Calabria. Dai No Ponte a Corigliano-Rossano, i morituri lanciano segnali di vita (di Gioacchino Criaco)

Calabria, i morituri lanciano segnali di vita
(l’idea mortifera dello pseudo-progressismo)

di Gioacchino Criaco

“Muro a muro con l’ospedale”, è un detto calabrese colorito per definire i contorni tragici della situazione. Veste a pennello la condizione della Calabria, e un po’ di tutto il Sud. Il racconto che viene da fuori, Augias su tutti, spinge nella direzione dell’epilogo drammatico. Però solo chi vive dall’interno, chi è intimamente meridionale, coglie tutti i segnali dell’elettroencefalogramma. Spingere la diagnosi verso l’evoluzione ultima un po’ contribuisce alla fine, l’aiuta.

Eppure dal coma emergono scatti, non riflessi condizionati, che autorizzano il pensiero di una reversibilità del male. Per parlare di piccole cose, prendiamo l’aeroporto di Reggio: è bastato rimettere, aggiungere, voli, e il movimento passeggeri è tornato al volume pre-covid, i mille e più al giorno del 18, 19, con proiezione ai duemila quotidiani che erano i numeri degli anni precedenti quando si sfioravano i 600mila viaggiatori e Reggio valeva un quinto di Lamezia, non un ventesimo o un nuovo decimo. Certo, come negli anni passati, gli arrivanti vagano smarriti lungo il corso di Reggio perché non ci sono strutture sufficienti ad alloggiarli, che è il solito discorso di offrire gelati senza prima costruire le gelaterie. Sta tutto nella volontà, nel progetto, non nell’ineluttabilità del fato.

Le migliaia di persone che si mobilitano per le battaglie ambientali, nel no al Ponte, sono segnali di vita importanti in un tessuto sociale morente, che nemmeno in altre parti del Paese registra un’attività così rilevante. E nelle elezioni a venire: nonostante le proposte mummifiche di maggioranza e opposizione, emerge un dato innovativo per tutto il contesto nazionale.

Corigliano-Rossano, la terza città della Regione, propone un candidato, che ha precedentemente vinto, che è stato scelto dal territorio, a cui i partiti si adeguano. E non è una candidatura qualunquista, populista. Non è protesta. Stasi è una proposta, un progetto, una visione, traccia una rotta da seguire per stare meglio, non peggio, una ricetta alternativa contro la desertificazione, la riduzione a terra di servizio. E rappresenta un intero contesto sociale in tutte le sue parti, con ultimi e primi che convergono su un’idea di futuro.

E sebbene la morte si propugni da più parti, che più che la morte si vuole la resa totale a interessi che arrivano da lontano e a prebende a cui di nuovo aspira il potere locale (autentico cavallo di Troia della comunità meridionale).
Sebbene in tanti vorrebbero staccare la spina, il corpo non si è completamente rassegnato alla bara. Il battito sopravvive e il cuore potrebbe essere più reattivo di tanti desiderata.
E niente, i morituri potrebbero ancora impugnare la spada e sorprendere i leoni che già spalancano le fauci.