Le Foibe, una immane tragedia. Il silenzio di certa sinistra e l’appannaggio di comodo della destra

A27-12/02/97-ROMA-CRO: FOIBE; SCOPERTA FOSSA COMUNE IN FRIULI. Un' immagine d' archivio dell' ingresso di una foiba scoperta in Friuli nel dopoguerra. PAL ARCHIVIO / ANSA

L’egemonia culturale della destra sul tema assai delicato ed assolutamente poco conosciuto delle Foibe, egemonia che ha portato il parlamento europeo ad equiparare il fascismo al comunismo, la dice lunga sulla fine politica di certa sinistra e sulla necessità di scioglierci, per ricominciare daccapo.

Ho aspettato un po’ prima di intervenire sull’annoso tema, per comprendere fino a che punto poteva arrivare il delirio dell’ignoranza, a conferma che siamo tra i paesi più ignoranti d’Europa, tra quelli che leggono meno; i primi, aggiungo, che si fermano al titolo …  di un libro, di un articolo di giornale etc.

Certo, sarà pur colpa della cattiva formazione scolastica, del fatto che la storia del novecento non si studia; sta di fatto che non si possono sentire, con riferimento alla tragedia delle Foibe, “La nostra Shoah”; scusate, ma nostra di chi? Una tragedia può attribuirsi ad una parte, a mò di premio? Sicuramente no! Pensarlo è da ipocriti, da subdoli, da chi dice il falso sapendo di dirlo, o, ancor più, dall’ignorante che si è.

Ma se un personaggio del calibro di Mattarella, presidente della nostra repubblica, si permette di dire le cose che ha detto alla vigilia della Giornata del Ricordo di qualche anno fa, facendola passare come una sorta di risarcimento alla destra, per aver avuto la sinistra la Shoah, allora il gioco è fatto. Siamo in Italia.

Cerchiamo di mettere un po’ di ordine nella vicenda: le foibe rimangono un crimine grave, ancora impunito; chi lo ha commesso si merita la più dura delle condanne; ma quel crimine, nella sua totalità, ha avuto una fase antecedente ed una successiva; determinata, principalmente, la prima, dai fascisti di Mussolini; la seconda, principalmente, dai cd titini del maresciallo Tito; ma a subire le conseguenze delle due nefaste azioni, uomini e donne che vivevano in quella parte di Italia, quella del cd confine orientale, di fatto abbandonati, come abbandonata è stata la storia della loro immane tragedia, in parte riposta in quel Magazzino n. 18 nel Porto Vecchio di Trieste, luogo in cui molti italiani -furono circa 300 mila a prendere parte all’esodo – lasciarono sedie, armadi, materassi, letti, stoviglie, fotografie, giocattoli, diari che si erano portati dietro dalle loro case dopo il Trattato di Parigi del 1947, sperando di trovare spazi per una nuova fase della loro vita, che però non ci fu.

Ecco, io, da sinistra, non avendo alcunché da dividere con la storia dei titini, né, tantomeno, con l’altra storia che ho menzionato, inizierei così il racconto, convinto che se si tace, esiste il pericolo che si strumentalizzano sia il crimine che la condanna; che vengano manipolati sia l’uno che l’altra.

La guerra è orrore puro; va ripudiata come insegna l’articolo 11 della nostra Costituzione; a pagarne le conseguenze è sempre il Popolo, le fasce più deboli del Popolo; notoriamente la guerra mondiale fu scatenata dalla Germania nazista, cui si unì l’Italia di Mussolini; il dato è inconfutabile; da questo dato si deve partire.

