Carburanti verso 2,5 euro al litro e il governo fa il gioco delle tre carte su tasse e accise

(Carlo Cambi – laverita.info) – Il governo fa il gioco delle tre carte su tasse e accise, ma rischia di schiantarsi contro un Tir. Da lunedì prossimo, l’Italia sarà paralizzata. Come spiega Maurizio Longo, segretario di Trasportounito, la sua associazione anticipa la mobilitazione già decisa da Unitrans per il 19 e blocca i camion perché «ormai la categoria non si tiene più». Sostiene Longo in una lettera inviata a Mario Draghi e al viceministro dei trasporti Teresa Bellanova, che 15 giorni fa aveva firmato un’intesa rivelatesi inefficace minacciando di far intervenire la celere per togliere i blocchi dei Tir: «La sospensione dei servizi si è resa inevitabile per tutelare le imprese e impedire che le esasperate condizioni di mercato, determinate dal rincaro record dei carburanti, si traducano in vantaggi per altri soggetti del settore trasporti, o in addebiti per obblighi contrattuali che le imprese della filiera logistica non sono più in grado di garantire».

L’Italia si blocca di nuovo e stavolta il rischio che negli scaffali dei supermercati la merce manchi davvero è reale. L’effetto inflazione e la paura della guerra in Ucraina hanno già indotto episodi di accaparramento, al punto che Coop Italia ha deciso di non consentire l’acquisto di più di quattro confezioni per ogni scontrino di generi come farina, olio di girasole e pane. La protesta di Trasportounito origina dal prezzo dei carburanti ormai fuori controllo. Ieri in Versilia la benzina al self service è arrivata a 2,50 euro al litro. Il gasolio in media in Italia sta sui 2,04 al litro e in molti impianti ha superato la benzina.

Mario Draghi è andato in Parlamento con la faccia contrita a dire che si interverrà sul caro bollette abbassando l’Iva sul gas, anche se «non basterà». Sulla benzina e il gasolio però tace, perché i distributori sono il bancomat del governo. Draghi sa che se tocca accise e i Iva sui carburanti saltano i conti dello Stato. L’Italia ha scommesso sulla ripresa che è svanita, forse non riusciamo – a proposito di sostenibilità – a reggere l’enorme debito. Ecco il prelievo forzato, se non forzoso alle pompe. Contro questa situazione si schiera l’autotrasporto allo stremo, come i pescatori che ieri sono tornati a Roma a manifestare e lasciano le barche all’ormeggio perché non conviene andare in mare. Lo stesso vale per gli agricoltori costretti a ridurre le produzioni (la situazione è drammatica) per non far girare i trattori. Si stanno fermando anche i 230.000 agenti di commercio che intermediano circa il 70% del Pil. Idem i piccoli corrieri. Più del lockdown per il Covid può il caro benzina.

Un sollievo potrebbe venire dall’esclusione dell’Iva sulle accise medesime, ma il governo, che sta incassando circa 5 miliardi in più con questi rincari (lo scorso anno il gettito fiscale delle pompe è stato pari a 24 miliardi), non se lo può permettere. Sulla benzina gravano 19 accise (dalla crisi di Suez del 1956 al terremoto dell’Emilia di nove anni fa) che valgono 73 centesimi per la benzina e 62 per il gasolio. Queste vanno sommate al prezzo industriale e sulla somma si applica l’Iva al 22%. Se un litro di benzina si paga 1,95 euro, compreso l’aggio dei gestori sui 4 centesimi, di accise ne paghiamo 73 e di Iva 35; il carico fiscale è del 55,4%. Basta andare a Livigno, che è zona franca, o in Slovenia, a due chilometri da Gorizia, oppure oltre il confine austriaco per saperlo. A Livigno ieri la benzina costava 1,13 euro… Come stupirsi se ci sono file chilometriche ai distributori? E come stupirsi se il contrabbando sta riprendendo alla grande?