In Calabria comanda la massomafia nonostante Gratteri. Tutti colpevoli, tutti in silenzio

Perché non parli? La leggenda dice che Michelangelo scagliò una martellata sul ginocchio del Mosè chiedendogli di parlare. Oggi verrebbe da fare lo stesso con tutti i nostri politici nazionali, regionali e locali. PERCHE’ NON PARLATE? Perché nessuno proferisce parola sulla sentenza di primo grado del processo Rinascita Scott esattamente come avevano fatto in occasione dell’ultima indagine Maestrale della Dda di Catanzaro? Eppure le notizie sono ed erano pesanti e si arricchiscono di particolari sempre più inquietanti sui legami tra le’ ndrine locali e certi politici calabresi. C’era addirittura chi diceva che nei brogliacci c’era “roba” così pesante da far cadere i palazzi che contano della Regione Calabria. E ancora una volta usciva fuori il nome di Giuseppe Mangialavori, che ormai anche a “casa” sua chiamano tutti Peppe ‘ndrina. Adesso hanno mandato persino la Commissione d’accesso antimafia all’Asp di Vibo ma in questo caso pure Occhiuto (!) si era sbilanciato, in pratica anticipando la “decisione”.

Ma torniamo all’ordinanza della Dda della seconda parte dell’operazione Maestrale nella quale si leggeva: “… A tale sistema di tutela dal lato criminale si aggiunge altresì quello istituzionale. Difatti sono stati ricostruiti tutti i rapporti emersi con i vari soggetti istituzionali e politici che hanno a vario titolo garantito il mantenimento di tale assettoIl sostegno elettorale fornito dalle strutture di ‘ndrangheta a Mangialavori e Pitaro non è motivato da logiche politiche, ma al contrario è sintomatico di un più ampio disegno criminoso dove queste compagini criminali cercano, proprio attraverso i canali istituzionali, di ottenere utilità volte all’accrescimento dell’associazione mafiosa della quale fanno parte…”.

Non è la prima volta che il nome di Giuseppe Mangialavori esce fuori in una indagine della Dda di Gratteri. Sia nell’indagine “Rinascita Scott” e sia in quella “Imponimento” esce fuori il suo nome. Mai indagato, però, pur essendo tre volte tirato in ballo. Ma basta per un politico di livello nazionale non essere indagato per mantenere una credibilità e autorevolezza politica? Per ora il suo coinvolgimento nelle inchieste è valso solo a scongiurare la sua nomina a sottosegretario, che non è poco d’accordo… ma Mangialavori fa ancora il presidente della Commissione Bilancio alla Camera ed è persino un membro della Commissione Antimafia, che equivale quasi ad assegnare a Dracula la presidenza dell’Avis…

Le varie vicende le abbiamo raccontate più volte e tanti altri nomi sono emersi dalla parole dei pentiti e dalle intercettazioni, compresa la sottosegretaria Wanda Ferro, alla quale le cene mafiose per drenare voti non hanno impedito la nomina.

Intanto Andrea Mantella, altro pentito, sempre nell’ìndagine Rinascita Scott tirava in ballo importanti politici del Vibonese che secondo lui sarebbero vicini alla ‘ndrangheta, facendo i nomi dell’ex assessore regionale di Forza Italia Nazzareno Salerno, dell’ ex consigliere regionale di centrodestra Vito Pitaro, dell’ex presidente della giunta regionale Giuseppe Scopelliti, dell’ex sindaco (e magistrato…) Elio Costa, dell’ex presidente della Provincia Gaetano Ottavio Bruni, dell’ex consigliere regionale e già vicesindaco di Vibo Salvatore Bulzomì, dell’ex capogruppo di Fratelli d’Italia nel consiglio comunale di Vibo Leoluca Curello, dell’ex assessore comunale di Vibo Vincenzo De Filippis e dell’ex consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino.

