Cosenza Calcio. La deriva della nostra passione: da Pagliuso a… Gargamella passando per il mitico “Zumpano”

Millecento paganti. In televisione le desolanti immagini di uno stadio “Gigi Marulla” deserto per un Cosenza-Brescia che riporta alla memoria partite leggendarie da 20 mila spettatori. Che so, il 3-0 del 1989 con Bruno Giorgi in panchina ma anche il 3-1 del 1992 con le magie di Marulla, Biagioni e Compagno e il 2-1 del 1993 con il tiro al volo di Stefano Fiore. Altri tempi, d’accordo, ma come si fa a cancellare tutto? E come si fa, soprattutto, ad andare ancora appresso a un imprenditore così scadente e pezzente da rasentare il tragicomico? Non solo. Lo stesso pezzente di cui sopra, che ovviamente strizza l’occhio a logiche paramafiose che non a caso gli consentono di vincere gli appalti del porto di Gioia Tauro e di vincere anche il ricorso al Tar per prendersi la ricca torta di Reggio Calabria, può addirittura concedersi lo sfizio di prenderci tutti per il culo “avanti avanti” con una conferenza stampa surreale e con tanto di diretta “vietata” per diffondere il suo verbo in versione “regime” attraverso uno stuolo di giornalisti lecchini e prezzolati. Una deriva indecorosa non tanto per la nostra città, che già la vive da quando è morto Mancini – e quindi da vent’anni – ma per la nostra passione.

Ora Gargamella – perché anche se i media di regime non “osano” scriverlo tutti lo chiamano così come in una sorta di “Radio Londra” del XXI secolo – ci prende persino gusto a dividere e spaccare la tifoseria come se lui, pedina vomitevole di un sistema mafioso e corrotto, potesse dare patenti di “tifoso” a chi va a vedere la sua squadra fatta con quattro soldi e a chi invece lo manda in maniera sacrosanta a… cagare.

A Cosenza nessuno si sente meno tifoso di chi ha deciso di andare allo stadio. Nessuno, e tantomeno un mezzo uomo come Gargamella (ché a noi i clan e gli scagnozzi non ci fanno nessuna paura), ha diritto di dare o meno la patente di vero tifoso. Come scrive il nostro amico Giovanni “… c’è chini vo jire aru campu e pì mia fa buanu è nel suo sacrosanto diritto… ma puru chini nun ci va fa buanu…”.

E poi diciamocela tutta: basta con le solite frasi fatte che ci ripetono come un mantra che questo non è il momento di contestare, che bisogna sostenere la squadra, che dobbiamo salvare il patrimonio della Serie B e altre menate del genere. A furia di aspettare la fine dell’anno, a furia di verificare se i “nuovi” acquisti sono buoni e se si sono “amalgamati”, arriviamo alla fine del campionato senza aver risolto un bel nulla.

Sapete che c’è? E ve lo diciamo con grande amarezza. C’era molto ma molto più gusto a fare battaglie con il vecchio patron Pagliuso, che pure di nefandezze ne ha fatte e ci ha portato più volte nella melma, ma con il quale almeno si poteva parlare e anche jestimare guardandosi in faccia e negli occhi. E che almeno aveva i “coglioni” di avere un rapporto con il pubblico senza nessuna mediazione di lecchini, nani o ballerine. E oggi – pensate come siamo messi… – rimpiangiamo persino quando, commentando la diserzione della tifoseria dal San Vito, urlava alla sua maniera: “Iativi viditi u Zumpano…”. Sì, c’era molto più gusto, almeno avevamo a che fare con un uomo, non con un… Gargamella. Sempre a futura memoria.