Il simbolo che più rappresenta il sogno industriale mancato è senza dubbio il pontile che avrebbe dovuto consentire l’attracco delle navi all’impianto chimico della Società italiana resine (Sir). Costruito nel 1971 e finanziato con i soldi arrivati in Calabria dopo la “rivolta” di Reggio con il “pacchetto Colombo”, misurerebbe 640 metri di lunghezza ma a un certo punto, nel 2012, è crollato in mare senza che mai nessuna nave lo abbia mai utilizzato per il carico e lo scarico. Sta tutta lì, nell’immaginario collettivo, la metafora del fallimento di un progetto che nei decenni si è tramutato in disastro ambientale. Il peccato originale sta nell’aver sacrificato l’agricoltura e il turismo sull’altare degli investimenti all’epoca concentrati sulla chimica industriale, nell’aver realizzato un’area industriale a pochi passi dal mare e da un Sito di interesse comunitario. Le conseguenze probabilmente non sono ancora del tutto quantificabili, ma ogni inchiesta della magistratura straccia pezzo dopo pezzo il velo di ipocrisia che ha sempre ricoperto la storia dell’area ex Sir, oggi intitolata a Benedetto XVI.
La storia come paradosso, dunque, per l’area ex-Sir di Lamezia Terme. L’ennesima, segnata fin da subito da un illogico disegno: una zona industriale realizzata in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale. In Calabria, a Lamezia Terme, si può: la contraddizione è realtà da decenni, la vicenda dell’area ex-Sir, che si trascina dagli anni 70, rappresenta ancora uno dei monumenti più emblematici dell’abbandono, del contro sviluppo e di una politica fallimentare che ha significato enorme spreco di denaro e stravolgimento, in negativo, di terreni di grande pregio agricolo.
Costa Nostra negli anni passati aveva posto opportunamente l’accento sul problema, come aveva fatto del resto anche Italia Nostra in precedenza. Aveva inviato alla Regione sotto forma di osservazioni al Piano regionale di gestione dei rifiuti le preoccupazioni in merito al forte interesse da parte di alcuni soggetti tendenti alla soppressione del vincolo paesaggistico posto nell’area ex-Sir. Italia Nostra e Cittadinanzattiva erano e sono convinte che il vincolo paesaggistico costituisca davvero l’ultimo baluardo a difesa dell’ambiente in una zona in cui la natura è stata già ripetutamente sacrificata sull’altare di una assurda ed incomprensibile industrializzazione, fallita ancor prima di nascere.
Italia Nostra è impegnata contro la richiesta di soppressione del vincolo paesaggistico, come Cittadinanzattiva regionale, ed è al fianco di tutte le associazioni che si muovono nella stessa direzione, spingendo per l’inserimento nel piano di bonifiche della Regione delle cinque aree ricadenti nella zona industriale, già sequestrate dalla Guardia Costiera. Ma figurarsi se questa classe di politici corrotti ha ascoltato il “consiglio”…
La relazione tecnica dell’Arpacal da cui emergono carenze costruttive perpetrate negli anni, rilevate sia negli atti progettuali che nelle opere realizzate rappresenta un fatto di gravità non trascurabile. Detto ancora fuori dai denti: angustia molto il sapere di rifiuti speciali industriali interrati – fibre di cemento eternit.
Senza “scomodare” i soliti ecodistretti, che pure qualcuno ha cercato di calare anche a Lamezia, tutti sanno che tra le aziende insediate nell’area ex Sir di Lamezia, circa il 20% avrebbe già a che fare direttamente o indirettamente col ciclo dei rifiuti e un altro 10% (su 90 aziende più di 30) presenterebbe cicli produttivi a forte impatto ambientale. In base a questi dati più che pensare alla rimozione del vincolo paesaggistico, sarebbe buona cosa offrire adeguate risposte a tali problemi.
La notizia di sversamenti in mare di policlorobifenili e diossine provenienti da un condotto dell’area ex-Sir ha già fatto cronaca e non certo da adesso.
Episodi del genere non solo non devono più verificarsi ma occorre una politica di controllo e di prevenzione che inibisca il ripetersi di manifestazioni così gravi.
