Il proprietario del Twiga Flavio Briatore non sembra arrabbiato per le polemiche sui politici di Italia Viva nel suo stabilimento. Anzi. «Io pensavo di avere tre bravi direttori di comunicazione e marketing, ma ora ho capito che il più bravo è Carlo Calenda: ha messo il Twiga al centro dell’estate italiana», dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera. Nel colloquio con Candida Morvillo dice che le cene sono «tutta promozione. E naturalmente, in democrazia, non può essere un politico a dire con chi devi mangiare». Poi un altro colpo al leader di Azione: «Io credo che parlare di opportunità dai pulpiti di Capalbio non sia il massimo della credibilità».
Spiagge di destra e di sinistra
Briatore ricorda di essere stato a Capalbio «una sola volta, anni fa: è il regno dei radical chic, tutti romani, tutti gossippari, gente con un Dna diverso dal mio». Poi dice che lui dà l’esempio: «Intanto, il Twiga macina utili e diamo lavoro a 150 persone, dovrebbero copiarci tutti e Calenda dovrebbe piuttosto portarci a esempio. Che poi siamo di centrodestra è ridicolo: da noi passano tutti, come al Billionaire o come al resort di Malindi quando Giovanna Melandri disse che non c’era mai stata e poi spuntò la foto in cui ballava da noi. Dopodiché, io sono sicuramente più vicino a Giorgia Meloni che a Giuseppe Conte, a Calenda o alla signora del Pd Elly Schlein». E sui parlamentari di Italia Viva aggiunge: «Bonifazi frequenta il Twiga da anni, Maria Elena Boschi la conosco da anni, non vedo il problema».
Noi più fighi di chi va a Capalbio
L’imprenditore invita «a venire pure il direttore marketing Calenda, così vede che noi siamo sicuramente più fighi di chi va a Capalbio». Perché «là è una noia mortale, qui la gente balla, si diverte. Quelli di Capalbio vanno a ballare di nascosto a Montecarlo e al Twiga». Smentisce che Francesco Boccia sia stato nel suo locale. Così come Richetti, tirato in ballo ieri da Renzii: «Infatti, questo Richetti non lo conosco. Renzi, invece, in passato è venuto e ha pagato di tasca sua». Infine, riguardo la vendita delle quote da parte di Daniela Santanché a lui stesso e a Dimitri Kunz, è categorico: «E che c’entra? Daniela aveva delle quote e io e Dimitri le abbiamo comprate in parti uguali».