbano sia un bellissimo colpo d’occhio, curato, pulito e brillante, le zone periferiche e quelle popolari ovviamente non vivono la medesima situazione, ma questo non sono io a dirlo, anche i giornali istituzionali ogni tanto buttano giù qualche articoletto. La realtà dei fatti è che, per una evidente questione economica, è più conveniente pubblicizzare la zona nevralgica del territorio, piuttosto che le aree più disagiate e che necessitano sicuramente di azioni concrete e immediate, ma che il sindaco preferisce condannare al più totale degrado ed abbandono.
Tutto sommato non conosco perfettamente le dinamiche politiche cosentine (almeno non quanto alcuni politici cosentini quelle rendesi) e allora la mia è solo una semplice e critica impressione, che vede privilegiare il dilettevole all’utile.
Per quanto riguarda la situazione di Rende e della sua discutibilissima legittimità democratica, ricordiamo che per anni l’attuale sindaco ha governato con una coalizione che è l’aggregato di un enorme compromesso politico ed economico che spazia dagli pseudo-comunisti guidati da Adamo ed Oliverio, passando per Forza Italia con qualche toppa leghista, fino ad arrivare agli assembramenti civici: plastica rappresentazione della crema dell’imprenditoria politica locale.
L’evidentissimo inciucio o compravendita (o qualsivoglia sinonimo che serve a definire la deprimente situazione politica della comunità rendese), fra illustri gentiluomini, morbosamente attaccati alla poltrona si sostanzia nello sperpero del patrimonio pubblico della città, in favore ovviamente dei soliti noti “amici”. Con un presuntuoso gioco di convenienze, costoro si apprestano a trasformare la realtà politica, che appartiene al popolo ed alla sua volontà, in un misero mercatino di Natale, dove imprenditori, avvocati e volponi/professionisti della politica, fanno i regali per la loro famiglia mentre ai poveri viene imboccato ogni giorno un fittizio traguardo o un’ennesima farlocca inaugurazione. Chi deve agire, si sta già muovendo sottobanco per speculare e profittare sul patrimonio pubblico.
In ogni caso, a prescindere dalle considerazioni personali, vorrei far capire ai lettori quali finzioni o illusioni necessarie stanno tentando di sottoporci quotidianamente questi signori. Tutto parte dalle struggenti dichiarazioni dei “nostri sindaci”, che avevano come argomento i fatidici “grandi temi”, auspicando una condivisione amministrativa dei consigli comunali per una rapida risoluzione dei problemi delle città.
A questo punto la domanda necessaria che in moltissimi si pongono è la seguente: ma quali sono questi grandi temi? Perché – per quello che si è capito – non riguardano assolutamente il bene delle città, ma il bene di pochi.
I grandi temi dovrebbero interessare principalmente la povertà e le difficoltà di quei ceti sociali che vivono in condizioni disagiate, che non riescono a costruire un futuro decente per i propri figli, l’abbattimento di barriere architettoniche, il recupero delle zone periferiche e dei quartieri popolari.
Questi dovrebbero essere i grandi temi: il lustro e la magnificenza esibite sui social e sui giornali, sono solo una finzione, un’illusione necessaria a declassare ancora di più chi è rimasto indietro.