l’Italia fascista in 20 anni di dittatura perseguitò le popolazioni slave imponendo l’italianizzazione forzata in territori che sotto l’Impero asburgico erano abituate alla convivenza; durante la guerra si passò a una pulizia etnica vera e propria, secondo il noto principio del generale Mario Robotti: “Internare tutti gli sloveni e mettere al loro posto degli italiani. In altre parole far coincidere i confini razziali con quelli politici”; l’Italia fascista e la Germania nazista sono responsabili di crimini contro l’umanità durante la loro invasione, occupazione, repressione indiscriminata verso le popolazioni civili, e non furono solo le SS naziste a essere efferate: i fascisti italiani erano animati dalla miscela di anticomunismo e razzismo della propaganda mussoliniana; a Trieste e in Venezia Giulia i fascisti perseguitarono antifascisti, comunisti e non, ebrei; i primi ad ammazzare la gente e gettarla nelle foibe non furono i titini, ma i fascisti, che cantavano: “A Pola xe l’Arena/ la Foiba xe aPisin: butaremo zo in quel fondo/ chi ga certo morbin” o scrivevano contro gli oppositori “… la pagherà/ in fondo alla Foiba finir el dovarà“.

Dal 1945 al 1956 tantissimi italiani fuggirono dall’Istria e dalla Dalmazia – le stime parlano  di 250.000 persone – a causa del clima ostile nei loro confronti; i profughi pagarono per tutti la sconfitta dell’Italia nella Grande Guerra.

I titini, che certo non erano dei santi, si scontrarono anche con antifascisti e partigiani italiani, perché in quella zona di confine c’erano porzioni di territorio contese: Pier Paolo Pasolini, che non era sicuramente fascista, perse il fratello Guido nella strage di Porzus, quando i titini attaccarono gli italiani della brigata Osoppo; non si devono, né si possono negare gli eccidi perpetrati nei confronti di fascisti o di loro parenti prossimi; lo abbiamo detto, in guerra non conta l’umore, come diceva il grande Faber, ma la divisa di un altro colore.

Non si possono più tacere le violenze che subirono le donne durante l’autunno del 1943 nell’Istria; e dobbiamo parlarne a prescindere dal fatto che simbolo di quella ferocia fu Norma Cossetto, una ragazza bionda, molto bella, che doveva laurearsi in quel periodo; pagò perché figlia del podestà di Visinata, ricco e possidente, probabilmente fascista; fu catturata insieme ad altri 25 suoi concittadini, incarcerata, stuprata brutalmente da 20 persone secondo il racconto della sorella Licia; quando decisero di liberarsi di lei e di gettarla nella Foiba, le legarono i polsi e la misero in coda al gruppo di persone, legate l’una all’altra; poi un salto di 135 metri nella Foiba, ma poco prima del salto nel buio, ancora ad infierire su di lei, le ferirono i seni con un pugnale e le infilarono un pezzo di legno nella vagina; povera Norma, doveva laurearsi e discutere la laurea sull’Istria rossa, con riferimento alla bauxite che c’è in quelterritorio; sei anni dopo la sua morte, l’università di Padova, su proposta del prof. Concetto Marchesi, dirigente autorevole del PCI del tempo, le conferì la laura honoris causa.

La storia ingloriosa delle Foibe non può né deve avere vincitori, ha lasciato sul campo una sfilza lunghissima di tragedie, che devono prescindere dall’ideale politico, rimangono tragedie.

Tuttavia, non può negarsi che tutto iniziò molto prima, non lontano dai luoghi in cui furono commessi i crimini di cui stiamo parlando: il 20 settembre 1920 Mussolini tenne un discorso a Pola ed annunciò che: “Per la creazione del nostro sogno mediterraneo, è necessario che l’Adriatico, che è il nostro golfo, sia in mano nostra; di fronte alla inferiorità della razza barbarica quale è quella slava“; ecco che entra in scena il razzismo, cui seguì la pulizia etnica ed il trasferimento degli abitanti: durante l’occupazione italiana gli slavi perdono il diritto di potersi avvalere della propria lingua sulla stampa, a scuola, in chiesa, persino per l’iscrizione sulla tomba; le città e i villaggi cambiano nome, i cittadini e le famiglie pure; in questo contesto nasce l’espressione foibe: il ministro fascista dei lavori pubblici Giuseppe Caboldi Gigli, nel testo Gerarchia, scrive nel 1927: “La musa istriana ha chiamato con il nome di foibe quel luogo degno per la sepoltura di quelli che nella provincia dell’Istria danneggiano le caratteristiche nazionali (italiane) dell’Istria“; le Foibe sono, quindi, un’invenzione del fascismo, servono al fascismo ed ai fascisti per dare una degna sepoltura a quegli istriani che danneggiano le caratteristiche nazionali italiane.

