Il perché la politica “nostrana” non ha proferito parola sulla grave situazione emersa dal biltz di Gratteri – del quale ieri ricorreva il primo anniversario – che descrive la città unica di Cosenza/Rende totalmente assoggettata, economicamente e socialmente, a feroci clan di stampo ‘ndranghetistico, lo abbiamo capito tutti: le arcinote famiglie politiche che da oltre 40 anni reggono i fili di tutti i loschi intrallazzi in circolazione, non possono esporsi con una pubblica condanna morale nei riguardi dei mafiosi arrestati, perché fanno parte della cupola che governa le tante paranze massomafiose presenti in città.
Che la città è in mano a dei veri e propri boss politici, di quelli che la fanno (quasi) sempre franca e che nell’impunità totale fanno affari con boss mafiosi, quelli che poi finiscono al 41 bis, per i cosentini e i rendesi, non è certo una novità. La fratellanza a Cosenza è pratica diffusa. Perciò una pubblica condanna, da parte di chi ha avuto la fortuna di restare fuori dal blitz, per chissà quale “congiuntura astrale”, e sono tanti quelli che ancora mancano all’appello del lungo elenco dei massomafiosi nostrani, potrebbe offendere la suscettibilità di qualche fratello “scaricato” e finito in manette, e questo, tra fratelli, non si fa. La lingua potrebbe sciogliersi, e raccontare cose dell’altro mondo (di sopra). Meglio buttarla sul garantismo che tanto a Cosenza di questi tempi va di moda, e non si corre il rischio di offendere nessuno. Basta solo atteggiarsi un po’ a principi del foro, a saggi costituzionalisti, e a paladini dei diritti civili, e il gioco è fatto: nessuna omertà, nessuna collusione da nascondere dietro il silenzio biecamente strumentalizzato da chi non vuole riconoscere, nello loro sagge e sincere parole, l’ardimentoso impegno di una politica posta a baluardo della sacra e inviolabile libertà di ogni individuo. Per questo non condannano neanche moralmente conclamati mafiosi: è la loro candida e pura coscienza libertaria che glielo impedisce. Mica altro! Un privilegio avere dei politici con queste nobili qualità umane e intellettuali. Non poteva andarci peggio, scusate, meglio.
Se la politica nasconde le proprie collusioni con la ‘ndrangheta dietro un ipocrita silenzio mascherato da garantismo, cosa nascondono i cittadini di Cosenza e Rende dietro il loro silenzio? Di sicuro non si può pensare ad un intero territorio dove vivono 170.000 persone (area metropolitana), completamente colluso con la mafia. Alla base del silenzio dei cosentini e dei rendesi c’è, per cominciare, la diffusa cultura del “fatti i cazzi tua ca campi cent’anni”. Mischiarsi in questioni di massomafia non è mai cosa buona. Salvo poi lamentarsi che nessuno ne parla. Ma anche la paura di esporsi gioca la sua parte nel silenzio dei cittadini. La mancanza di validi e onesti punti di riferimento giudiziari in città ha creato sfiducia nella stato, trasformando il dovere civico in paura. Nessuno rischia l’incolumità della propria famiglia, denunciando i propri estorsori, in una città dove la Giustizia è al servizio dei massomafiosi (con le dovute e rispettose eccezioni). La paura regna sovrana. In una situazione del genere va da se che non potendo rivolgersi alla Giustizia, un amico malandrino, da chiamare all’occorrenza, fa sempre comodo. Perciò bisogna stare zitti, qualcuno potrebbe dire: … quando ti è servito “il piacere” mi hai chiamato, e adesso dici che sono un mafioso? E di “piaceri” Cosenza e Rende è piena!
Tra le tante “categorie” che compongono il variegato mondo dei cosentini e dei rendesi che hanno scelto il silenzio, c’è di sicuro quella che tace per convenienza, ovvero coloro i quali hanno scelto volontariamente di fare affari con esponenti dei clan, accompagnati, loro malgrado, da chi invece tace perché costretto, come lo sono le vittime della prepotenza mafiosa. Ma il “genere” di cosentino e di rendese che più degli altri ha fatto voto di silenzio, è il consumatore seriale di pezzata. Stando all’inchiesta della Dda di Catanzaro, una delle attività più redditizie dei clan, è la vendita di cocaina. Da qui la necessità dei clan, come dimostra il blitz di Gratteri, di dotarsi di un esercito di pusher per far fronte ad un esercito di consumatori appartenenti a tutti i gradini della scala sociale.
Dal disoccupato al super professionista pieno di soldi. Ce n’è per tutti: dal ventino, fino a 150 euro al grammo, e anche più per il dorato mondo della borghesia cittadina. Un fiume di cocaina che travolge, quotidianamente, la vita di tanta gente. L’elenco dei contatti tra i tantissimi consumatori e i pusher arrestati nel blitz, è impressionante, c’è di tutto, dal “tossico conclamato” all’insospettabile. Dal ragazzino all’anziano. E nessuno di loro ha intenzioni di mettere i propri panni sporchi in piazza. Il silenzio in questo caso è d’obbligo. Quello della dipendenza da sostanze, quali le cosiddette droghe pesanti, è un problema che in città e provincia ha raggiunto livelli allarmanti al punto tale da essere definito dagli investigatori, una vera e propria emergenza sociale. Ma di questo nessuno parla. Tutti continuano a nascondere la polvere bianca sotto il tappeto. Il silenzio regna sempre sovrano, mentre la città affonda in un mare di coca.
In tutto questo non va sottovalutato quello che può sembrare un banale aspetto folcloristico, ma che in realtà induce il cosentino e il rendese, più di ogni altra forma di socialità conosciuta, ad un rispettoso silenzio, e che si manifesta nel tradizionale e culturalmente radicato comparaggio. A Cosenza e Rende siamo tutti compari, e del compare non si dice mai male. Quando il compare cade in disgrazia, il silenzio è un dovere. Guai a nominare il compare invano, ne va del comparaggio, e senza comparaggio, da queste parti, non si va da nessuna parte: chi perde un compare perde un tesoro. Del compare non si può fare a meno, un compare è per sempre, ed è sempre presente nei momenti importanti della nostra vita (u cusentinu aru compari cci tena): non c’è ricorrenza, festa, o convivio tra sciampagnuni, che possa definirsi tale, senza un doveroso brindisi di pronta libertà, rigorosamente cu ra sciampagna, prima ancora che al festeggiato, al compare ingiustamente trattenuto altrove… e a sciampagna, si sa, con la pezzata, cci sta sembri bbona!