PD CALABRIA, IL PARTITO DEI MORTI VIVENTI
Il rinnovamento del Pd di Elly Schlein in Calabria ricorda il film “La notte dei morti viventi”. Un film degli anni Sessanta divenuto un cult in cui i morti risorgono e uccidono i vivi per nutrirsi del loro sangue. Migliaia di zombie assediano i vivi che tentano invano di resistere all’assalto.
In Calabria il rinnovamento del Pd sembra seguire questo canovaccio. Vecchi politici del Pd, scomparsi da tempo dalle cronache politiche, ritiratisi dall’agone politico, tentano di ritornare in pista per una seconda, terza, anche quarta a volte… vita politica. Certo, tutti abbiamo il rimpianto di molti amministratori della prima e seconda Repubblica, ma di quelli bravi, purtroppo il Pd sembra rispolverare solo quelli più discussi e divisivi. A settembre Elly Schlein venne in Calabria a chiudere la Festa regionale de l’Unità e fummo facili profeti ad indicare il solito gattopardesco rinnovamento di facciata. Intorno a lei, ad applaudirla ed osannarla tutto il vecchio gruppo dirigente regionale da Irto a Bevacqua e compagnia cantando. Tutti ex sostenitori di Bonaccini, quando era dato per vincente, saliti precipitosamente sul carro della vincitrice a sorpresa Elly Schlein. Le prime mosse del rinnovamento in Calabria sono state a dir poco infauste. In vista delle prossime elezioni nei principali comuni calabresi il Pd non ha trovato di meglio che puntare su vecchie figure spesso sbiadite e dimenticate. Per le elezioni amministrative di Vibo Valentia, sulla scia della venuta della Schlein, il Pd ha ufficializzato la candidatura di Enzo Romeo. Brava persona, ma di certo non il rinnovamento auspicato, già Presidente della Provincia a Vibo Valentia con una giunta che vedeva la presenza di Pietro Giamborino, uno degli imputati eccellenti del processo Rinascita Scott. Questo il nostro articolo di settembre ultimo scorso.
PD CALABRIA, LA MUSICA E’ SEMPRE LA STESSA https://www.iacchite.blog/pd-calabria-la-musica-e-sempre-la-stessa-ma-elly-schlein-lo-sa-chi-e-maduli/,
Adesso, in questi giorni, si sta realizzando un uno-due micidiale. L’assoluzione di Giuseppe Falcomatà fa ritornare in pista il sindaco di Reggio Calabria. Nicola Irto ne è entusiasta: un giovane nato vecchio… Dopo l’assoluzione ha dichiarato: “L’assoluzione per innocenza di Giuseppe Falcomatà e degli ex assessori della sua giunta è una bellissima notizia per la città di Reggio Calabria, per tutta la regione e per la democrazia… Siamo certi che, insieme alle forze di maggioranza, il sindaco Falcomatà saprà riprendere in mano il percorso di cambiamento radicale che da tempo aveva avviato a Reggio Calabria”. Comprendiamo il giubilo per l’assoluzione di Falcomatà, non vediamo però questo percorso di cambiamento radicale della città di Reggio Calabria che Falcomatà avrebbe intrapreso nei tanti anni del suo mandato di sindaco. Che lo andasse a dire ai cittadini di Reggio abbandonati a se stessi e alle prese con problemi gravissimi di vita quotidiana, dall’acqua alla spazzatura. Basta dire che qualcuno rimpiange addirittura Peppe Scopelliti, il sindaco che ha affossato i conti del comune di Reggio Calabria. Per tacere di altro…
Non contenti di tutto ciò, ecco che per le elezioni comunali di Lamezia Terme del 2025, ritorna la rediviva Doris Lo Moro. Prima un’intervista a tutto campo del prode Floro (già intervistatore a pagamento della sindaca di San Giovanni in Fiore…) alla tv del Corriere della Calabria, poi ieri le parole del segretario cittadino di Lamezia Terme, tale Gennarino Masi: “Doris è tornata, è pronta a scendere in campo e noi siamo pronti a sostenerla”. Più chiaro di così non si può. Doris Lo Moro, dopo aver dichiarato nel 2018 di volere uscire dalla politica, fa ritorno prepotentemente, occupando il proscenio politico lametino. Certamente chi ha studiato e messo in campo l’operazione non è uno sciocco, siamo a livelli alti dell’utilizzo della comunicazione politica. Infatti, in ambienti molto vicini al Pd, si sussurra che l’operazione Lo Moro nasca a Roma pensata e ideata dal noto faccendiere Nico Stumpo con il sostegno di Pier Luigi Bersani e di Roberto Speranza (sic!). Va ricordato infatti che la Lo Moro prima del suo ritiro dalla politica aderì a quella gran ciofeca di Articolo 1 uscendo con parole di fuoco dal Pd stesso. Nico Stumpo, quasi inutile sottolinearlo, è la peggiore sciagura per la Calabria ma anche per il povero Bersani.