A sua volta Bartolomeo Arena tira ancora in ballo il parlamentare di Forza Italia Giuseppe Mangialavori, eletto nelle Politiche del 2018 ed in precedenza consigliere regionale e presidente del Consiglio comunale di Vibo Valentia. Nell’indagine Rinascita Scott Mangialavori viene tirato in ballo dalle parole del pentito Bartolomeo Arena rese alla Direzione distrettuale antimafia in cui parla dei suoi contatti tramite intermediari e amici con la cosca degli Anello di Filadelfia per un appoggio in occasione delle elezioni politiche del 2018. Nelle carte, tra l’altro, gli inquirenti coordinati dal procuratore Nicola Gratteri annotavano infine che dal 2018, l’anno delle politiche in cui Mangialavori è stato eletto al Senato”, la figlia di Tommaso Anello (considerato il boss al vertice del clan, ndr) è stata dipendente della Salus Mangialavori Srl (laboratorio di analisi cliniche) con sede in via Don Bosco a Vibo Valentia”. In più c’è la testimonianza del pentito Bartolomeo Arena.

Il nome di Giuseppe Mangialavori era già comparso nell’indagine “Imponimento”.  Anche qui attraverso delle intercettazioni escono fuori i contatti tra Mangialavori e la cosca degli Anello. “Ciononostante – rimarcavano i magistrati della Dda – non manca di importanza quanto emerso, ovvero che Anello Giovanni Prestanicola Daniele, soggetti appartenenti alla cosca, abbiano incontrato Mangialavori Giuseppe...”. Rapporti ribaditi da una sentenza della Cassazione nel processo “Imponimento” che scriveva chiaramente come il senatore di Forza Italia fosse stato sostenuto politicamente dal clan di Filadelfia retto dal boss Rocco Anello.

Per i particolari potete leggere il nostro articolo dell’epocahttps://www.iacchite.blog/calabria-2021-la-commissione-antimafia-come-una-locale-di-ndrangheta-ecco-come-sono-stati-eletti-dai-clan-mangialavori-e-la-ferro/

Quindi siamo già alla terza indagine in cui compare il nome di Giuseppe Mangialavori. Sempre su fatti specifici, su legami tra politica e ‘ndrangheta. Noi per anni abbiamo cercato di capire la cautela con cui si muoveva Nicola Gratteri, perché i suoi nemici erano sempre pronti alla fucilazione e alla sua gogna. Ci chiedevamo però come mai non è mai riuscito o quasi mai a sfondare il muro del livello politico. Ci arrivava vicino ma poi mancava sempre quel fattore in più che avrebbe potuto coinvolgere penalmente anche molti politici. Come mai nemmeno i reati di voto di scambio e corruzione elettorale sono stati formulati? Ma ormai dobbiamo farcene una ragione visto che Gratteri se n’è andato a Napoli.

La politica però non ha le stesse regole della magistratura. Le regole che valgono per la giustizia non sono le stesse della politica. Nel penale bisogna avere riscontri oggettivi e documentati mentre nella politica ci sono regole di trasparenza e di eticità che possono portare alla fine di carriere politiche ben avviate. Abbiamo già ricordato come questi episodi siano stati alla base dell’esclusione di Mangialavori dalla squadra di governo di Giorgia Meloni. E’ stata la stessa Meloni a porre un veto alla nomina di Beppe Mangialavori alla carica di un sottosegretariato di stato. L’imbarazzo è stato notevole. Eppure allora, sei mesi fa, ci fu una sollevazione da parte di tanto esponenti politici del centrodestra.

A partire dal Presidente della Regione Roberto Occhiuto che rilasciò dichiarazioni indignate:  “Non permetteremo che la macchina del fango, messa ancora una volta in moto a orologeria, nei giorni caldi delle decisioni legate alle ultime caselle dell’esecutivo, possa sporcare l’immagine della nostra regione e la carriera politica senza macchia di Giuseppe Mangialavori”.

Al parassita-presidente si unì subito a livello nazionale Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Saremmo all’anno zero della politica dovesse esserci un problema, addirittura un veto o un “no”, nei confronti dell’onorevole Giuseppe Mangialavori, che non è stato né condannato, né imputato, né indagato, né raggiunto da alcun avviso di garanzia”.

Tutti i colonnelli “fedeli alla linea” del partito  si schierarono in difesa di Mangialavori. Il capogruppo alla Camera poi dimissionato Alessandro Cattaneo esprimeva  solidarietà “al collega onorevole Giuseppe Mangialavori, raggiunto in queste ore da un fango mediatico che non fa bene a lui, alla sua famiglia e alla coalizione”.

