«Non resto impantanato, se non mi fanno lavorare andiamo tutti a casa». L’annuncio era stato secco, senza fronzoli ma soprattutto perentorio, così l’allora neo sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita lanciava il suo messaggio di inizio consiliatura a fine 2022 (in fondo poco più di due anni fa), mettendo un punto fermo, almeno così sperava, sugli appetiti che ormai si erano scatenati sulla composizione della giunta, sulla presidenza del consiglio comunale e su ogni altra postazione interna o esterna alla “nuova” – si fa per dire, per carità – amministrazione cittadina.
La notizia veniva battuta usando le antenne di Radio Kabul, quella specie di tam-tam molto social e molto integralista che diffondeva il Nicola pensiero fra i suoi supporters e fra i tanti custodi della religione: i puri di “sinistra” (ma che strizzano l’occhio alla destra) che ancora pensano alzando il pugno con il Rolex al polso, ma che risolvono la questione di identità cantando “Bella Ciao” salvo poi cantare “Faccetta nera” quando sono in… intimità.
La città di Catanzaro e la sua “nuova” amministrazione di professori, sia pure di religione, si affacciava alla nuova era, quella del cambiamento, cercando di rimettere in equilibrio le esigenze politiche che ancora esistevano fra gli schieramenti ed all’interno degli stessi, contrapposti ad una deriva integralista e disordinata figlia del periodo dei grilli parlanti, che rischia oggi di seppellire l’esperienza di Nicola Fiorita quando non è arrivata neanche a metà del guado. Siamo nel momento della scissione dell’atomo, dove fra improbabili scienziati con capacità di governo, si mette in predicato un punto di equilibrio, la mancanza di una maggioranza riconoscibile in consiglio comunale e si getta alle ortiche ogni elemento di realpolitik.
Chi pensava che con Nicola Fiorita a Catanzaro potesse nascere una nuova formula di democrazia del burka, della kefiah e dell’intifada come sistema di confronto, il tutto professabile ma non dichiarabile per ovvi motivi di opportunità, ha ormai accarezzato da tempo la delusione dettata dai numeri di una scelta democratica e popolare, così come hanno decretato le urne.
L’unico dato certo era ma è ancora oggi il caos… In principio si materializzava quella che politicamente viene definita “anatra zoppa” ma che a Catanzaro muta geneticamente diventando, così come l’aveva definita l’avvocato Talerico, un cinghiale, facendo presagire la replica di un’altra storia legata ad una ben nota “famiglia” di Cinghiali di stirpe cosentina che negli anni passati hanno replicato la specie in terra di Catanzaro, facendo leva sulle capacità di riconosciuti allevatori, quelli acquattati nel sottobosco di Nicola Fiorita.
Così mentre ufficialmente le truppe si studiano, in realtà gli sherpa sono già a lavoro, anzi meglio sono al terzo step, dopo aver portato a casa i risultati del primo step, l’appoggio al ballottaggio a favore di Nicola Fiorita di Mimmo Tallini, Claudio Parente e di Giuseppe Pisano nascosti dietro le insegne di Antonello Talerico, che restava l’ultimo sostenitore, visto che nessuno ci crede più, della loro neutralità. Lo stesso Talerico che, qualche tempo dopo, sarebbe clamorosamente entrato in maggioranza, salvo poi… uscirne. Della serie: tutto e il contrario di tutto!!!
A questo risultato c’era da aggiungere il secondo step, perché è sempre giusto dire la verità, ed è quello più infame, che ha spostato il consenso verso Fiorita usando la tecnica del buon allevatore di cinghiali, promettendo le ghiande ai figliocci della sua grande nidiata, che ora dovranno in qualche modo materializzarsi. Così come si è materializzato l’impegno dell’ex sindaco Sergio Abramo a sostegno di Fiorita nel ballottaggio e che come premio ha già ricevuto un sonoro schiaffo in faccia, proprio quando il neo sindaco commentando i suoi primi atti affermava: «non parlerò mai di quello che è stato fatto da chi mi ha preceduto», consegnandolo alla storia come un’ics, un incognita, un buco nero nella galassia. La democrazia del burka.