Il problema del Pd è che crede ancora di essere il centro del mondo, stabilisce candidature in laboratorio senza verificare che ne pensino i potenziali alleati e tantomeno che ne pensa la gente. Di certo a leggere alcuni commenti sui post pubblicati su Facebook non sembrerebbe che la gente di Lamezia Terme abbia un ottimo ricordo dell’azione amministrativa e politica della Lo Moro.
Eletta sindaco di Lamezia nel 1993, viene riconfermata al termine del suo primo mandato. Rieletta il 15 novembre 1997 si dimette il 23 febbraio 2001 dopo tre anni. Dopo una prima consiliatura positiva, la seconda si caratterizza come burrascosa, alcuni cittadini di Lamezia ricordano ancora il municipio pieno di cittadini in fila per contestare migliaia di cartelle pazze con cifre assurde, esorbitanti e quasi tutte errate. Il malcontento montava e ogni giorno si sfioravano proteste eclatanti. Sperando in una via di uscita “onorevole”, la Lo Moro si dimette anticipatamente per candidarsi al Parlamento. Nelle elezioni del 13 maggio 2001 viene sconfitta nel collegio uninominale da Pino “parrucchino” Galati che raggiunge il 50% dei voti staccandola di quasi 10 mila voti.
Oggi lei asserisce di aver lasciato un buon ricordo tra la gente di Lamezia, ma purtroppo i fatti dicono ben altro. La botta è grossa e la Doris Lo Moro che era in aspettativa rientra in magistratura (a Roma con un distacco temporaneo a Messina) e scompare letteralmente da Lamezia. Arriviamo così al 2005 quando si candida nella lista degli allora Ds in sostegno di Agazio Loiero. Entra nella giunta Loiero come assessore alla Sanità, viene riconfermata dopo un primo rimpasto e si dimette da assessore nel novembre 2007, dopo due anni di gestione.
Sono gli anni in cui la sanità calabrese è nell’occhio del ciclone nazionale sia per i debiti accumulati e sia per la morte di alcuni pazienti in sala operatoria. La morte della giovanissima Federica Monteleone durante un’operazione di appendicite all’ospedale di Vibo suscitò la commozione generale e attirò l’attenzione sdegnata dell’opinione pubblica nazionale. Dopo 10 mesi seguì sempre nell’ospedale di Vibo la morte di Eva Ruscio, un’altra ragazza di 16 anni, morta per un ascesso alle tonsille. La sanità fa acqua da tutte le parti e solo la Lo Moro e Loiero non se ne accorgono. La Lo Moro in particolare si ostinò a negare la situazione debitoria pesante. Il governo nazionale dell’epoca aveva assicurato le Regioni che avevano contabilizzato l’esistenza di debiti, con contributi a fondo perduto e mutui agevolati (legge 64 del 2007 e legge 244 del 2007), quindi di tagliarne da subito una parte con coperture a carico dello Stato e di diluire nel tempo la restante parte.
La Regione Calabria non richiede questi contributi e per capirne i motivi usiamo le parole di Costantino Fittante, già deputato e consigliere regionale, che ne individuava le cause: “… Invece la Calabria non ha potuto usufruire di tali benefici perché l’assessore alla sanità dott.ssa Doris Lo Moro, ha negato l’esistenza di una situazione debitoria pesantissima che ci trascineremo per molto tempo e che dovremo per intero pagare come cittadini calabresi. Questo era il verbo della dott.ssa Lo Moro, che tutti dovevano accettare, a partire dai membri della Giunta, come sostiene pubblicamente Loiero: sotto la mia gestione alla sanità tutto funzionava alla perfezione, niente è fuori posto. Si scoprivano imbrogli (ricordate lo “scoop” dei 400 mila assistiti fantasma!) e si elaboravano programmi espansivi che cambieranno e innoveranno il sistema sanitario regionale e altro ancora. Un modello che addirittura bisognava esportare in tutte le Regioni italiane, come in maniera stupefacente affermò l’allora ministra Livia Turco. Tutte fantasie che nascondevano una realtà drammatica, ignorata o volutamente nascosta. Un piano della salute velleitario e frutto di pura esercitazione astratta perché privo degli indispensabili supporti economico – finanziari, poggiato per altro sul terreno franoso del deficit”.