In Calabria ci fu una sollevazione generale. Indignazione massima veniva espressa dagli assessori di Forza Italia della Giunta Regionale, Gianluca Gallo, Giusi Princi e Rosario Varì che parlarono di articoli diffamatori. Una cosa incivile. Indignati a loro volta i consiglieri regionali azzurri Giovanni Arruzzolo, Michele Comito, Valeria Fedele, Katya Gentile, Giuseppe Mattiani, Pasqualina Straface, Giacomo Pietro Crinò e Pierluigi Caputo: “Che nessuno si permetta di mettere in dubbio l’onestà e la correttezza di Giuseppe Mangialavori, una persona che non ha mai avuto a che fare con ambienti poco limpidi e che non merita di essere macchiato da schizzi di fango mediatico”.  Scesero in campo anche molti amministratori locali, sindaci e compagnia cantando del catanzarese.

E figuratevi se potevano mancare i sindaci del vibonese con in testa Maria Limardo di Vibo e Giovanni  Macri di Tropea: «Chi pensa di macchiare, attraverso articoli di stampa, l’immagine di una persona perbene, oltre che di un professionista stimato ed un politico eccellente, rimarrà deluso. Perché la verità emerge sempre, e la carriera politica dell’onorevole Giuseppe Mangialavori è lì a testimoniare che l’unico suo interesse è e resterà quello della crescita della nostra Calabria e della gente perbene che la popola».  E non poteva mancare la famiglia Gentile con il figlio Andrea in attesa di ripescaggio alla Camera: «Ha dell’incredibile quello che sta avvenendo.. Apprezzo molto e sostengo pienamente la vibrante protesta del nostro Presidente Roberto Occhiuto e di tutta la classe dirigente di Forza Italia”.

Naturalmente la Meloni se ne fregò dell’indignazione del piccolo Occhiuto e di tutta la compagnia azzurra calabrese e nazionale e Peppe Mangialavori fu fatto fuori. Mangialavori non entrò giustamente nel governo perché impresentabile, ci entrò invece Wanda Ferro anche lei però presente nelle intercettazioni.

Oggi tutti questi campioni indignati della democrazia infranta dove sono? Dov’è il piccolo Occhiuto diventato nel frattempo Ponzio Pilato? Dove sono i partiti di maggioranza, gli assessori, i sindaci indignati? Dove sono tutti costoro? E’ mai possibile che si faccia come gli struzzi e si metta la testa sotto la sabbia per non vedere ciò che succede? E che ne dicono i sindaci di Cessaniti, Mileto, Vibo Valentia, Filadelfia, Filandari, Pizzo e Nicotera? Che ne dicono del loro leader Peppe Mangialavori?

La cosa più tragica è comunque il silenzio delle forze di opposizione, del Pd, della sinistra e soprattutto del M5s. E’ mai possibile che i consiglieri regionali del Vibonese Raffaele Mammoliti, Antonio Lo Schiavo, e il (corrottissimo…) Tucci del M5s non abbiano nulla da dire al riguardo? Nasce il sospetto che la politica guarda sempre con attenzione a quei poteri che possono portare consensi facili. D’altronde è tutto così fluttuante e intercambiabile. Pensate un po’ voi, con quale faccia può parlare il Pd?

Prendete VITO PITARO, oggi all’ennesima piroetta politica tra sinistra, destra e ancora… sinistra! O Vincenzo Pasqua, già consigliere regionale di centrosinistra con Mario Oliverio e poi transfuga al centrodestra. O Francesco De Nisi, oggi consigliere regionale di centrodestra ma all’occorrenza anche di centrosinistra, ieri presidente della Provincia di Vibo Valentia col centrosinistra… Oppure Ottavio Gaetano Bruni, già presidente di Provincia di centrosinistra, poi consigliere regionale sia di centrodestra che di centrosinistra, segretario particolare di Agazio Loiero quando fu presidente della Regione. E ci fermiamo qui per non infierire oltre.

Nel Vibonese da tempo si respira un’ aria di omertà, di paura, di opacità e uniformità che avviluppa tutta la società civile, economica e sociale. E non è affatto esagerato affermare che oggi Vibo è come Gomorra, nonostante sette lunghi anni di presenza di Gratteri…