L’Italia è la Repubblica delle banane: ce lo diciamo molto spesso ma ancora di più quando si tratta di “Giustizia”.
Quando qualcuno – non importa se in mezzo ci sono anche assassini, mafiosi, truffaldini o faccendieri – deve gridare allo scandalo contro qualche magistrato o qualche avvocato con le palle, la pietra di paragone è sempre e comunque Enzo Tortora. Che non era semplicemente un personaggio televisivo di successo, ma un giornalista che prendeva posizione, un uomo di idee liberali, antifascista, cultore delle idee risorgimentali. Era un uomo libero e gli uomini liberi spesso pagano un prezzo assai alto per quella libertà.
Oggi però accade che anche qualche giornalista, per di più fascista dichiarato, lo chiami in causa per associarlo alla causa di una donna imputata per l’omicidio volontario e pluriaggravato dai futili e abietti motivi del calciatore Denis Bergamini.
Quando Tortora venne assurdamente accusato di essere un narcotrafficante, la maggior parte dei giornali iniziò a tifare per la sua colpevolezza, quasi fosse il sollievo che prova l’opinione pubblica nello smascherare una persona che appare pulita. Ma Enzo Tortora non appariva pulito. Enzo Tortora era pulito.
La signora in questione, al contrario, moglie di un poliziotto e protetta per decenni dai poteri forti dei servizi deviati, è stata sempre dichiarata “intoccabile” non solo dalla magistratura corrotta che ha sempre insabbiato l’omicidio mascherandolo da suicidio fino a pochi mesi fa e le ha consentito di non essere mai arrestata e privata della libertà, ma anche e soprattutto dalla stragrande maggioranza dei media, che non solo non l’hanno mai davvero esposta alla gogna mediatica che avrebbe meritato, ma per anni non hanno mai “osato” farci vedere neanche la sua fotografia.
Enzo Tortora, invece, il carcere l’ha conosciuto eccome e prima che venisse liberato, tra cella e arresti domiciliari, trascorsero sette mesi. Il 17 settembre 1985 fu condannato a 10 anni di galera come narcotrafficante, senza alcuna verifica sui soldi ricevuti, sull’eventuale rapporto con i camorristi. Nulla di nulla. Ma il 15 settembre 1986 Tortora fu assolto dalla Corte di Appello di Napoli che rovesciò il verdetto di primo grado pronunciando una sentenza di assoluzione con formula piena che, il 13 giugno del 1987, la Corte di Cassazione rese definitiva.
Dirà: “Mi hanno fatto esplodere una bomba atomica in petto”. Enzo Tortora muore a 59 anni, il 18 maggio 1988.
Tortora odiava i fascisti e non perdeva occasione per urlare quanto gli stessero sui coglioni. Oggi un giornalista fascista addirittura lo richiama… in vita per paragonarlo a una mantide senza pietà che da 33 anni passa le sue giornate non solo in perfetta tranquillità ma minacciando anche chi “osa” disturbare la sua privacy del cazzo.
Si può costruire la propria “felicità” su un omicidio, quello di Denis Bergamini? Si può dormire la notte sapendo che si sta mentendo spudoratamente ormai da più di trent’anni? Si può vivere la vita di tutti i giorni con un peso così grande sulla coscienza? Questa signora e il suo maritino in divisa, non solo ci riescono ma ostentano una sicumera e un’arroganza che non hanno limiti. Si credono onnipotenti e pensano che la gente abbia “paura” di loro perché rappresentano un potere al quale nessuno si può opporre. Di conseguenza, non hanno nessun pudore a camminare per le strade di Cosenza, a cenare nei locali (prima dell’emergenza pandemia), persino a spassarsela sulla battigia di una nota spiaggia del Tirreno. E nelle aule di tribunale o nei bar o persino in mezzo alla strada e nei locali arrivavano finanche a “minacciare” chi metteva in dubbio le loro vergognose menzogne. Ecco, questa è la deriva dell’Italia, non a caso Repubblica delle banane. Ed ecco perché chiediamo – virtualmente purtroppo – ad Enzo Tortora di perdonare il fascista che l’ha chiamato in causa come fece Gesù Cristo: perché non sa quello che fa e quello che dice.