Cosenza, Gratteri e il ministero della Giustizia (ri)mandano il boss Patitucci al 41 bis

Francesco Patitucci

Per il boss di Rende Francesco Patitucci, 62 anni, storico esponente della malavita cosentina (legato prima al clan di Franco Pino, poi a quello di Ettore Lanzino e ora tra i boss della nuova confederazione tra “italiani” e “zingari”) è scattato nuovamente il regime del carcere duro, noto anche come “41 bis”. La decisione è stata presa dal ministero della Giustizia alla luce del suo coinvolgimento nel maxiprocesso Reset della Dda di Catanzaro nel quale è uno dei principali imputati e nel quale l’accusa lo individua come uno dei capi indiscussi della confederazione dei clan della ‘ndrangheta cosentina. Secondo quanto si apprende, Patitucci è stato trasferito dal carcere di Rovigo nel quale si trovava in un’altra struttura destinata ai detenuti in regime di “41 bis”. Non è la prima volta che a Patitucci viene sanzionato il carcere duro. Il 3 luglio del 2018 era stato l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ad applicare a Patitucci il regime detentivo speciale ex Articolo 41 bis O.P.

Cinque anni fa, subito dopo la notifica del decreto ministeriale, Patitucci era stato isolato e poi tradotto dalla polizia penitenziaria dal carcere di Cosenza alla casa circondariale di Viterbo. Francesco Patitucci allì’epoca era stato condannato a 30 anni di reclusione, con il rito abbreviato, per l’omicidio di Luca Bruni dal Tribunale di Cosenza. Successivamente però era stato assolto da questa accusa dalla Corte d’Appello di Catanzaro e scarcerato e di conseguenza era stata annullata la misura del 41 bis. Sulla sua assoluzione, tuttavia, era partita un’altra inchiesta che aveva coinvolto il giudice che lo aveva scagionato, Marco Petrini e l’avvocato di Patitucci, Marcello Manna, entrambi condannati in primo grado dal Tribunale di Salerno rispettivamente a 8 anni e 6 anni, per corruzione in atti giudiziari. In sostanza, Manna aveva pagato una serie di “mazzette” al giudice Petrini per ottenere l’assoluzione del suo assistito ed era stato persino immortalato nell’atto della consegna di una delle “mazzette” nell’ufficio del giudice Petrini a Catanzaro.

Patitucci, quindi, era stato nuovamente arrestato il 16 aprile del 2021 dopo la condanna all’ergastolo decisa dai magistrati della Corte di Assise di Cosenza perché ritenuto responsabile del duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti (quest’ultimo venne decapitato) avvenuto a Rende nel febbraio del 1986 in una abitazione secondo la procura antimafia nella disponibilità del padrino Patitucci.

Come se non bastasse, l’inchiesta Reset, scattata il 1° settembre 2022, aveva disposto un nuovo arresto per il boss e rimesso in discussione il suo regime carcerario e così la Dda di Catanzaro ha nuovamente richiesto e ottenuto il regime detentivo speciale per Patitucci. Intanto, il suo braccio destro Roberto Porcaro, ormai da tempo, ha scavalcato il fosso ed è diventato collaboratore di giustizia. 

La detenzione speciale oltre che al boss Patitucci è stata imposta con l’applicazione del 41 bis pure all’altro padrino rendese, Adolfo D’Ambrosio, ritenuto dai pm della Dda un malavitoso con ruolo apicale nell’area della città del Campagnano ed ai fratelli cosentini Luigi Abbruzzese (detto Pikachu) e Marco Abbruzzese (detto Lo Struzzo), esponenti della criminalità nomade e pure loro indagati in “Reset”.