Diciannove misure cautelari, emesse nei confronti di medici e farmacisti dal Gip del Tribunale di Castrovillari (Cs) su richiesta della locale Procura della Repubblica, sono state eseguite dai carabinieri del Nas di Cosenza e del Gruppo Tutela Salute di Napoli con l’ausilio dei comandi provinciali di Cosenza e Crotone nell’ambito di un’indagine svolta dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Cosenza e coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari. L’accusa, ipotizzata a vario titolo, è di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. Sono astate eseguite numerose perquisizioni in abitazioni, ambulatori medici e farmacie ubicate nelle province di Cosenza e Crotone con il sequestro preventivo di beni.
In carcere sono finiti due informatori farmaceutici e un medico di medicina generale. La moglie del medico ai domiciliari. Per gli altri 15 indagati, tra i quali farmacisti della zona di Corigliano-Rossano, applicata la misura interdittiva della professione di titolare, gestore, collaboratore di farmacia.
Tutti gli indagati
Arrestati
Sergio Cantafio, 69 anni, di Corigliano-Rossano;
Eduardo Aiello, 67 anni, di Rocca di Neto (in provincia di Crotone);
Vincenzo Calabrò, 63 anni, di Crotone;
Arresti domiciliari
Petronela Blanariu, 39 anni, di Corigliano-Rossano;
Interdittive
Marilena Romio, 65 anni, di Corigliano, ma residente a Calopezzati;
Giuseppe Toteda, 44 anni, di Corigliano-Rossano;
Mario Veltri, 48 anni, di Corigliano-Rossano;
Serenella Adami, 68 anni di Rende;
Silvana Di Donato, 64, di Cosenza;
Leonardo Fazio, 38, di Scala Coeli;
Salvatore Fino, 35, di Corigliano, residente a Calopezzati;
Emanuela Fino, 32, coriglianese residente a Mirto-Crosia;
Mario Fonsi, 38 anni, di Corigliano-Rossano;
Rosa Gabriele, 62, di Mirto-Crosia;
Gianpiero Garofalo, 50, di Corigliano-Rossano;
Massimo Leporace, 39, di Rende;
Santo Menga, 40 anni, di Crucoli (in provincia di Crotone);
Vito Menga, 64, di Crotone;
Mariagrazia Pedace, 47, di Corigliano-Rossano.
Le false ricette per gli indebiti profitti
Le indagini, condotte dal Nas di Cosenza attraverso intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, nonché servizi di controllo e pedinamento, avrebbero permesso di ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, compiuta mediante la redazione di false ricette mediche relative a costose specialità medicinali, non collegate ad alcuna necessità terapeutica di ignari pazienti, a cui sarebbero state prescritte al solo scopo di percepire il relativo profitto grazie al totale rimborso delle spese da parte del servizio sanitario. Secondo quanto ricostruito, l’informatore farmaceutico avrebbe indicato al medico di famiglia l’elenco dettagliato dei farmaci da prescrivere, secondo esigenze di profitto aziendale.
Il medico, la moglie e i pazienti ignari
Il medico, con l’aiuto della moglie, avrebbe provveduto a redigere le prescrizioni di farmaci concordate con l’informatore, attribuendole a suoi pazienti ignari, e le recapitava ai titolari delle farmacie compiacenti, che provvedevano a rifornirsi dei farmaci. Una volta ricevuti i prodotti, i farmacisti o i loro collaboratori avrebbero rimosso i bollini identificativi dalle scatole dei medicinali e li avrebbero applicati sulle false prescrizioni. Queste ultime, una volta completate delle «fustelle» delle scatole dei singoli prodotti, costituiscono il titolo con cui ogni farmacista richiede ed ottiene il rimborso del prezzo del farmaco prescritto dal Servizio Sanitario Nazionale.
Secondo l’ipotesi accusatoria, il farmacista avrebbe avuto anche il vantaggio di incassare il prezzo pieno dei farmaci, anche costosi, quando in realtà li acquistava dall’azienda con sconti superiori del 45%.
Le attività svolte da parte dei militari hanno permesso di ipotizzare un danno al Servizio Sanitario pari ad almeno un milione di euro, circostanza che ha determinato il sequestro preventivo dei beni degli indagati in via equivalente.
I medicinali nel wc delle farmacie
L’ultima parte dell’attività illecita posta in essere dagli associati riguardava le singole modalità di smaltimento delle centinaia di confezioni di farmaci che, ormai privi della «fustella», non erano più regolarmente commercializzabili. Secondo quanto ipotizzato, quando si trattava di polveri, liquidi o compresse di piccole dimensioni, i titolari delle farmacie si sarebbero disfatti dei medicinali gettandoli in scarpate o nei wc delle farmacie. Nella maggior parte dei casi invece, sarebbe stato il medico prescrittore, in prima persona o per il tramite dell’informatore farmaceutico, a gettarli tra i rifiuti indifferenziati.