Calabria. Arzura 9: “Un popolo che non provi a difendere il bene più prezioso è un popolo morto”

Arzura 9

di Gioacchino Criaco

I pastori guardavano il fosso in cui si sarebbe tumulata l’ acqua del Menta sputavano in aria e aspettavano che lo sputo gli ritornasse in faccia “Se ci fossero uomini imprecavano….”.
La coscienza di un evento che più dei segni da calendario rappresenti la successione di epoche, il passaggio definitivo da un tempo a un altro.
Un popolo che non provi a difendere il bene più prezioso è un popolo morto.
I figli che abbandonino la madre a corvi e iene troveranno il proprio posto all’inferno.
Comprendo che sia linguaggio vecchio, I devoti della modernità, gli asserviti alle dinamiche oligarchiche occidentali penseranno di potermi accoltellare facile, come fanno da sempre. Ma quando i tradimenti sono così grandi bisogna andare a mondi e linguaggi antichi. Sfidare i traditori sul piano fisico.
Se ci fossero donne e uomini, di quelle e quelli che hanno sacrificato tutto perché non finissimo a capo chino si potrebbe lanciare una sfida. Così restano minuscole disfide contro piccoli servitori.
Mentre il sangue azzurro della montagna esala dalla pozza del Menta.