In ricordo di Cristina Vercillo, storico caporedattore de Il Quotidiano
di Laura De Franco
Il fascino etereo l’ha sempre contraddistinta. Alta, snella e lieve. Per me impersonava l’eleganza. Accenni di sorriso, voce sommessa, ma ferma, spesso silenziosa, forse distante, non troppo. Mi piaceva, la guardavo camminare e la ritenevo bella. E’ sempre stata irraggiungibile. Eppure gentile, discreta.
Sedeva dietro la sua scrivania solitaria, al posto di comando, era appena stata nominata capo redattore de Il Quotidiano della Calabria. Io ero appena entrata al giornale e spaventata com’ero, studiavo tutti osservando.
Era ad un passo dalla stanza del direttore, c’era ancora Ennio Simeone e anche a lui piaceva. In una riunione disse: ‘Poi c’è Cristina Vercillo che scrive benissimo, con un tocco leggerissimo’. Ancora non l’avevo inquadrata fisicamente, poi capii chi era.
Cristina era lì, instancabile, concentrata, attenta, al telefono con i collaboratori o con i capiservizio. Fisicamente la incrociavi poco, seduta come stava a controllare che nulla nelle pagine fosse fuori posto. Poche sono state le chiacchierate, sempre misurate, mai frivole.  Non ho mai sentito un pettegolezzo maligno, sobria com’era. Una mente intelligente. Legammo con più amicizia seppur in un rapporto composto.
Una sera avvenne un fatto strano. In redazione si stava fino a tarda notte e si ordinava la pizza per cena. Eravamo entrambe fuori dalla nostra stanza, in compagnia delle correttrici di bozze e dei redattori che curavano le notizie nazionali, Cristina prese un pezzo di margherita, il boccone rimase sospeso, lei non riuscì più a respirare. Il fiato diventava sempre più corto, tutti andarono in allarme, io d’istinto feci di tutto per aiutarla, conoscevo le manovre di soccorso, e dopo alcuni tentativi andati a vuoto, provai un’ultima volta e Cristina tornò a respirare regolarmente. Mi ringraziò, stava meglio, io tremavo, le sorrisi con gli occhi. Tornammo a lavorare. Mi ringraziò altre volte, nei giorni seguenti parlavamo di più, ma una sorta di timidezza ci ha sempre fermate ad un punto.
Ieri, ero nella mia cucina, non so come, mi è venuto in mente quell’episodio. Un paio di minuti di perplessità , non trovavo un filo logico che ordinasse quel pensiero nelle mie idee frettolose. E’ sparito e ho ricominciato a fare le mie cose, presa com’ero dall’affanno natalizio.
Questa mattina mi hanno detto che Cristina se n’è andata.
Non sapevo nulla della sua malattia. Sono andata via dal giornale più di dieci anni fa. Non l’ho mai incontrata, non avevo notizie di lei. Solo ricordi. Ieri, quel vento improvviso, breve, malinconico, fugace. Quello strano senso di nostalgia e di stranezza che coglie e poi va via da solo così come è arrivato. Solo tardi ne trovi o ne comprendi il motivo.
Le anime belle, capita che salutino  prima di andare via. Così si dice.
E lasciatemelo credere, per cortesia.