Sistema Catanzaro. La polvere sulla Bibbia di Bertolone: le macerie del Duomo e del Movimento Apostolico

Bertolone

“U sceccu di calata nun s’ammutta”. La classe degli asini siciliani è la caratteristica autentica della curia di Catanzaro, quella che ha sprofondato la faccia nella marmellata della massomafia, quella che nelle intenzioni combatte la mafia o la ‘ndrangheta dimenticando  di esserci andata la sera prima a cena, quella che insieme alla parata delle insegne e della ritualità si imbratta con la massoneria e che canta il Credo del profitto, la regola condivisa del sistema Catanzaro.

Come sempre dopo l’apoteosi c’è sempre la caduta, quella morale e di guida, che il vescovo Bertolone oggi ha toccato con mano, costretto alle dimissioni. Eppure fino a poche settimane prima del “licenziamento in tronco” sembrava proprio non voler capire, visto che continuava ad usare l’intimidazione delle veline giornalistiche (e in un certo senso continuava anche con la sua tragicomica lettera di addio) non per insegnare, ma soltanto come sostituzione della lupara a pallettoni per spegnere il dissidio ed il dissapore che ormai da anni serpeggia e cresce fra i fedeli, quelli che aumentano quotidianamente e non riconoscono più la sua Cattedra ed i banchi dei suoi allievi sciocchi e servili.

C’è polvere sulle Bibbie della curia catanzarese che non è la cenere degli aristocratici caminetti dei palazzi vescovili come atto di pentimento: “et aspersus caput et cinis”, col mio capo cosparso di cenere, questo dovrebbe essere l’imperativo per il vescovo di Catanzaro da usare come quotidianità nel suo ultimo scorcio di guida episcopale. Ne dovrebbe usare quantità industriale anche per la sua bad company, il suo cerchio magico che osanna il Dio denaro. Abbondi pure nella dose il vescovo Bertolone perché il vento di Catanzaro può essere una giustificazione di presunta purezza per fatto contingente e non per reale pentimento, una sorta di spreco intellettuale al contrario…

C’è una città che tenta di urlare in silenzio, ma che non viene ascoltata. La Chiesa catanzarese è diventata volutamente sorda, rinnegando per l’interesse di pochi l’apostolato dell’orecchio di quanti sono in difficoltà economica e di quanti chiedono il riconoscimento come normalità della diversità. “Tutti siamo diversi. Non c’è uno che sia uguale all’altro. Ci sono alcune diversità più grandi o piccole, ma tutti siamo diversi” ha detto Papa Francesco, aggiungendo: “Tante volte abbiamo paura delle diversità. Ci fanno paura perché andare all’incontro di una persona che ha una diversità, non diciamo forte, ma grande, è una sfida, e ogni sfida ci dà paura. È più comodo non muoversi , è più comodo ignorare le diversità”. E’ questo un altro capitolo dove la curia di Catanzaro per molti versi non si è sporcata le mani, ha preferito non vedere, non capire, non agire strappando la Dottrina dell’ascolto, un altro peccato capitale che chiede giustizia terrena, prima di quella divina, perché così è giusto.

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. In genere lo stolto è spesso uno stupido. Il pericolo della società non sono né i delinquenti né i furbi, ma gli stupidi…

La paralisi del cuore, il denaro  come unica via ci ha fatto capire che alla curia di Catanzaro non è più tempo di eroi, perché la storia la fa, chi sfida le regole e chi legge il quotidiano rovesciando il cannocchiale, come noi siamo abituati a fare distanti da compromessi, da consorterie e da verità imposte per dogma. Ecco perché il nostro dire infastidisce e la replica si allontana sempre di più, fatte salve le lupare giornalistiche di Bertolone, perché le carte cantano e chi si è macchiato le mani e la coscienza questo lo sa bene. “La vita è pellegrinaggio. E’ ora di riprendere il cammino” (Papa Giovanni XXIII) è questo quello che continueremo a fare, percorrendo la via del peccato curiale la strada della vergogna di Catanzaro: la massomafia.

Relazioni opache, silenzi eterni e l’omertà consacrata sono gli elementi di rottura fra i fedeli della città di Catanzaro e la curia locale, anche per quello che viene vissuto come un affronto alla religiosità ed alla riconoscibilità dei simboli stessi, come quello del Duomo, ormai diventato pietra di scandalo ed eterno cantiere, dove sembra non essere solo la confusione il motivo dell’oblio e del suo recupero alle celebrazioni eucaristiche.

