Omicidio Bergamini. Gianluca Di Marzio: “Una vita spezzata da vigliacchi: vedere i colpevoli puniti non sarà mai troppo tardi”

L’11 marzo dello scorso anno al Chiappetta Sport Village di Rende è stato presentato il libro di Francesco Ceniti “Nel nome di Denis”, dedicato all’omicidio ancora impunito del calciatore del Cosenza Denis Bergamini. Hanno partecipato alla presentazione Michele Padovano e Gianluca Di Marzio. Il giornalista di Sky Sport ha anche firmato la prefazione del libro di Ceniti, che riportiamo di seguito. 

di Gianluca Di Marzio 

Non ho mai pensato, neanche solo per un secondo, che Denis si fosse tolto la vita. Mai. Perché ho avuto il privilegio di conoscerlo e mi sento fortunato. Io, figlio del suo allenatore Gianni ai tempi del Cosenza più forte della storia, e lui autentico trascinatore (silenzioso) di una squadra che non poteva fare a meno del suo equilibrio. Numero 8, come l’infinito. Quante chiacchierate negli spogliatoi dell’allora San Vito e nei ritiri estivi di Bressanone, e non perché avesse bisogno di farsi amico me per giocare. Trasmetteva serenità, non aveva bisogno di urlare, si dedicava spesso a farmi compagnia nonostante la differenza d’età, forse perché voleva semplicemente dimostrarmi il suo rispetto, con quel sorriso sincero e una parola buona per tutti quelli che gli stavano vicino.

Quando, quella maledetta sera, mio padre ricevette la telefonata della disgrazia, ricordo che eravamo a cena da amici, tornò a tavola sconvolto e mi portò in una stanza da solo. Non sapeva come dirmelo, ma già sapeva che non poteva essere vero. Rimasi scioccato per molte ore, persino la mia famosa parlantina decise di riposare. Ricordo i funerali, tanta gente l’avevo vista solo allo stadio esultare ai suoi recuperi da motorino instancabile. E invece, in quell’occasione, tutta Cosenza riempiva ammutolita ogni angolo che circondava la chiesa, mentre gli applausi e i cori interrompevano ogni tanto quella barriera d’incredulità.

In questi lunghissimi anni ho sentito spesso Donata, la sorella che non conosce la parola “resa”, e quel desiderio di verità ha unito ancora di più vecchi compagni e amici di quel gruppo che papà Gianni guidava come un fratello maggiore. Nel nostro piccolo, abbiamo sempre diffuso ogni iniziativa che potesse aprire uno squarcio, anche solo uno spiraglio, in questa triste e amara vicenda di mancata giustizia. Poi, all’improvviso, quella luce di speranza, coincisa paradossalmente con la perdita della mia guida per la vita. È stato uno dei primi pensieri, metabolizzando la morte di mio padre: adesso potrà rivedere il suo Denis, ritrovando anche Gigi Marulla e Massimiliano Catena, e capire cosa è successo. Perché la vita di un ragazzo che sognava semplicemente di giocare in Serie A è stata spezzata sul più bello. Nel modo più atroce. E senza prendersene la responsabilità, da vigliacchi: Donato Bergamini non si è suicidato ma è stato ucciso. Meritava di morire in pace, come adesso la sua fedele e incrollabile famiglia merita di sapere. E vedere i colpevoli puniti: non sarà mai troppo tardi, caro Denis.