Si chiudono gli occhi e le orecchie invece sul pontile consortile che cade a pezzi, nella più totale indifferenza e in un continuo susseguirsi di rimpalli di responsabilità. Su questi tema Italia Nostra è intervenuta, anche sulla stampa, più volte, così come Cittadinanzattiva. Si sta sgretolando in mare sotto gli occhi di tutti. Determinando problemi di impatto ambientale e grave danno all’armonia salutare marina e complessivamente più generale.
E così arriviamo all’attività di ispezione presso l’area industriale di Lamezia Terme ex Sir, durante la quale i carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme e il personale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria e dell’Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente della Calabria (ARPACAL) hanno lavorato insieme sul campo. E la lettura del comunicato “ufficiale” sbugiarda clamorosamente la stessa Arpacal e tutti i “buonisti” che cercavano di farci bene la storia delle alghe…
“… L’obiettivo principale dell’operazione è stato quello di eseguire controlli sia analitici che documentali su vari siti presenti nell’area, con particolare attenzione rivolta al depuratore di reflui urbani di Lamezia Terme. Questo impianto svolge un ruolo fondamentale, in quanto riceve i reflui di depurazione provenienti da diverse attività industriali nell’area circostante.
Al fine di garantire l’efficacia dei processi di depurazione e prevenire il rischio di inquinamento delle acque marine, i tecnici hanno eseguito prelievi accurati per verificare la conformità dei parametri delle acque in uscita dal processo di depurazione, oltre a quelli delle acque in ingresso. Quest’ultimo controllo è stato effettuato per escludere eventuali sostanze che potrebbero interferire con il normale funzionamento dell’impianto di depurazione.
Un’attenzione particolare è stata rivolta anche al canalone che scorre lungo l’insediamento industriale e che scarica direttamente in mare. In questo punto critico, sono stati eseguiti ulteriori prelievi al fine di individuare eventuali inquinanti ambientali. La presenza di tali dannose sostanze potrebbe essere la prima responsabile di diverse problematiche registrate sulla costa lametina, specialmente durante la stagione estiva…”.
Ed eccoci all’ultimo atto. Anche il sindaco di Lamezia Terme ha rotto gli indugi firmando un’ordinanza di sollecito al Corap che è molto più di un allarme…
Rifiuti e scarichi nell’area industriale di Lamezia, il sindaco Mascaro firma un’ordinanza di sollecito nei confronti di Corap. Nello specifico l’amministrazione comunale sollecita l’ente strumentale della Regione Calabria delegato allo sviluppo delle aree industriali (oggi in liquidazione) di “provvedere alla pulizia e alla manutenzione dei canaloni “B” e “C” e di tutti i pozzetti in cemento ubicati a ridosso dell’argine est del canalone “B”; di provvedere alla chiusura dei pozzetti privi di copertura. Tale chiusura per i pozzetti collegati a canali in disuso – si precisa nell’ordinanza – dovrà essere permanente cosi da evitare eventuali manomissioni. E ancora, di chiede di “provvedere allo smaltimento e/o avvio a recupero dei rifiuti presenti nel canaloni e pozzetti, attraverso il conferimento degli stessi presso impianti specializzati al loro trattamento e/o smaltimento ai sensi della normativa vigente, con tracciabilità dell’avvenuto corretto recupero/smaltimento tramite la compilazione dei formulari di accompagnamento; il recupero/smaltimento dei rifiuti ivi presenti avvenga tramite ditta autorizzata e che al termine delle operazioni di smaltimento copia dei formulari (1° e 4° copia) siano trasmessi al Comune”.
L’ordinanza firmata da Mascaro prende le mosse dal fatto che l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria il 7 agosto ha notificato la “Relazione sulla situazione ambientale dei Canaloni denominati “B” e “C” siti nell’Area “Ex Sir” di Lamezia Terme”, successiva a sopralluoghi effettuati nell’area in oggetto, in collaborazione con i Carabinieri Forestali, durante i quali sono emerse importanti criticità definite come “potenziale pericolo igienico sanitario”: il contenuto dei pozzetti e dei canaloni potrebbe, a seguito del verificarsi di piogge non intense, riversarsi direttamente in mare; i pozzetti, lasciati aperti, essendo direttamente collegati al canalone “C”, potrebbero essere usati per lo scarico illegale di rifiuti liquidi, che verrebbero così ad essere veicolati nel canalone “B” e quindi giungere in mare. Ed è facilissimo capire che tutti i condizionali usati dal sindaco sono soltanto una farsa perché questi scarichi sono andati e vanno ancora direttamente a mare. Una vergogna!