Le Foibe vennero presto messe in funzione: il quotidiano triestino “Il Piccolo”, nel numero del 5 novembre del 2001, riporta la testimonianza dell’ebreo Raffaello Camerini che era ai lavori forzati in Istria nel luglio 1943: la cosa peggiore che gli successe fu prendere gli antifascisti uccisi e buttarli nelle fosse istriane, per poi cospargere i loro corpi con la calce viva; uno dei peggiori criminali dei Balcani fu di sicuro il duce ustascia Ante Pavelić e la città di Jasenovac fu una Auschwitz in piccolo, con la differenza che li facevano “manualmente” ciò che i nazisti fecero “industrialmente”; vale la pena di ricordare che il governo di Mussolini aveva annesso la maggior parte della Slovenia insieme con Lubiana, la Dalmazia, il Montenegro, una parte della Bosnia Erzegovina, l’intera Bocca di Cattaro e che in quel tempo, tra il 1941 e il 1943, furono cacciati dall’Istria circa 30.000 Slavi – Croati e Sloveni – e fu occupata la regione; i fascisti portarono a termine fucilazioni individuali e di massa; fu falciata un’intera gioventù; i dati sono la parte più debole di questo racconto: le fonti jugoslave fanno riferimento a circa 200.000 uccisi, particolarmente sulle coste e sulle isole; ma anche se fossero stati in 20.000, sarebbe già una tragedia immane, come è stata.

Non può non farsi menzione dei campi di concentramento italiani, i più piccoli e i più grandi, dall’isoletta di Mamula nel profondo sud, davanti a Lopud nelle Elafiti, fino a Pago e Rab nel golfo del Quarnaro; erano spesso stazioni di transito per la mortale risiera di San Sabba di Trieste, e in alcuni casi anche per Auschwitz o Dachau.

Con il rispetto dovuto ai morti e con i distinguo fatti sopra, mi preme sottolineare che oggi con grande facilità si muovono accuse a Tito, alla sua armata; chi scrive non intende difenderlo, ma non c’è nessun dato in nessun archivio, militare o civile, sulla direttiva che sarebbe giunta dall’Alto comando partigiano o da Tito in persona in ordine alle Foibe: le unità di cui facevano parte molti di quelli che avevano perso i familiari, i fratelli, gli amici, commisero dei crimini “di propria mano“, in guerra la prima a morire è la giustizia e per necessità a volte vanno dati segnali a chi combatte; certo non erano tempi umani, ma “..la vendetta è il sentimento che a volte fa vincere la guerra e che, comunque, ti fa resistere…” (Michele Cirinesi cit.).

Il fascismo aveva lasciato dietro di sé talmente tanto male che le vendette furono terribili e non solo nei Balcani: nel Friuli, ad esempio, nella parte confinante con l’Italia, dove non c’erano scontri tra nazionalità, i dati parlano di diecimila uccisi senza tribunale alla fine della guerra; in Francia oltre 50.000.

Dicevamo che i numeri, i dati, sono stati sempre il lato debole per chi vuole usare questa triste storia a vantaggio di una parte: oggi sentiamo parlare di decine di migliaia di infoibati, ma non serve aumentare quel tragico numero, 30.000, 50.000 morti ammazzati; bisogna rispettare le vittime, non gettare sulle loro ossa altri morti, come hanno fatto gli infoibatori. Sicuramente non ha fatto luce sull’argomento il film “Il cuore nel pozzo”, che ha avuto un grande successo di pubblico televisivo; alcune scene sono davvero un falso storico, costruite ad arte; ma in questo noi italiani siamo bravissimi, basti pensare al film La vita è bella di Benigni ed alle falsità che ha fatto passare. Né, sicuramente, è stato utile il citato discorso di Mattarella che, probabilmente, rispetto al fascismo ha un atteggiamento non di totale chiusura; un diverso suo atteggiamento sarebbe stato certamente apprezzato da tutti, non solo dalla Meloni.