Anche sulla vicenda del Duomo, la cattedrale riconosciuta dai catanzaresi, la trama è zoppicante suscitando i mugugni del popolo, soprattutto quando si è scoperto che la piazza ormai transennata dal cantiere fermo, è diventata parcheggio privato per pochi eletti. Ovviamente la curia non conosce il fatto, come dice di non conoscere il parroco della Cattedrale, un altro dei misteri della fede della curia catanzarese. Nel silenzio desolante quest’anno si celebreranno i 900 anni dalla costruzione della prima Cattedrale di epoca normanna della nostra città, dedicata da Papa Callisto II a Santa Maria Assunta e agli Apostoli Pietro e Paolo, il Duomo della città ormai inibito al culto dal 2018.

Era nel dicembre del 2018 che lo stesso sindaco della città, Sergio Abramo si era rivolto direttamente al Ministro Toninelli, ripercorrendo i fatti e spiegando: “A gennaio 2016 si è verificato il crollo di una parte del soffitto di una delle cappelle laterali; a marzo 2017 si sono avuti ulteriori distacchi di cornici marmoree a causa delle infiltrazioni di acque meteoriche presenti in diversi punti della Cattedrale. Ulteriori danni si sono verificati a novembre 2017”, mentre qualche mese prima, a giugno dell’anno scorso, “la Regione Calabria, attraverso i dipartimenti dei Beni Culturali e della Programmazione, aveva stanziato 2 milioni 600mila euro per la ristrutturazione della Cattedrale (a fronte di un progetto di oltre 5 milioni di euro), e una ulteriore somma di mezzo milione era stata messa a disposizione dal Mibact. Quindi le risorse immediatamente disponibili ammontano, fino ad ora, a 3 milioni 100mila euro”.

Nella missiva il primo cittadino aveva chiesto a Toninelli di “avocare” al proprio ministero “l’intera procedura e intervenire disponendo lo stanziamento e l’erogazione di un ulteriore contributo di 4 milioni di euro – a valere sui fondi MIT finalizzati all’adeguamento sismico e per il dissesto idrogeologico – per poter dare corso ai necessari e indispensabili lavori di messa in sicurezza, ristrutturazione e recupero della Cattedrale”. In questo modo, aveva sottolineato Abramo nel documento, si potrebbe “assegnare la titolarità dell’opera all’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace che andrebbe così ad assorbire anche la restante somma di 3 milioni 100mila euro ed eseguire direttamente i lavori”.

Nel testo, il sindaco Abramo aveva inoltre ripercorso tutte le tappe del processo di ristrutturazione del Duomo, ricordando che “l’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace aveva fatto predisporre un progetto per il recupero ed il restauro conservativo della Cattedrale di Catanzaro, che versa in condizioni di precarietà e fatiscenza strutturale. Tale progetto aveva conseguito l’autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone per l’esecuzione dei lavori predetti”. E ancora: “Il progetto pur giudicato ammissibile a finanziamento – a valere sui fondi per l’8 per mille a gestione statale – dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli esercizi finanziari 2012, 2013 e 2014. Non è stato però erogato alcun finanziamento a causa della mancanza di fondi”.

Riassumiamo in modo semplice facilitando la lettura al netto del burocratese. Il Duomo di Catanzaro ad oggi è ancora chiuso, con un cantiere fermo, mentre al momento sono stati erogati 3 milioni 100 mila euro per i lavori di recupero. Abramo parlando di una spesa complessiva valutata in 5 milioni di euro, chiedeva un surplus al Ministero delle Infrastrutture di ulteriori 4 milioni aggiuntivi da far valere sui fondi dell’8 per mille, nella sua considerazione che recuperare la Cattedrale avesse un costo complessivo di oltre 7 milioni di euro, nonostante un progetto di recupero e di restauro predisposto dalla curia di Catanzaro ed approvato. Chiedeva inoltre come fatto di normalità l’assegnazione della titolarità l’esecuzione e la gestione dei fondi direttamente alla curia. Tradotto: è la normalità che diventa straordinario superamento delle normative e delle procedure che servono al sindaco Abramo per consolidare la sua “alleanza” con la curia di Catanzaro, della quale è da sempre servo sciocco e padrone del vapore, con la benevolenza e la “riconoscenza” del vescovo Bertolone e della pletora di palazzinari che trovano residenza nelle stanze della curia, tutto sembra un’altra sfumatura del capitolo massomafia a Catanzaro.

Se oggi la popolazione catanzarese dimostra la sua stanchezza per una vicenda che offende la città, allora qualche domanda bisogna farla. Quale era l’importo totale per il restauro e recupero conservativo della Cattedrale nel progetto redatto proprio dalla curia catanzarese? C’è una responsabilità individuabile su chi ha di fatto fermato i lavori di recupero della Cattedrale di Catanzaro? Perché né Abramo al netto della letterina a Babbo Natale, né il vescovo Bertolone hanno pubblicamente denunciato fatti, circostanze e soggetti di una presunta omissione d’atti o di malaffare?

