Cosenza 2016, il monito di D’Ambrosio: “Troppi veleni”

Franco D'Ambrosio

Ancora manca molto al voto.

Ma le fibrillazioni aumentano di tono e, come quelle cardiache, provocano scompensi, in questo caso “democratiche”.
Ve li immaginate Pietro Mancini, il primo deputato socialista, Fausto Gullo, Giacomo Mancini, il grande sindaco, Antonio Guarasci, Pierino Buffone, Pietro Rende, Michele Cozza, Ernesto d’Ippolito prendersi a “maleparole”?
A parlare di “schiena dritta” di “sedere a ponte”, di favori chiesti, ricevuti, non ricevuti, di partiti che fanno schifo se appoggiano Lucio Presta, che sono buoni se appoggiano me, di violenze verbali, di insulti, vibrazioni scurrili?
Povera Cosenza!
Anche io ho chiesto favori, talvolta e tanti, tanti, se ho potuto, ne ho fatti.
Da assessore ho sbattuto fuori dal mio ufficio un signore che era venuto a dirmi che era a mia disposizione per qualunque cosa avessi voluto.
Io gli dissi: “Davvero? Allora, se proprio vuoi, fai lavorare un signore, M.B., che è gravemente invalido, ha perso un occhio ed ogni giorno è qui che piange che non ha un pezzo di pane, ma proprio un pezzo di pane”. Chiamo a testimoniarlo un ex dirigente del Comune di Cosenza, quel galantuomo di Mario Molinari.
Ed andò a lavorare, ma sia all’epoca che dopo mai, dico mai, mai quel signore è stato da me chiamato per darmi un voto, anche perché subito dopo abbandonai il Comune di Cosenza e mi spostai a Rende, dove rimasi 20 anni.
Abito in casa di mia madre, dopo aver dovuto abbandonare quelle in affitto perché non riuscivo più a pagarle. Eppure ho dato il mio voto al PRG di Rende che era stato bocciato ingiustamente dalla Regione Calabria.
Ho chiesto comprensione umana a qualcuno e questo qualcuno poi voleva in cambio della mia candidatura che firmassi un contratto di lavoro, di collaborazione e gli ho detto: grazie, sei stato gentile, premuroso, garbato, generoso, ma la dignità ha un limite oltre il quale c’è l’arroganza. E se decido di riferire il fatto forse qualcuno non si candida, perché è in palese contrasto con le norme etiche e giuridiche di questo Paese.
Alle volgarità si risponde con stile, altrimenti è la canea.
E mi pare di poter dire che il clima non è buono, si rischia grosso, dobbiamo evitarlo, tutti, senza distinzione.
La carneficina dimostra quanto livore, quanta violenza, rancori e forse anche interessi si celano dietro candidature che appaiono “linde” ed invece sono sostenute da violenti, da mestatori, ma hanno i voti e quindi si sopportano, si temono e si accettano.
I candidati a sindaco dovrebbero evitare tutto questo, alimentare un clima di aspra tensione democratica, ma non di violenza, di volgarità che offendono tutti, ma proprio tutti.

Francesco D’Ambrosio