La nave Dattilo della Guardia costiera ha recuperato oggi nel mare Jonio, ad un centinaio di miglia dalle coste calabresi, altri 9 corpi, vittime del naufragio di una barca a vela partita dalla Turchia. Altri 8 corpi erano stati recuperati nei giorni scorsi. Gli 11 superstiti, portati a Roccella Ionica, avevano parlato di una sessantina di dispersi. Le vittime adesso salgono a 17.
Qualcuno dei naufraghi ha riferito di imbarcazioni passate senza fermarsi vicino al veliero in difficoltà. Si vedrà quello che emergerà dopo che i migranti, in gran parte ricoverati in ospedale, saranno ascoltati dagli investigatori del commissariato di Siderno e dalla squadra mobile di Reggio Calabria, che stanno cercando di capire quello che è successo.
Ad assistere le persone sbarcate ci sono anche team di Medici senza frontiere e di Emergency. «Le persone sopravvissute – racconta Cecilia Momi di Msf – sono ancora molto confuse. Tutte loro sono ospedalizzate in diverse strutture del territorio e non si rendono ancora conto chi dei loro familiari è vivo e chi invece è morto in mare. Interi nuclei familiari sono andati distrutti. C’è chi ha perso la moglie, chi un figlio, un marito, un amico o un nipote. Sono tutti in uno stato di forte trauma psicologico e fisico. Molti di loro hanno forti ustioni da sole, segno che probabilmente hanno trascorso diversi giorni sotto il sole». E nei giorni scorsi si era fatto sentire il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva. «Cosa sta accadendo – chiede – al nostro mondo? Com’è possibile continuare ad assistere a queste tragedie del mare che si ripetono ogni giorno? Com’è possibile tollerare ancora questi viaggi della morte, dove a morire sono esseri umani che cercano di sfuggire a situazioni di fame, di guerre, di diritti negati e, spesso, a morire sono i bambini? C’è tanta rabbia e indignazione. Queste tragedie avvengono davanti ai nostri occhi. Eppure nulla si muove. È alla deriva la nostra umanità. Serve un sussulto di umanità».