Il terzo, poi, portava dritti all’annunciatissimo primo inevitabile rimpasto della Giunta “arlecchino” di Fiorita, cui sarebbe poi seguito il secondo e persino il terzo prima del disimpegno recentissimo di Azione…
Come al solito i social erano stati inclementi e commentavano il fatto, anzi i fatti in modo autenticamente originale, tagliente ma pur sempre veritiero: “il sanitario, il sindaco e il filibustiere”, giusto a sottolineare che l’oracolo è scoperto e che per quanto rullino i tamburi della propaganda, il popolo ha capito il tranello ed ora aspetta il cadavere.
Chi pensava di aver aperto un’autostrada con il “patto delle ghiande” realizzava che si trovava intrappolato in un viottolo, dove da una parte ci si gioca la faccia e la credibilità che non si salva con discorsi di responsabilità istituzionale solo perché si tenta di saltare il fosso. Dall’altra parte invece la credibilità scricchiolava sotto la spinta degli appetiti dei numeri uno, da non confondere con i numeri primi, ma anche e soprattutto per il pagamento delle ultime cambiali in bianco, firmate frettolosamente da Nicola Fiorita, che bisognava onorare.
“I debiti si pagànu, ‘i peccati si ciangianu”, ed il problema non si risolveva con la casella della presidenza del consiglio comunale, quindi non diventava denaro contanti per il pagamento delle dazioni improvvide. Anche perché a Catanzaro non è mai esistita una formula compensativa, che qualcuno dei benpensanti dei FioriTallini cercava di argomentare ipotizzando una sdoganatura della seggiola all’opposizione, che nei numeri non è tale, e chi ha vinto a Catanzaro negli anni passati ha sempre incamerato tutto, polvere compresa.
Il problema restava e resta nelle parole di Nicola Fiorita, nella sua dichiarazione di valico che non prevede scorciatoie ambigue e nemmeno patti delle ghiande trasformati in crostate. Deve necessariamente scontrarsi con la realtà dei fatti e ritornare al presente il sindaco Fiorita, dove è stato obbligato ad onorare le cambiali sottoscritte con Tallini e Parente, quando era già chiaro che fosse in trappola convalidando con una pia preghiera il sacco urbanistico speculativo del “sanitario” e della sua associazione truffa Vivere Insieme. Il viottolo si è ancora ristretto ed è diventato un camminamento di montagna scosceso, dove il sindaco nuovo di pacca, Nicola Fiorita rischia di essere Mò, la prima vittima dell’intifada palestinocatanzarese…
I numeri e la credibilità sono i punti sui quali si gioca la partita al comune di Catanzaro, dove gli appetiti di qualche menestrello errante devono fare i conti anche con le cattive frequentazioni e con le aderenze tossiche che la storia ha azzerato per tempo, uno su tutti il vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone.
Non è bastato al sindaco Nicola Fiorita aver aperto le porte, prima di tutti, all’usuraio della sanità calabrese don Pierino Citrigno consegnandogli il tesoro dei fondi del PNRR sul welfare… Al punto tale che – le cose non succedono mai per caso – è stato proprio Venturino Lazzaro ovvero il direttore sanitario del Centro San Vitaliano di proprietà dello strozzino cosentino, uno tra i primi a dimettersi dalla giunta.
Per come non basterà sempre in termini di credibilità e della morale integralista, sdoganare qualche altro losco figuro della Legacoop. Non basta tutto questo, perché non è un punto di svolta, anzi per come è giusto leggerlo è il punto di arrivo, anzi tempo di una idea, di una proposta e di una verità scritta negli anfratti peggiori della città e spacciata al vento come il “cambiamento”: quello della massomafia quando si cambia d’abito.