Le parole di Costantino Fittante, scomparso a novembre 2021, arrivavano nel bel mezzo di una polemica accesissima tra la Lo Moro e Agazio Loiero sulle responsabilità del disastro sanitario in Calabria. Loiero accusava la Lo Moro di non aver saputo identificare il deficit economico e mettere in atto le giuste misure di contrasto, la Lo Moro affermava che si era dimessa da assessore perché impedita nell’opera di risanamento della stessa. Una polemica a babbo morto…
Facciamo un salto avanti a quasi 15 anni dagli avvenimenti che abbiamo ricordato e soprattutto dalla disfatta del centrosinistra nelle elezioni regionali del 2010 quando trionfò Peppe Scopelliti. Una sconfitta che così sintetizzava sempre Costantino Fittante: “Resta poco di positivo di quella esperienza e, purtroppo, molto di negativo: i debiti da pagare, la sanità da risanare, gli ospedali da chiudere. E, cosa politicamente grave, la consegna della Regione all’illusionista Scopelliti. Non può consolarci lo scaricabarile tra Loiero e Lo Moro. Polemiche che servono solo ad entrambi per allontanare le reciproche responsabilità ma che producono solo un più profondo turbamento e la rabbia per le occasioni inutilmente perdute”. Aggiungiamo a questo quadro idilliaco che una delle misure prese dalla giunta Loiero con assessore la Lo Moro fu quella, nel giugno 2007, di sopprimere l’Asl di Lamezia Terme e incorporarla in quella di Catanzaro con la denominazione Azienda Sanitaria di Catanzaro. Scelta che i lametini ancor oggi non digeriscono e non dimenticano.
Ma la politica si sa è quel campo in cui i demeriti diventano meriti, e la Lo Moro, fatto un passo indietro, subito dopo fa un bel balzo in avanti e nel 2008 diventa Parlamentare della Repubblica Italiana. Viene eletta alla Camera dei deputati nella lista del Pd. Fa il bis nel 2013 passando dalla Camera al Senato, così… per conoscere tutti i luoghi istituzionali. Di quegli anni si ricorda la sua campagna elettorale al Senato al grido “LA CALABRIA E’ FIMMINA”. Dopo due legislature anonime senza grandi iniziative parlamentari né nell’interesse dell’Italia, né della Calabria, né tantomeno di Lamezia Terme, il 18 gennaio 2018 decide di lasciare la politica e torna alla magistratura.
Eh sì, perché la Lo Moro in tutti questi decenni non ha mai lasciato la Magistratura. Diverse inchieste di periodici nazionali né hanno parlato. Scriveva l’Espresso nel 2011 in una inchiesta dal titolo emblematico “Magistrati di toga e di governo: quando il giudice entra in politica ma non si dimette”: ”… Porte girevoli invece per Doris Lo Moro. Dal 1988 ha esercitato una decina d’anni appena, peraltro a intermittenza: un quinquennio da giudice a Lamezia Terme, qualche mese a Roma alla sezione Lavoro, poi otto anni da sindaco (proprio a Lamezia). A seguire, ancora un po’ di qua e un po’ di là: di nuovo giudice nella capitale per altri quattro anni e dal 2005 la politica a tempo pieno, come consigliere regionale Ds e parlamentare Pd. Adesso, dopo due legislature, la senatrice è pronta per ricominciare il giro al Consiglio di Stato, dove Matteo Renzi vorrebbe nominarla”. Nomina non avvenuta, mentre avviene la nomina da parte del CSM a giudice di Cassazione, come riportato da un’inchiesta questa volta di Panorama del 13 ottobre 2016: “L’Italia degli intoccabili”. Non vorremmo sbagliare ma siamo ai tempi di Palamara Vice presidente del CSM.
Nel 2018 Doris Lo Moro finisce l’esperienza politica, avanza nei gradi della magistratura, ma non rientra nelle aule di giustizia. Infatti con decreto del Ministro della Giustizia del 16.07.2018 viene confermato il suo collocamento fuori ruolo organico della Magistratura per essere destinata, con il suo consenso, al Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della Giustizia, dove attualmente ricopre il ruolo di Responsabile dei Dati Personali per il Ministero.
Concludiamo con l’inizio dell’ inchiesta del tempo de l’Espresso: “Magistrati di toga e di governo: quando il giudice entra in politica ma non si dimette. Collocamenti in aspettativa che durano decenni. Dimissioni che restano un miraggio. Promozioni assicurate anche senza svolgere attività giudiziaria…”.
E ancora: “i “politici togati”, ovvero tutti quegli esponenti di partito che, pur non avendo intenzione di rimettere piede nelle aule di giustizia da dove provengono, sono in aspettativa da tempo immemore. Così da risultare a tutti gli effetti in servizio e maturare pure l’anzianità per la progressione di carriera. Come? In base a una semplice relazione della Camera di appartenenza relativa all’attività parlamentare svolta. E quando l’avventura finisce, nessun problema: tornano nei tribunali senza colpo ferire, e pazienza per l’immagine di obiettività e imparzialità che dovrebbe accompagnarli”.
Tutto normale, tutto legale, tutto possibile. Ma la nuova politica della Schlein che ha a che fare con tutto questo? E’ troppo chiedere se questo è il nuovo Pd di Elly Schlein? Manca solo il ritorno della famiglia Sculco a Crotone e di Mario Oliverio, magari nella sua San Giovanni in Fiore oggi occupata dai barbari e il rinnovamento del Pd decolla…
Naturalmente non ci arriverà alcuna risposta. I media di regime, sempre pronti a leccare il culo, possono anche dimenticare ma difficilmente la gente farà altrettanto. E certamente l’attuale sindaco Mascaro e i suoi scagnozzi, tra i quali il prossimo candidato a sindaco di Lamezia del centrodestra, ne saranno felici.