Il Pd: un partito meridionale dove comanda il “cacicco”

Quella che segue è un’analisi perfetta di cos’era, cos’è e cosa sarà il Pd. Domani un altro milione e mezzo di perenni illusi andranno a votare per il nuovo corso. E poi sarà tutto come prima, anzi peggio. Poi tutti a illudersi per la conquista di qualche città – magari concordata con i “rivali” come è accaduto per esempio a Cosenza e a Catanzaro – fino alle prossime Politiche… E poi altro giro di valzer: è un eterno ritorno… 

Il Pd: un partito meridionale dove comanda il “cacicco”

Il 42% dei voti arriva dal Meridione, la Calabria pesa più di Veneto e Piemonte, il boom della piccola Basilicata, i casi Campania e Puglia

Di MARCO PALOMBI- IL FATTO QUOTIDIANO

Domani gli elettori del Pd si recheranno nei gazebo o simili per eleggere il prossimo segretario democratico attraverso le primarie: prima di chiedersi chi sarà tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, ha forse senso domandarsi “che tipo di partito si troveranno a guidare?”. Il Pd è infatti – con la Lega, che però ha una struttura “federale” – l’unico a fare un vero congresso. Oddio, diciamo la fotocopia funzionale di un congresso vista la banalità delle mozioni e il bizzarro processo di produzione del “Manifesto dei valori”, su cui si deciderà dopo (sic) l’elezione del leader. Com’è noto, i votanti totali tra gli iscritti sono stati 151.530, poco più di 2mila dei quali dall’estero: Bonaccini ha vinto con 79.787 voti e il 52,87%, seguito da Schlein (52.637 voti, 34,88%), Gianni Cuperlo (12.008, 7,96%) e Paola De Micheli (6.475 voti, 4,29%). E allora, che partito è quello che viene fuori dai voti congressuali? Proveremo a dare alcune risposte analizzando i risultati a livello regionale e locale.

A trazione meridionale. Dal Sud arrivano 62.298 voti di iscritti sui 149.512 totali in Italia: il 41,6% contro il 36,5% delle ex Regioni rosse più il Lazio (54.753) e il misero 21,7% del Nord (32.461), dove pure vive quasi il 40% dei residenti in Italia. Per capirci, la Calabria (7.523 voti) pesa più di Veneto (6.339) e Piemonte (6.025) pur avendo assai meno della metà della popolazione. E ancora: in Basilicata c’è stata un’improvvisa voglia di Pd essendosi registrati 5.558 voti congressuali, praticamente uno ogni 100 abitanti (1 ogni 250 abitanti in Emilia Romagna e uno ogni 750 in Lombardia).

Partito di governatori. Il Pd pare un partito assai sbilanciato sulle sue strutture di potere: oltre 68mila voti, oltre il 45% del totale, vengono dalle quattro regioni che governa (Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania). Si sale fino a 80.733 voti aggiungendo il Lazio dove i dem governavano fino a due settimane fa: il 54% dei voti congressuali contro il 40% scarso della popolazione.

L’effetto De Luca. In Campania si sono contati 16.462 voti di iscritti dem, circa mille in meno di Emilia e Toscana pur mancando le 6mila tessere congelate a Caserta. Napoli è di gran lunga la provincia con più voti d’Italia. Una valanga deluchiana che ha premiato Bonaccini al 70,7%, regalandogli da sola 7.700 voti di vantaggio su Schlein (28% del totale).

Emiliano vs Decaro. Anche la Puglia è democratica: 16.104 voti. Bizzarro che la provincia di Lecce con 4mila voti e spicci pesi più di quella di Bari e delle intere Marche e Umbria: col 56% in Salento è davanti Schlein, che ha vinto anche in provincia di Taranto, perdendo però la Regione nonostante il sostegno del governatore. Bonaccini, appoggiato dal sindaco di Bari, ha vinto col 50,4% in Regione e col 75,9% nel capoluogo (ma meno che a Reggio Calabria, dove supera il 77%).

De Micheli lucana. Al Sud, in generale, il “cacicco” domina coi suoi pacchetti di voti. Un buon esempio è il risultato di Paola De Micheli nella già citata Basilicata: 1.492 voti, il 23% del suo bottino nazionale, arriva dalla Regione e specie da Potenza, grazie ai buoni uffici di Vito De Filippo. Se a questi voti si aggiungono i quasi mille presi a Cosenza grazie al duo Adamo-Bruno Bossio si arriva a un terzo del risultato nazionale in sole tre province (e quasi a metà contando l’intera Calabria) che non sono certo i territori d’origine dell’ex ministra.

Le città. Bonaccini stravince in quelle del Sud, vince bene a Firenze e Torino, non benissimo nella sua Bologna e perde, a volte nettamente, a Roma, Milano, Genova, Venezia e in altri centri urbani maggiori al Nord. Insomma, dove il voto d’opinione prevale su cacicchi e/o struttura locale del partito il presidente emiliano fatica di più: questo può avvantaggiare Schlein domani se l’affluenza in queste zone sarà percentualmente maggiore rispetto al congresso (tanto più che chi si muoveva per le segreterie locali ha già fatto quel che doveva).

Insomma, cos’è il Pd? Un partito a trazione meridionale che in larga parte del Paese è in realtà una federazione di tribù e interessi di potere locale in precario equilibrio. Mantiene un qualche radicamento dove governa e in alcune zone ex rosse, è moribondo al Nord. Chiunque vinca, non si farà un regalo.

PS, per chi vuole approfondire. CACICCO. Dallo spagnolo cacique, termine d’origine cubana, dato ai capi tribù nelle Indie Occidentali, nell’America Centrale, nel Messico e nel Perù. Oviedo (Histgen., IV, p. 595) così lo spiega: “Signore, capo assoluto o re di una regione o stato”. Oggi alcune popolazioni del centro di Cuba designano così il reggitore decano di un comune.