Nonostante sia stato sputtanato in tutta Italia da Report, il figlio del Cinghiale (di conseguenza Cinghiale jr) al secolo Andrea Gentile, era stato candidato da Forza Italia nel collegio uninominale della Camera di Castrovillari nel 2018 ed era stato clamorosamente non eletto. Sarebbe rientrato solo per qualche mese in Parlamento dopo l’elezione di Roberto Occhiuto a presidente della Regione. Ma adesso è nuovamente candidato alla Camera nel collegio Cosenza-Tirreno e inevitabilmente si ritorna a parlare del rampollo di Tonino Gentile. Perché oggi come ieri il curriculum (si fa per dire…) di Andrea Gentile, nominato dal ministro Lorenzin nel consiglio d’amministrazione dell’Istituto Nazionale Tumori, ha fatto ridere tutta l’Italia ma loro, i corrotti, sono ancora in piena attività per ripilotarlo ancora in Parlamento.
«Abbiamo sottoposto il suo curriculum a due luminari dell’oncologia italiana – si leggeva in un comunicato della redazione di Report – per sapere se il figlio del sottosegretario ha competenze sufficienti per ricoprire questo incarico». La risposta è scontata: zeru tituli avrebbe detto Mourinho…Â
Il caso Cinghiale jr è esploso nel 2016, a marzo.
Tutta l’Italia è rimasta scandalizzata. Com’è possibile che il figlio di un politico chiacchierato e discusso fino all’inverosimile come Tonino Gentile detto “il Cinghiale” sia stato nominato direttamente dal ministro della Sanità e dal presidente del Consiglio all’Istituto Nazionale Tumori?
Le proteste erano state generali e all’insegna dell’indignazione. Hanno alzato gli scudi persino intellettuali come Gad Lerner e Ferzan Ozpetek ma non sono da meno illustri personalità del mondo medico.
«Purtroppo non posso dire che la mossa mi stupisca — ammette Pier Mannuccio Mannucci, direttore scientifico fino allo scorso dicembre della Fondazione Policlinico —. Il ministro Lorenzin non è nuovo a questi giochi: l’Ncd è un partito debole, per questo tende a mettere i suoi uomini anche là dove dovrebbero stare dei tecnici. A prescindere dal fatto che siano capaci o meno». Una poltrona prestigiosa, quella all’interno dell’Istituto dei tumori. «Dove obiettivamente un solo consigliere non può fare chissà quali danni», aggiunge subito Mannucci. Senza poi nascondere il dispiacere: «Una persona così discussa in un posto in ogni caso delicato non può che amareggiare».
Anche Alberto Scanni, famoso oncologo milanese nonché primario emerito del Fatebenefratelli, scuoteva la testa. E parlava, se non altro, di mancanza di buongusto. «Se è così che cambiano i tempi non siamo messi bene — commenta — in Lombardia abbiamo fior di personaggi importanti in questo campo. Se proprio vogliamo andare a cercare qualcuno fuori mi aspetto una persona che abbia un pedigree nella sanità di tutto rispetto e al riparo da ogni critiche. Non mi sembra questo il caso».
Critiche erano arrivate anche da Maurizio Mari, direttore generale della Fondazione Cerba e braccio destro dell’oncologo Umberto Veronesi.