Tra i tanti nomi finiti nella rete di Gratteri che compongono il lungo elenco stilato dagli investigatori della Dda di Catanzaro, ce n’è uno che spicca in particolare: Silvio Orlando, che non è il bravo e famoso attore protagonista di tanti bei film, ma un cinico poliziotto, oggi in pensione, specializzato nel raggiro di gente ridotta allo stremo, dedita al gioco. Un personaggio squallido disposto a tutto, anche a sfruttare meschinamente la patologica condizione di chi soffre di ludopatia, pur di far denaro, e favorire gli affari dei clan. Invece di consigliare ai suoi concittadini vittime del “demone del gioco” di stare alla larga dalle sale giochi e di rivolgersi a strutture specializzate, così come farebbe un qualsiasi essere umano con un briciolo di coscienza, a maggior ragione un poliziotto, spingeva le vittime ad entrare nella sua sala scommesse e giocare “ari machinette” da lui stesso truccate, aggiungendo altra disperazione su esistenze già disperate. Che uomo di merda!
Silvio Orlando è accusato di gestire diverse sale scommesse per conto dei clan cosentini confederati, intestate fittiziamente alla moglie per non destare sospetti, visto il suo mestiere di poliziotto. Il che la dice lunga anche sulla dignità di questo personaggio che arriva a coinvolgere la moglie in sporchi affari di strozzo e mafia, sempre e solo per sete di denaro. Scrivono di lui i suoi ex colleghi: “L’Orlando in forza della sua particolare qualifica (poliziotto), veniva visto dagli altri partecipanti (al sodalizio criminale) come una garanzia “istituzionale: emblematici sono gli interventi dell’Orlando in occasione di controlli delle forze dell’ordine (presso sale scommesse), nel corso dei quali interveniva in prima persona per cercare di “risolvere” le varie problematiche che venivano fuori dal controllo”. Che in cosentino si traduce così: apparava i questioni e ammucciava i ‘mbruagli di compari sua.
A leggere le sue imprese si fa fatica ad immaginarlo in divisa. Eppure Orlando è stato un poliziotto. Ha svolto il suo servizio in uno degli uffici della polizia giudiziaria posti al quarto piano del Tribunale di Cosenza di fianco all’ufficio del Gattopardo. Infatti, e a proposito di garantismo peloso sfoggiato solo quando nella tagliola finisce qualche pezzotto, per tutti gli altri la malagiustizia va bene, l’Orlando è stato senza ombra di dubbio uno dei più fedeli pretoriani al servizio del Gattopardo. Un devoto esecutore di ordini leciti e illeciti, utilizzato dal Gattopardo per costruire finte inchieste sui nemici degli amici degli amici. Tant’è che risulta essere testimone, per l’accusa, in almeno una cinquantina di processi a nostro carico.
Orlando è stato l’uomo di fiducia del Gattopardo sul “caso Iacchite’”. È lui che, su commissione del Gattopardo, veniva incaricato di svolgere indagini su di noi da presentare sotto forma di relazione nei vari processi alla corte. Per anni si è presentato sistematicamente a tutte le udienze raccontando cumuli di bugie che solo pochi onesti magistrati hanno avuto il coraggio di rigettare, tanto evidenti erano e sono gli abusi da noi subiti.
A muovere le accuse contro di noi nelle aule del Tribunale, per conto dello stato e della procura, uno strozzino senza scrupoli e umanità, amico dei mafiosi, travestito da poliziotto. Lo diciamo e lo scriviamo da anni che a Cosenza la Giustizia è in mano, con le dovute e rispettose eccezioni, ad una banda di delinquenti, ma i processati siamo sempre noi. Anche volendo fare uno sforzo estremo, è impossibile fidarsi della Giustizia a Cosenza. La situazione è grave assai e non se ne vede la fine. La procura di Salerno e il Csm fanno finta di interessarsene, ma sono anni che conducono inchieste sull’operato del Gattopardo e sodali che si concludono, o con la solita archiviazione, oppure con il più classico insabbiamento del processo. Segno evidente della potenza massomafiosa del Gattopardo.
Noi non sappiamo se alla retata dell’altro giorno Gratteri darà un seguito, ma una cosa la possiamo affermare con certezza: la testa del serpente è ancora al suo posto.