Arzura 4
di Gioacchino Criaco
Zitti sull’UniCal, che ad avercela si dovrebbe dire acqua in bocca, stringete le labbra, se si avvedono ci metteranno poco a sotterrarla insieme alla altre, poche, fonti, ancora esistenti. Nemmeno abbeverarci alla cultura potremo più.
A bocca chiusa, stiamo così, incredibilmente muti, avvezzi alle discese rispettiamo il patto del silenzio che non si capisce cosa ce ne venga in cambio, che alla fine anche quelli che danno in cambio non avranno più nulla.
Fuor dalla sciocchezza delle metafore, la crisi idrica del Sud è appena all’affaccio, al suo debutto completo si capirà il disastro in cui siamo finiti, e col Pnrr già passato senza ripari a condotte e acquedotti, per un futuro che è già stato, ed è stato guasto. Si comincia ad avvertire al filo dei rubinetti, se ne accorge chi sta in campagna, scendono le lacrime a chi ha investito tutto per le colture di qualità, i rimasti per fare belle cose fanno già delle docce in meno.
E non che questo governo regionale, ora stringo alla Calabria, sia peggiore dei precedenti, assomma tutte le falle dei predecessori e, fatto più grave, ha proceduto per annunci di eventi talmente mirabolanti che davvero, pur se incredibile, ha creato aspettative che corri corri, al consunto, sono già tutte svanite.
L’unica cosa che avanza è il deserto per un’umanità transumata, una terra rinsecchita, un’ondata turistica finita in secca.
Non si parla per coraggio, che avremmo dovuto averlo prima, da anteporre al bisogno. Si parla per l’ultimo scampolo di dignità che ci si ostina a conservare. Si parla per evitare la deriva completa, perché tutti, al di là delle colpe di ognuno, ci assumiamo la responsabilità di salvare il salvabile. Perché l’estate sarà lunghissima e non possiamo nemmeno dire di avere l’acqua alla gola.