C’era una volta Santa Teresa.
Un quartiere posto in pieno centro cittadino, a partire dagli anni ’50, e storicamente residenziale. Anche se questo binomio, centro e residenziale, cozza un po’ con l’idea che abbiamo oggi delle città.
Quando si pensa al centro di una città in genere l’immagine che ci compare è quella delle vie dello shopping o della cosiddetta movida. Non certo quella di palazzoni abitati da migliaia di famiglie. Il centro, nelle città moderne, è vita, svago, divertimento. E’ il luogo più vissuto da tutti i cittadini. Il punto di incontro per giovani e meno giovani. Lo spazio di socialità per eccellenza.
In centro si va per prendere una birra, un caffè, mangiare una pizza, per compare un vestito, per andare al cinema, per godersi una passeggiata. Anche Cosenza, come le altre città d’Italia, ha il suo centro cittadino che da un po’ di anni a questa parte è diventato, oltre che al sempre in voga “strusciu” su corso Mazzini oggi adornato da importanti opere artistiche, anche luogo di ritrovo della movida cittadina.
In particolare a Santa Teresa, che più centro non si può, dove da un po’ di anni si è concentrato un notevole numero di attività commerciali dedicate alla svago. Principalmente pub, bar e birrerie. Luoghi di ritrovo dove sgranocchiare un hamburger e sorseggiare una buona birra. O mangiare le specialità alla griglia, piuttosto che gustare un buon tagliere di affettati accompagnato da un bicchiere di buon vino.
Attività normali come ce ne sono tante a Cosenza. Solo che da quando i cosentini si riversano in “massa” a piazza Santa Teresa, per frequentare i locali, la situazione fra gestori e residenti è precipitata. Una storia che risale al 2010 quando il Primadì aprì le porte per la prima volta in quella piazza. Una esperienza che richiamò gente da ogni dove, trasformando in pochi mesi il quartiere da luogo silenzioso e quasi sconosciuto ai cosentini, a luogo d’incontro per quasi tutte le comitive di Cosenza e non solo.
Migliaia e migliaia di persone da quel giorno in poi, il venerdì e il sabato, continuano ad affollare la rifatta piazza di Santa Teresa. E da allora non si è mai placata la guerra in atto tra i gestori dei locali e il comitato dei residenti che si è formato, a loro dire, per i disagi che questa “nuova” condizione del quartiere reca ai residenti.
C’è da dire che in questa diatriba a farne le spese più di tutti sono propri i gestori dei locali a cui non si può certo dare la colpa di non aver programmato, nel destinare quest’ area alla movida notturna, uno sviluppo “armonioso” tra residenti e gestori dei locali. Bisognerebbe chiedere all’ex sindaco Occhiuto come intendeva risolvere questo problema della “via dei locali” – che nel rifare la piazza lui aveva destinato proprio a questa funzione – visto che ha concesso le “autorizzazioni” a tutti gli imprenditori che hanno deciso di investire il proprio ed onesto denaro in quel luogo, da lui invogliati.
La colpa non è loro se chi ha avuto questa splendida idea non ha provveduto a mettere in campo tutto quello che era necessario, prima di dare il via agli investimenti privati, per la buona riuscita dell’operazione: se tu, Comune, mi autorizzi ad aprire va da se che apro, rispettando tutte le leggi ovviamente. E se poi nascono conteziosi con i residenti perché la gente parcheggia in tripla fila, non sono certo i gestori dei locali a dover porre rimedio a questo. Non rientra nelle loro competenze.
Certo, è un problema anche di senso civico che manca, ma la responsabilità è di chi non ha predisposto, sapendo che continuando a fare aprire locali la gente si sarebbe concentrata in quel luogo, un servizio per regolare e sanzionare chi viola la legge. Più volte i gestori si sono fatti carico di queste gravi mancanze da parte dell’amministrazione comunale, proprio per il quieto vivere e per il rispetto che hanno dei residenti, e ci hanno messo una pezza. Che non è servita a placare gli animi.
Come non è servito ottemperare fino alla virgola a tutte le prescrizioni che la legge prevede per aprire un locale, per poter lavorare in santa pace. Infatti i locali di Santa Teresa sono tra quelli più ispezionati a Cosenza. Su ogni cosa. E da parte di tutti: nas, polizia, asl, vigili urbani, pompieri. Se tutti i locali di Cosenza avessero avuto gli stessi controlli e le ispezioni che hanno avuto i loro “colleghi” di Santa Teresa, molti, io penso, sarebbero nei guai seri.
Diciamolo con chiarezza: nei loro confronti esiste una vera e propria persecuzione. Sono stati multati per le cose più assurde. Non c’è sera che uno di loro non sia sottoposto a controllo. Ore di stazionamento di volanti con tanto di lampeggiante davanti agli ingressi dei locali non invogliano certo il cliente ad entrare. Con gravi danni economici per chi ha investito in quella attività. E vale la pena anche ricordare che “questi” non sono delinquenti ma persone che concorrono alla crescita economica della nostra città. E non spacciatori o venditori di alcol a minori come qualcuno vuol far credere.
Una convivenza forzata, quella che oramai vige tra residenti e i gestori dei locali, che ogni giorno invece di navigare verso la concordia, cercando di trovare un punto d’incontro, naufraga sempre più verso l’irreversibile discordia. Nonostante gli innumerevoli tentativi dei gestori dei locali di venire incontro ad ogni tipo di richiesta fatta dai residenti. Ma non c’è niente da fare.
L’obiettivo è chiaro: possono anche essere “tuttapposto” ma da lì se ne devono andare. Una sorta di crociata contro la movida a Santa Teresa che ha messo in campo un apparato istituzionale che in altri contesti cittadini dove la situazione è ben più grave non si è mai vista. Come se fosse oramai una missione “istituzionale” toglierli da lì, rendendogli la vita molto complicata. Anche infastidendo tutte le sere i clienti con perquisizioni ed identificazioni.
Lo scopo è quello di costringerli a cambiare zona se vogliono mangiare un panino in pace. Una serie di abusi a danno dei gestori dei locali, da parte delle istituzioni, che andrebbe quantomeno indagata. Ho come l’impressione che dietro questa “crociata”, dove le uniche vere vittime sono i gestori dei locali, si nasconda un preciso disegno elaborato da qualcuno che evidentemente vuole “spostare” la movida da altre parti, a vantaggio di qualcun altro, e questo, a qualcuno, forse non sta bene.
Qualcuno, magari, anche bravo a strumentalizzare la buona fede dei residenti che hanno aderito al comitato contro i locali che rivendicano il sacrosanto diritto alla tranquillità a casa loro, ma il cui interesse non è uguale e sincero come il loro.
Mi viene da dire: chissà che ne pensa di questa storia il proprietario di tutti i magazzini i cui risiedono i locali “incriminati”? Perché mi pare essere un unico proprietario. Una loro chiusura, perché è questa la strada sulla quale li stanno avviando, sarebbe per lui un danno economico serio. Perché non è solo interesse dei gestori continuare a lavorare per guadagnare a Santa Teresa.
E poi vorrei chiedere al professore Greco, al quale qualche giorno fa hanno incendiato la macchina, e che è anche l’amministratore del condominio dove sono ubicati i locali, se conosce il proprietario di questi magazzini, e in che rapporti sono.
Giusto per capire se si sono mai parlati e quali sono le soluzioni che hanno inteso mettere in campo per risolvere una situazione dove a farne le spese, all’oggi, sono un gruppo di giovani imprenditori la cui colpa è solo quella di aver creduto in un progetto.
GdD