I lavori del terzo megalotto della statale 106 tra Sibari e Roseto Capo Spulico finiscono ufficialmente nel mirino della supercosca Abbruzzese-Forastefano. Se prima l’assunto era tutto da verificare, ora a certificarlo è l’operazione scattata ieri mattina e che ha portato all’arresto di Leonardo “Nino” Abbruzzese, di 37 anni, Francesco Faillace, 39 anni, e Francesco Genovese. 60enne, tutti di Cassano e accusati, in concorso tra loro, di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa.
Ci sarebbero loro secondo gli inquirenti dietro l’incendio che la notte tra il 2 e il 3 luglio scorso ha distrutto due betoniere e una betonpompa nell’impianto di calcestruzzi e di inerti della ditta “Sposato P&P Srl”, sito in contrada Salinari al confine tra i comuni di Francavilla e Cassano. La ditta fornisce materiale alle società impiegate nella realizzazione del terzo megalotto della statale 106. L’indagine coordinata dalla Dda di Catanzaro era partita già lo scorso marzo quando sempre i membri della supercosca avrebbero fatto già visita alla sede legale della “Sposato P&P” lasciando davanti alla porta una bottiglia di liquido infiammabile.
Protagonisti della tentata estorsione sarebbero Nino Abbruzzese, referente del clan degli zingari e Francesco Faillace, collegato ai Forastefano. Proprio Faillace, figlio di Maria Giuseppina Forastefano e Federico Faillace, storico esponente dell’omonima ‘ndrina ucciso il 21 agosto del 2009 a Spezzano Albanese mentre stava lavorando su un trattore in un terreno agricolo, viene ritenuto dalla Dda intraneo e stabilmente inserito nell’organizzazione criminale operante nella Sibaritide già dall’epoca dell’operazione antimafia “Omnia” scattata a metà degli anni Duemila. Resosi inizialmente latitante, solo il 20 gennaio 2008 venne arrestato perché gravemente indiziato, nell’ambito del procedimento, dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso, rapina ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso. In particolare, secondo le indagini dell’epoca, Faillace aveva il compito di “eseguire gli ordini” (le “mmasciate”) dei vertici del sodalizio, specie in relazione alle azioni di intimidazione volte all’imposizione dei pagamenti a titolo estorsivo oppure per punire chi si contrapponeva agli interessi della consorteria, assicurare la circolarità delle informazioni e quindi la comunicazione fra gli appartenenti al sodalizio. Un ruolo di primo piano, il suo, sempre crescente e più importante nella ‘ndrina sibarita tenuto perciò sempre sotto controllo dalle forze di polizia.
Faillace ricompare di recente tra le maglie dell’inchiesta che ha portato al sequestro di 22 milioni di euro al Giuseppe Borrelli, imprenditore 52enne originario di Altomonte e compagno per alcuni anni proprio della madre di Francesco Faillace. Nel fascicolo della Dda l’imprenditore di Altomonte avrebbe stretto anche legami d’affari con il figlio avuto in prime nozze dalla compagna. I pentiti raccontano che il clan Forastefano imponeva, per il tramite dello stesso Faillace, l’approvvigionamento di cemento dalla cava di Borrelli. Un “interesse”, quello per i lavori pubblici, che ieri lo ha portato a finire ancora in manette. Secondo le attività tecniche dei militari, Faillace e Nino Abbruzzese, avvalendosi della collaborazione di Genovese, imprenditore edile, avevano avvicinato, in un agrumeto, un dipendente della “Sposato P&P” affinché riferisse al titolare di presenziare ad un incontro con gli stessi soggetti. Il titolare, però, aveva opposto un netto rifiuto rappresentando all’intermediario che non avrebbe incontrato i due soggetti. Un “niet” che aveva dato il via alla spirale di violenza alla quale hanno messo fine ieri gli inquirenti.
Nelle scorse settimane anche un altro imprenditore aveva detto no alle richieste estorsive presentate da soggetti ritenuti vicini alla supercosca Zingari-Forastefano e che avevano intenzione di mettere le mani su una parte dei fondi destinati dal Comune di Cassano alla costruzione dei loculi cimiteriali. A finire in manette in quel caso erano stati Alessandro Cerchiara, cassanese di 31 anni, e Piergiorgio Siciliano, di 40 anni, originario di Amendolara… Fonte: Gazzetta del Sud