Ma sull’intervento di Mattarella, ritengo davvero notevole, e mi permetto di menzionarlo, quello dell’intellettuale sloveno Stojan Spetic, che nei confronti del fascismo lanciò un grande atto di accusa e cosi riferì: “Il fascismo non c’entra? Era solo odio etnico? Mi permetta di segnalarle, Signor Presidente, alcuni fatti incontrovertibili. L’Italia fascista ha aggredito la Jugoslavia annettendosi la provincia di Lubiana, trasformata in una prigione a cielo aperto circondata da filo spinato. Nelle sue fosse ardeatine (Gramozna jama) l’esercito italiano fucilò in un solo mese più di cento ostaggi. In tutta la Slovenia ci furono stragi e fucilazioni indiscriminate di civili In Montenegro fu peggio. Li decine di migliaia di soldati italiani decisero dopo l’armistizio di unirsi ai partigiani di Tito formando la divisione Garibaldi. Alle migliaia di caduti garibaldini venne eretto un monumento al quale solo il presidente Sandro Pertini rese omaggio. In Istria lacaduta del fascismo e l’arresto di Mussolini il 26 luglio 1943 provocarono una sollevazione dei contadini oppressi e dei minatori di Arsia. Vi furono uccisioni indiscriminate di possidenti terrieri, funzionari dello Stato, gabellieri ed esponenti fascisti, anche qualche vendetta personale. Furono infoibate alcune centinaia di persone. Intanto i gerarchi fascisti sfuggiti alla “jaquerie” chiamarono da Trieste le truppe naziste. Per paura dei possibili delatori le uccisioni aumentarono. Complessivamente furono 400-500 in totale gli uccisi riesumati.  Ma i partigiani nel frattempo avevano anche salvato molte vite italiane. Pochi ne parlano, ma i partigiani sloveni, croati ed italiani fermarono a Pisino un treno bestiame pieno di soldati italiani diretto nei lager in Germania. Furono liberati, circa 600, e vestiti dalla popolazione con abiti civili affinché potessero raggiungere le loro case. Lo stesso successe in tutta la penisola istriana. Poi arrivarono i tedeschi chiamati dai fascisti locali: la “Prinz Eugen Division” bruciò una ventina di paesi ed uccise 2500 persone .. Nel maggio del ’45 le truppe jugoslave della IV Armata dalmata e del IX Korpus locale aiutarono i battaglioni di Unità operaia, lavoratori armati delle principali fabbriche e dei cantieri, a liberare Trieste assieme agli alleati neozelandesi. In quell’occasione alcune migliaia di persone vennero fermate per accertamenti. Gli elenchi erano stati evidentemente preparati dalla Resistenza locale. La gran parte venne rilasciata, mentre alcune centinaia accusate di vari crimini vennero passate per le armi. Nelle foibe del Carso triestino vennero inumati anche moltissimi soldati tedeschi caduti nelle battaglie attorno la città e che in seguito furono recuperati e trasportati al cimitero militare di Costermanno. Sia a Trieste che a Gorizia vi furono, nella resa dei conti, anche vittime innocenti tra cui persino aderenti ai CLN italiani. Così come vi furono uccisioni da parte di criminali comuni che si fecero passare per partigiani. Scoperti vennero poi giustiziati dagli stessi jugoslavi. E’ vero. La fine della guerra in tutt’Europa vide momenti di atrocità e di vendetta, ma non si può parlare di pulizia etnica o di uccisi “soltanto perché italiani”. E’ inutile parlare di pace ed Europa se poi la complessità storica viene ridotta a semplificazioni spesso funzionali alla progressiva riabilitazione del fascismo ed attraverso questa dei suoi nuovi fenomeni razzisti, nazionalisti e revanscisti. Io condanno le violenze gratuite e lo spirito di vendetta che si cerca di rinnovare in questi momenti difficili in cui il continente europeo è attraversato da rigurgiti pericolosi quanto antistorici. Mi permetta, Signor Presidente, di osservare che le sue parole non aiutano certamente la collaborazione tra i popoli del Nord Adriatico, ne la conciliazione che può rafforzarsi soltanto