Da Why Not al M5s: il sostegno di Saladino al candidato grillino per arginare De Magistris
E’ chiaro che la candidatura di Luigi De Magistris alla presidenza della Regione Calabria abbia rotto le uova nel paniere a massomafiosi, comitati d’affari ed eterni politicanti più o meno corrotti.
A vedere come fumo negli occhi la sua candidatura sono in primis due personaggi reduci dalla nota inchiesta di De Magistris chiamata Why Not: Agazio Loiero e Antonio Saladino.
Loiero, ex Presidente della Regione condannato dalla Corte dei Conti per “Rimborsopoli”, una volta avuta notizia della candidatura di De Magistris è corso a dichiarare alle agenzie nazionali: “Venga pure a candidarsi in Calabria, De Magistris, solo che così la regione verrebbe considerata una colonia d’oltremare”. Detto da colui che ha fatto colonizzare la sanità in Calabria dal commissariamento romano fa un po’ ridere.
Il secondo, Saladino, figura cardine di Why not, è un veterinario divenuto imprenditore e già referente per il Sud della Compagnia delle opere, associazione molto vicina all’Opus dei.
“Sono paradossalmente contento che De Magistris si candidi come governatore della Calabria, perché la Calabria, evidentemente, merita questo. Penso che se uno facesse una proposta del genere a un sardo, a un siciliano o a un pugliese, ne ricaverebbe una pernacchia, ma evidentemente la Calabria è considerata una discarica. Mandare in Calabria un politico fallito, che ha distrutto Napoli e che quindi in Campania non vuole più nessuno, significa che tutto fa brodo” dichiarò Saladino ripreso roboantemente dagli organi di stampa di “regime”.
Eppure Pino Tursi Prato, ex consigliere regionale del Psdi, eterno capro espiatorio della banda di massomafiosi bipartisan che ha ancora saldamente le mani sulla Calabria, in un verbale dell’11 ottobre 2007 reso a Luigi De Magistris nell’ambito dell’inchiesta Why Not spiegava con dovizia di particolari il sistema che sfruttava la società Why not (con al centro Saladino) per il drenaggio di fondi pubblici.
“Io ti finanzio un progetto, te lo finanzio a condizione che tu mi assumi le persone che dico io, le persone che ti dico io mi fanno i voti…”. Cioè, voglio dire poi, siccome poi lui deve accontentare tutti e lui è il centro, il perno del sistema poi, nel momento in cui si tratta di fare una campagna elettorale di tipo Loiero-Abramo, lui mette in moto una struttura a servizio del Presidente – in quel caso è stato Loiero – ha messo tutta la struttura…” dice Tursi Prato. La storia è nota, il giorno in cui doveva essere risentito da De Magistris, l’inchiesta viene avocata. Chiuso il discorso.
Oggi Antonio Saladino, come si legge nella sua biografia sul sito del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione (dove ha anche recentemente moderato degli eventi) è un mero imprenditore del settore dolciario. Nel 2019 ha organizzato per la Calabria la “Scuola di Formazione per il bene comune” a Lamezia Terme, promossa dalla Fondazione Italia Decide e dalla Fondazione per la Sussidiarietà e inaugurata da Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle Opere nella quale Saladino è sempre stato intrallazzato e perquisito nell’ambito dell’inchiesta Why Not. Vittadini, per intenderci, è quello che nel 2012 disse: “Accuse a Formigoni? Immotivate, grazie a lui milioni di persone stanno meglio” (Oggi Formigoni è stato condannato in via definitiva per corruzione ed attualmente è ai domiciliari, ma questa è un’altrastoria).
All’inaugurazione della “sua” scuola politica, Saladino disse: “Più che mai in una regione come la nostra l’attuale crisi della democrazia e della politica richiede una società civile in grado di sviluppare libertà di pensiero e capacità critica, ma soprattutto una passione per il bene comune fatta di assunzione di responsabilità e ricerca della verità. C’è un desiderio sempre più avvertito dei cittadini di ritornare ad essere protagonisti del loro futuro preoccupati della situazione stagnante e confusa in cui versa la politica”.
In prima fila ad ascoltarlo (e ad aver pagato la lauta quota di iscrizione) c’era un giovane farmacista di origini straniere, Dariush Assadi, trapiantato alle dipendenze dei parenti della buonanima dell’ex senatore socialista Giuseppe Lelio Petronio.
Assadi, già candidato alle scorse regionali con il M5s ed in procinto di ricandidarsi col placet di Giuseppe Conte, ha come sponsor quel deputato Giuseppe D’Ippolito, finito tra le carte dell’inchiesta “Alibante” della Dda di Catanzaro. Su di lui, l’architetto Vincenzo Dattilo (che secondo la Dda avrebbe partecipato agli affari del clan “con consapevolezza di scopi” e avrebbe “già rivestito in passato analoghi compiti in seno a consorterie mafiose lametine e intrattenuto rapporti con esponenti appartenenti alla criminalità organizzata calabrese e siciliana”) in una conversazione intercettata diceva: “a Lamezia Terme un deputato c’è, del Movimento Cinquestelle… poi, fanno, non fanno, io l’ho votato (…) è un massone, d’Ippolito si chiama… ma voglio dire… non è quello di Cosenza, è di qua… lui è un fratellino”.
E’ proprio tramite il “fratellino” D’Ippolito che Assadi ha ricevuto in questa tornata elettorale il sostegno (non proprio sottotraccia) di Saladino, pronto a “sponsorizzarlo” grazie ai suoi buoni uffici ancora tenuti in caldo. Una discesa in campo pubblica dettata dal livore nei confronti di una possibile ascesa di Luigi De Magistris.
Lo stesso Assadi ha sorpreso più d’uno tra i grillini che ancora cercano di non perdere la faccia, quando sulla sua pagina pubblica di Facebook lo scorso 3 giugno in un post titolato “il vaccino della politica” citava con tanto di elogi un editoriale, nientepopodimeno che di…Agazio Loiero!
Insomma, i volti noti di Why Not sono tornati … e hanno 5 stelle.









