(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Che senso ha per Enrico Letta rinunciare al 10% circa dei voti di Giuseppe Conte andando incontro a una sicura catastrofe elettorale a favore del centrodestra? L’istituto Cattaneo prevede che Meloni, Salvini e Berlusconi vincano nel 70% dei collegi ottenendo il 57% degli eletti. Mentre al fronte progressista andrebbe un seggio su 3.
Ma pure, che senso avrebbe per il centrodestra tenere la vittoria in pugno per poi rischiare di implodere negando la premiership alla favorita di tutti i sondaggi, Giorgia Meloni? Poiché, parole di Berlusconi, la signora della fiamma tricolore “spaventa e con lei leader potremmo perdere”?
Tutto apparentemente insensato (anche se con accordi di facciata) eppure, a ben riflettere, c’è del metodo in questa follia. Predisporre il taglio dell’ala destra (FdI) e dell’ala sinistra (M5S) del nuovo parlamento equivale ad apparecchiare una nuova maggioranza di semiunità nazionale nella quale ci sarebbe posto (tranne i non graditi) per tutto il cucuzzaro: Pd, Calenda, quel che rimane di Renzi e Di Maio, Forza Italia dimezzata ma anche la Lega di un Salvini spennato e sotto tutela dei governisti Giorgetti, Zaia e Fedriga.
Inutile dire che nella notte del 25 settembre si potrebbe passare direttamente dalla coda del governo Draghi per gli affari correnti all’inizio del governo Draghi di legislatura. Fantapolitica? Mica tanto alla luce della vera ragione che diciotto mesi fa consigliò a Mattarella l’urgente chiamata a Palazzo Chigi dell’ex governatore della Bce: la necessità che un nome affidabile e prestigioso facesse da garante al gigantesco debito pubblico. Detto in soldoni: 1. Si tratta di qualcosa che, entro la fine del 2022, potrebbe superare i 2.700 miliardi. 2. Che comporta l’emissione e la sottoscrizione di titoli di Stato, che nel 2019 hanno toccato i 402 miliardi di euro. 3. Con una massa di creditori (banche, fondi internazionali, aziende, Stati stranieri e anche cittadini privati) che in presenza d’una situazione politica confusa potrebbero pensare che in futuro il nostro Paese avrebbe difficoltà a ripagare i propri debiti. Con due rischi: l’aumento dei tassi d’interesse e, cataclisma finale, il default finanziario. In questo quadro sia FdI che i 5Stelle “spaventano”, per dirla con Berlusconi. La Meloni le istituzioni europee e l’alta finanza. Conte, in ragione dei 9 punti (reddito di cittadinanza, aiuti a famiglie e imprese, superbonus al 110%, eccetera) ritenuti troppo esosi. Meglio, quindi, tenerli fuori dalle scatole.