nel ricordo della comune lotta contro il nazifascismo e per la libertà. Vicino a Fiume operò un battaglione di partigiani italiani, croati e sloveni che significativamente si chiamava “Fratellanza”. Vicino c’è il paese di Lipa dove tedeschi e fascisti uccisero, come a Sant’Anna di Stazzema, tutti gli abitanti, circa trecento, bambini compresi. Non le chiedo di recarsi a Lipa o alle Fosse Ardeatine di Lubiana, e nemmeno all’isola quarnerina di Arbe. Per capire meglio la storia del confine orientale basterebbe che Lei visitasse il cimitero di Gorizia, dove giace Lojze Bratuž, mite cattolico e musicista, che nel 1936 a Podgora diresse canti in lingua slovena durante la messa natalizia. Due giorni dopo i fascisti gli fecero bere olio di macchina mescolato con benzina e frammenti di vetro per cui morì dopo un’atroce agonia durata settimane. Lasciò due bambini e la moglie, nota poetessa, che durante la guerra venne sadicamente torturata dai poliziotti dell’ ispettorato speciale di PPSS diretto dal commissario Gaetano Collotti, giustiziato dai partigiani veneti e poi decorato dalla Repubblica Italiana con medaglia d’argento per i “meriti acquisiti nella difesa dell’italianità del confine orientale …  come quella al carabiniere che a Trieste uccise una ragazza, la staffetta partigiana Alma Vivoda. In compenso nessun riconoscimento andò al maresciallo dei carabinieri del comune di Dolina, vicino a Trieste, che durante un rastrellamento tedesco si rifiutò di indicare le famiglie di sentimenti partigiani. Venne caricato per primo sul camion che lo portò in Germania, da dove non fece ritorno. Venne respinta persino la proposta di intitolargli la locale caserma dell’Arma … Vede, Signor Presidente, la legge istitutiva del Giorno del Ricordo fissa la data del 10 febbraio che invece dovrebbe essere una festa per ricordare la firma del Trattato di pace a Parigi nel 1947 quando 21 paesi della vittoriosa alleanza antifascista riconobbero, grazie alla Resistenza che la riscattò, l’Italia come paese cobelligerante e quindi parte della comunità dei paesi democratici e civili, mentre la Germania e l’Austria vennero divise in zone di occupazione militare. L’Italia perse i territori conquistati nella Grande guerra. Nei due paesi rimasero minoranze slovena ed italiana. L’esodo degli italiani dall’Istria venne regolato anch’esso dal Trattato di pace. Fu comunque una tragedia per molti, come lo fu per gli sloveni ed i croati che nel primo dopoguerra dovettero emigrare per salvarsi la vita dalla violenza iniziata già coll’incendio della Casa nazionale degli sloveni a Trieste nel luglio 1920 cui seguì una dura repressione fascista. La pace ed il riconoscimento dei rispettivi confini col Trattato di Osimo del 1975 gettarono le basi per una convivenza pacifica e la collaborazione in tutti i settori dell’economia, della scienza e della cultura con prospettive di sviluppo inattese, che il rivangare dei sentimenti di revanscismo e di odio possono inficiare”.

Ma alla fine, a chi serve questa strumentalizzazione; certamente è stata una mobilitazione eccezionalmente riuscita del berlusconismo nello scontro con l’opposizione, con la sinistra; le sue relazioni col comunismo, che avrebbe, secondo le parole della peggiore destra italiana, sempre e solo portato miseria, morte e terrore. Anche, dico io, quando sacrificò 18 milioni di soldati russi nella lotta per la liberazione dell’Europa dal nazi-fascismo? E valga il vero!

Esiste una sorta di “anticomunismo viscerale” che è peggio del peggiore comunismo; comunismo che non si può inquadrare con il gulag di Stalin.

Oggi non neghiamo le Foibe; battiamoci, tuttavia, affinché non trionfino definitivamente gli intenti revisionisti che animarono l’iniziativa che portò alla istituzione della Giornata del Ricordo.

San Demetrio Corone, li 10 febbraio 2022.

Adriano D’Amico