C’è sempre uno “strano” rischio d’impresa nell’agire della curia catanzarese quando resta nel recinto della massomafia, tanto che la richiesta di trasparenza e di verità deve fare rete, deve essere la rete della parabola evangelica.

A Catanzaro non ci sono pescatori di anime, ma pescatori di frodo di profitti e di vantaggi, questo è ormai un fatto quasi incontestabile così come il miele non è stato fatto per gli asini. Il fango si mischia al sogno e diventa una miseria umana.

A noi ritornano in mente come un tarlo, i famosi 2 milioni di euro concessi dalla C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) lasciati nelle mani del palazzinaro di Squillace, padre Piero Puglisi che per celebrare la sua grandezza vuole abbattere e riedificare la Chiesa di San Nicola Vescovo, ma che forse sempre se la matematica non è un opinione, potrebbero essere utili e bastare a coprire la spesa dei 5 milioni di euro per recuperare al culto ed all’amore dei catanzaresi la loro Cattedrale. Anche in questo il vescovo Bertolone tace e lascia mano libera ai suoi scagnozzi, attori mediocri della commedia dell’arte che sussurrano negli anfratti e nelle vie buie della città: che la colpa è di altri e non della curia se la Cattedrale è ancora un cumulo di macerie. Gli altri… come sempre, secondo la regola della bugia e del silenzio, una specie di replicazione dozzinale della volontà dello Spirito Santo.

Siamo ormai nel campo della divinazione take away, una specie di idolatria pagana che fra le mura della curia di Catanzaro diventa Vangelo e dottrina della Chiesa cattolica.

E’ sfortunato il vescovo Bertolone?  La sua guida apostolica nella città di Catanzaro, fatte salve le manifestazioni di potere scenograficamente organizzate – come il suo primo ingresso nella Diocesi scortato dai Carabinieri in motocicletta come un Capo di Stato – non consegnano molto alla storia se non qualche cumulo di macerie, materiali come quelle del Duomo e morali come quelle che aprono la parentesi sul Movimento Apostolico, soppresso proprio ieri con grande scandalo, alle quali altre se ne aggiungono a completare il suo quadro d’autore.

Dalle colonne di Catanzaro Informa il 28 settembre 2020, la collega Giulia Zampina comunica la notizia che il Movimento Apostolico è affidato ad un visitatore apostolico e a due con-visitatori. «E’ firmato dal Cardinale Ladaria e da Giacomo Morandi, arcivescovo di Cerveteri, segretario, ed è datato 21 settembre, Festa di San Matteo Apostolo, il documento con il quale la Congregazione per la Dottrina della Fede accende un faro sull’attività del Movimento Apostolico di Catanzaro. Stamattina Monsignor Bertolone ha dato lettura al Clero e ai responsabili del Movimento del decreto, come disposto dalla Congregazione che aveva dato termine entro il 30 settembre. Si legge nelle quattro pagine che compongono il decreto : “La Congregazione per la dottrina è stata più volte interessata per questioni dottrinali e disciplinari che riguardano il Movimento Apostolico, associazione privata di fedeli  riconosciuta da Monsignor Antonio Cantisani il 18 gennaio 2001. In particolare sull’origine del Movimento riferita a presunti fenomeni soprannaturali attribuiti alla fondatrice”. “Più di recente – si legge ancora – sono sorti nell’aggregazione dei contrasti tali da rendere necessario l’intervento della Sede apostolica, per far luce sulla dinamica di governo del  Movimento, sulla presenza di Ministri ordinati e sulle modalità di esercizio del loro ministero (…) sulla gestione  dei beni temporali e la loro destinazione per le finalità proprie dell’aggregazione ecclesiale”.

Dopo aver completato la premessa  nel decreto si leggono i nomi dei visitatori apostolici che saranno Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano, Mauro Cozzoli, Professore emerito di Teologia Morale alla Pontificia Università lateranense, Agostino Montan Professore Emerito di diritto canonico. Gli ambiti che sono stati osservati sono, problemi di natura teologica, a partire dall’asserita origine soprannaturale delle presunte rivelazioni che ne hanno determinato la nascita e l’identità. Problemi di natura disciplinare, indagando sulle dinamiche interne, con particolare attenzione alla vita e alla missione pastorale dei presbiteri, specialmente sulla tutela del segreto confessionale. L’adeguatezza dell’attuale statuto e il processo di formazione dei diritti e dei doveri. Approfondire la natura e le motivazioni delle tensioni della chiesa locale tra i membri del movimento. Verificare il discernimento vocazionale e la formazione dei candidati agli ordini sacri».

