Era giugno del 2020 quando il Centro trapianti cellule staminali e terapie cellulari del Grande ospedale metropolitano tracciava una nuova via di speranza: la prima terapia che, in tutto il Sud, veniva effettuata con le Car-T. Una innovativa tecnica di modifica dei linfociti T che, così potenziati, riescono ad attaccare e distruggere le cellule tumorali, dimostrando nel tempo la sua validità al punto che oggi è stato tagliato il traguardo di trenta terapie improntate con questa rivoluzionaria tecnica. «Attualmente, la terapia Car-T è indicata in ematologia per la cura dei linfomi aggressivi refrattari/recidivanti a precedenti terapie e nel linfoma mantellare ed ancora per la leucemia linfoblastica acuta in pazienti pediatrici e giovani-adulti, fino all’età di 25 anni. Infine, da metà agosto, è possibile utilizzarla nei linfomi follicolari che non rispondono ad almeno due linee di terapia», ricostruisce il quadro d’insieme Massimo Martino, medico ematologo, direttore del Ctmo e presidente del Gruppo trapianti e terapie cellulari nazionale (Gitmo).
«La Car-T consente di dare una prospettiva terapeutica a pazienti con malattia avanzata che non rispondono a chemioterapie e immunoterapie convenzionali, senza alternative terapeutiche. Questa terapia innovativa richiede – sottolinea Massimo Martino – per la complessità organizzativa, gestionale e assistenziale del paziente, la creazione di una squadra multidisciplinare».
Un team di professionalità. L’ematologo clinico dei Centri Referral (ed in questo caso vi è un network tra le ematologie di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza-, il trapiantologo), il farmacista, il medico del Centro trasfusionale e tecnici e biologi che lavorano nel laboratorio di manipolazione per la gestione delle cellule ingegnerizzate.
“Ed ancora, nel caso di eventuali reazioni di tipo infiammatorio e neurologico, entrano in gioco più figure: il neurologo, il cardiologo, l’anestesista rianimatore e l’infettivologo, in grado di riconoscere e affrontare in maniera adeguata tali complicanze. Proprio per questo motivo – evidenzia Martino – da subito, nel nostro ospedale, abbiamo istituito il team che ingloba le aree di anestesia, neurologia, cardiologia, ematologia, medicina trasfusionale e farmacia che interagiscono tra loro in funzione della fase in cui si trovano. Tutto questo senza mai dimenticare il fondamentale ruolo che svolge il personale infermieristico che ha il “polso”, ora per ora, del paziente durante il ricovero”.
Trenta centri Car-T
Sono dislocati nel territorio nazionale. “Nel contesto di una terapia così innovativa – racconta Martino – è fondamentale che si condividano i dati e sono diversi gli studi prospettici multicentrici di vita reale, a cui afferiscono diversi centri sotto l’egida o la collaborazione delle società scientifiche. Il confronto proficuo tra i diversi centri ha come obiettivo l’ottimizzazione del trattamento in termini di efficacia e sicurezza, nonché di approfondirne la conoscenza biologica. Più sinergia c’è, meglio è”.
Gli studi internazionali e reggini
I primi, in corso, mirano a testare le Car-T in malattie ematologiche diverse che coinvolgono anche centri italiani tra cui il mieloma multiplo mentre al Centro reggino si deve la pubblicazione dei risultati del trattamento con Car-T nella leucemia linfoblastica acuta. “La ricerca è stata possibile mediante l’impegno di 4 giovani ricercatori che hanno usufruito di borse di studio sovvenzionate da Ail nazionale e da Ail sezione reggina e di Vibo. L’associazione continua ad essere essenziale per il nostro campo, non solo per l’assistenza che offre ai pazienti ma anche perché ci permette di fare ricerca anche nel profondo Sud…”.
Il domani
Non si parla ancora di guarigione, perché serve un follow up più lungo, ma per una quota rilevante di pazienti, per i quali non esisteva una cura alternativa, c’è una prospettiva concreta di cura che si mantiene nel corso del tempo. “Si tratta di aspettative che non hanno precedenti negli ultimi trent’anni della cura dei linfomi aggressivi, una notizia di grande rilievo per la comunità scientifica e soprattutto per i pazienti” conclude Massimo Martino. Fonte: Gazzetta del Sud