C’era una volta la “Cosenza alternativa”. Alternativa ai luoghi comuni, alla quotidianità stabilita, ad un destino segnato. C’era una volta la Cosenza della “controcultura”, e della voglia di non voler più vivere sospeso tra l’emancipazione e l’arretratezza. C’era una volta la Cosenza delle utopie, delle lotte e della fratellanza “senza barriere”. C’era una volta il desiderio di sentirsi parte di una comunità, il bisogno di condividere. C’era una volta una città viva e creativa. C’era una volta la Cosenza degli spazi liberati, della partecipazione, dei dibattiti, del confronto aspro, duro, a volte violento. C’era una volta chi voleva spezzare le catene. C’era una volta la Cosenza delle posizioni, delle trincee, degli assalti, e della ritirate. C’era una volta la Cosenza degli scontri politici e della rivalità militante che non aveva paura di ricevere o mollare qualche ceffone. C’era una volta la Cosenza della coerenza e del contesto politico di quegli anni. C’era una volta chi ce “l’aveva messo in conto”, e chi aveva fatto i conti senza l’oste. C’era una volta la Cosenza del chi c’è c’è, e chi non c’è non c’è, del si salvi chi può, e del fuggi fuggi. C’era una volta la Cosenza dell’amaru a chini ci ‘ngappa, e del tengo famiglia. C’era una volta la Cosenza delle scelte sbagliate e di quelle per convenienza.
C’era una volta chi animava tutto questo, e oggi non c’è più. Non ci sono più, nel bene e nel male, quelle idee di Libertà e di ribellione che riempivano le strade di sogni e creatività. Idee oggi trascinate, dai sopravvissuti a se stessi, come un pesante fardello di cui non ci si può liberare. Dai più nascoste all’ombra della propria coscienza e da alcuni “esibite” solo alla bisogna. C’era una volta tutto questo, ed oggi non c’è più. E scusatemi se non sono riuscito a trovare, a questa favola, un lieto fine.
GdD