Problemi di natura teologica? Problemi di natura disciplinare? Problemi di pastorale? Problemi di natura statutaria? Queste sembrano essere alcune delle motivazioni che hanno di fatto commissariato e poi portato alla soppressione del Movimento Apostolico per iniziativa della Congregazione della Dottrina della Fede, un atto che sembra essere estraneo alla volontà ed all’agire della curia catanzarese e del suo vescovo Bertolone. Niente affatto! E’ come ci viene riferito un’altra delle “faide fra preti” forse la peggiore e la più importante nella storia della curia di Catanzaro, perché il boccone è succulento e perché il Movimento Apostolico conta ben 36 mila aderenti e circa il 60 per cento dei preti nella sola Diocesi di Catanzaro.

Intrighi di palazzo e veleni sono il minimo comune denominatore della “nuova” vita da osservati del Movimento Apostolico, dove il silenzio e la complicità del vescovo salta agli occhi, come sempre, secondo lo stile della curia catanzarese e del cerchio magico che insieme ai massoni sussurra alle sue orecchie, quelle sorde alla Dottrina dell’ascolto.

I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato. Presero anche la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall’alto in basso. Dissero dunque tra di loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi»; affinché si adempisse la Scrittura che dice: «Hanno spartito fra loro le mie vesti, e hanno tirato a sorte la mia tunica». Questo fecero dunque i soldati. (Giovanni 19,23-24)

L’invidia fra prelati e una logica dell’esercizio del potere che nei fatti e per i numeri il Movimento Apostolico esercitava, sembra essere stata la vera ragione degli scricchiolii, che anche Bertolone aveva percepito e come sempre nascosto. Lo confermava la sua omelia tenuta nella Chiesa di Santo Janni il 7 ottobre 2019, quando proprio Bertolone avrebbe riconosciuto pubblicamente a mons. Costantino di Bruno, l’Autorità di Assistente Ecclesiastico Centrale “con il mandato di custodire e fare abitare il Movimento Apostolico nella fede della Chiesa e nella sua Legge canonica, sempre nel rispetto del Carisma di fondazione”. Uno scandalo senza precedenti. Che metteva in luce tutta la debolezza di un Movimento che si aggrappava alla Chiesa solo per ricevere l’autorità di operare, ma in realtà per fagocitarla come una mantide, secondo le voci che si rincorrono e che chiamano in causa anche il vescovo, che in perfetto equilibrio e tergiversando su responsabilità con il gioco del tempo ha portato al commissariamento del Movimento Apostolico.

Noi non sappiamo quanto tutto questo sia vero, c’è sempre la cortina di ferro della curia, ma lo registriamo come è giusto che sia. Siamo tuttavia convinti per elementare logica che il fatto non fosse del tutto sconosciuto, e forse governato, anche perché esponente dello stesso Movimento Apostolico è don Giovanni Scarpino, già conosciuto nei fascicoli e nelle intercettazioni della Procura di Catanzaro sull’indagine Basso profilo.

Don Giovanni Scarpino, giornalista pubblicista, vice direttore del settimanale della Conferenza Episcopale Calabra “Calabria Ecclesia Magazine” e redattore del giornale della diocesi metropolita di Catanzaro-Squillace “Comunità nuova”. Nella stessa diocesi di Catanzaro rivestiva il ruolo di Cancelliere nella Curia metropolitana di Catanzaro-Squillace e di parroco di “San Massimiliano Maria Kolbe”, oltre che docente nell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” di Catanzaro e Direttore regionale dell’Ufficio Comunicazioni e Cultura della CEC (Conferenza Episcopale Calabra), oltre che riferimento del “Movimento Apostolico”. Non è certamente l’ultimo prete della Chiesa catanzarese, ma il collaboratore più diretto e cancelliere della curia del Vescovo Vincenzo Bertolone, presidente della Cec. Ed è stato rimosso qualche settimana fa, si pensava che potesse bastare e invece niente, è caduta addirittura la testa di Bertolone. 

«Va’ Salva Converti»: questo è il volume, scritto da don Giovanni Scarpino, che raccontava la storia e il carisma del Movimento Apostolico, un’iniziativa di Dio che l’autore amava definire, con bella metafora, «una goccia d’amore nella vita della Chiesa». Un’immagine, questa, evocativa, poetica, ma forse riduttiva rispetto all’universo di sentimenti, di valori, di ispirazioni e aspirazioni che del suo libro costituiscono la sostanza, sì che si potrebbe dire «una marea», «un oceano» d’amore”. Un bellissimo esempio edificante, non c’è che dire… E forse sarà anche per questo che il primo ad essere eliminato da Bertolone, che l’ha rimosso dalla carica di Cancelliere, è stato proprio lui. Sempre a futura memoria. Il secondo, ahilui, è stato proprio il “capo” e c’è la generale sensazione che sia solo l’inizio.