Chiedere Giustizia non significa essere giustizialisti. Esistono tante definizioni di Giustizia: quella commutativa; quella distributiva o legale; quella vendicativa o punitiva; quella amministrativa; quella sociale e politica; quella sommaria; quella divina. Ma la Giustizia, qualunque sia l’attributo che l’accompagna, per essere esercitata, nel bene o nel male, ha bisogno, in una società che vuol definirsi civile, di un codice comportamentale (o Legge) condiviso da una comunità, e di un Giusto (Giudice) che traduca la Legge in azione giudiziaria.
Ma la Giustizia non è solo “impositiva e codificata”, è anche una virtù che dovrebbe risiedere in ogni essere umano, ma non tutti sono capaci di dare al prossimo ciò che è loro dovuto. E su questo dicevano bene i sofisti: “la giustizia è illusoria perché affidata alle leggi della città che spesso non proteggono l’offeso. Infatti spesso il colpevole con la forza della persuasione (che oggi si traduce in bustarelle e corruzione) riesce a convincere i giudici della propria innocenza”. Ma nonostante ciò l’idea di Giustizia resta, agli occhi dell’umanità, il giusto e positivo riflesso del Diritto.
Senza Giustizia nessuna pace, diceva il profeta Isaia: nessuna comunità può fare a meno della Giustizia, che nelle società evolute ed emancipate si traduce in uguaglianza. Tutti uguali di fronte alla Legge, che è (o dovrebbe essere) la garanzia del rispetto della Libertà di tutti. Ora, si può credere o meno nella Giustizia umana, del resto è un dubbio atavico che in tanti si sono posti e si pongono, ma è davvero difficile immaginare, all’oggi, una società senza la Giustizia. L‘Anarchia purtroppo (termine a torto usato in maniera negativa) non è stata ancora raggiunta. Diceva De Andrè: “…anarchico vuol dire senza governo, anarche… con questo alfa privativo, fottutissimo… vuol dire semplicemente che uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l’ha in se stesso), le sue stesse capacità”. Fino a che la coscienza umana non si eleverà all’Anarchia, l’umanità avrà sempre bisogno della Giustizia. E credere alla Giustizia, come virtù, non vuol dire essere giustizialisti.
Ma a Cosenza, e non solo, questo concetto viene spesso e volentieri strumentalizzato dai finti garantisti che tali diventano solo quando a finire nella rete della Giustizia umana sono i loro amici. Fino a che si invoca la Giustizia per i loro nemici il garantismo non serve, salvo poi dare del giustizialista a tutti coloro che osano dubitare dell’onestà dei propri beniamini: i famosi garantisti a convenienza, che a Cosenza sono tanti e stanno dappertutto, anche laddove non te lo aspetti. Difendere una persona cara da accuse che si ritengono ingiuste è onorevole e comprensibile, ma non è la sola verità giudiziaria a determinare l’innocenza o la colpevolezza di un individuo. Esiste anche la verità storica e quella dei fatti. E non serve, ad esempio, una sentenza di un tribunale, per dire che Mario Occhiuto è un bancarottiere seriale. Parlano i fatti. Così come non serve una sentenza per elencare tutti gli intrallazzi di cui si sono macchiati i Cinghiali. Parla la storia della città. Dare del giustizialista a chi sostiene la colpevolezza sociale di politicanti conclamati, significa, specie se la critica arriva da sinistra, essere loro complici. E questo non vale solo per i politici, ma per tutti quei soggetti che dall’alto delle loro prerogative pubbliche abusano, per lucro, del loro potere.
Come funziona il sistema Cosenza lo sanno tutti, e tutti conoscono qualche pezzotto da chiamare nel “momento del bisogno” che per il solo fatto di essere stati da loro favoriti diventano di colpo brave persone. Tutte le verità storiche sulle malefatte del corrotto, cancellate per un piacere. E un piacere deve sempre essere ricambiato. Anche negando, all’occorrenza, l’evidenza dei fatti, la verità storica, politica e sociale che inchioda l’amico pezzotto. Ecco il garantista a nonna fa questo. Non si schiera mai a difesa dell’uomo qualunque, scende in campo solo quando, in un modo o nell’altro, “l’accusato” è legato ai propri interessi. Che possono essere di varia natura: economici, di lavoro, di favori, parentali, amicali, politici. Per i garantisti a nonna cosentini i corrotti e i collusi non si trovano mai tra i loro amici, ma sempre tra gli amici degli amici di qualcun altro.
Dare del giustizialista ad un individuo, in una società civile, equivale ad una offesa. E’ come dargli dell’autoritario, dell’autarchico, del populista. Chiedere legalità e trasparenza per il bene sociale, non significa essere giustizialista. Del resto il finto garantismo sciorinato dal garantista a nonna, altro non è che la richiesta velata, nascosta, di impunità per i suoi amici degli amici: si sa, chi perde un amico degli amici perde un tesoro. E senza amici degli amici un sinni cantanu missi, l’amicizia prima di ogni altra cosa… garantisti sì, ma sempri tramiti amicizia.