Calabria. La crisi degli Istituti Tecnici Agrari: non c’è più la passione di una volta

Gli Istituti Tecnici Agrari: la loro fine è segnata, almeno in Calabria.

Caro direttore,

scrivo queste poche righe per sfogare il mio dispiacere sulla fine ingloriosa degli Istituti Tecnici in particolare gli Agrari, che un tempo “in giovane età” ho deciso di frequentare anche io per la mia formazione. Ho frequentato il G. Tommasi di Cosenza circa 20 anni fa: era una scuola che veniva scelta dalle famiglie che possedevano un’azienda agricola (la mia però non ero tra queste), venivano ragazzi da tutto l’hinterland di Cosenza, e questo era possibile poiché il convitto funzionava egregiamente (io non ne usufruivo, ma avevo la testimonianza dei miei compagni), ma veniva anche scelto da ragazzi come me, che vedevano nell’agricoltura un futuro sul quale investire e per questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno invogliato e spinto a frequentare un istituto tecnico (e non a seguire all’epoca la massa che prediligeva le scuole scientifiche).

All’epoca i nostri professori che praticavano da anni la libera professione e credevano in quello che facevano (agronomi di campo e non scrivania), ci inculcavano nozioni pratiche, ma ci illustravano anche le difficoltà reali che potevamo trovare e le opportunità che avremmo avuto (all’epoca eravamo ai primi inizi della PAC) una volta usciti da li sia come professionisti, sia come figli di imprenditori e sia chi avrebbe voluto continuare con gli studi universitari.

Oggi sono un Agronomo di campo e seguo diverse aziende, ma sono anche tre anni che insegno da supplente precario negli istituti tecnici, e qui arriva il mio rammarico. Ho avuto modo di insegnare al serale di Scigliano, all’istituto Agrario Majorana di Rossano, al Geometra di Paola. Ho trovato spesso studenti curiosi su quello che gli si insegnava, cerco sempre di inculcare i problemi reali che si troverebbero a gestire in un campo che spesso è ben diverso da quello scritto su un libro (quella del libro deve essere solo una guida), ma ho trovato anche colleghi di ruolo o precari con molti anni di servizio che sono ben distanti dalla realtà di “campo”, si approcciano solo a una didattica teorica fatta sui libri, priva di stimoli pratici, priva di passione per la materia che insegnano e spesso con nozioni poco aggiornate rispetto alla realtà, tutto ciò accompagnato dalla poca competenza dei presidi che gestiscono questi istituti (che sui social ne vantano le qualità per avere più iscritti).

Caro direttore, le scuole e in particolare gli Istituti Tecnici devono avere degli studenti che ti valutano non per il voto che il professore gli dà, ma bensì per le nozioni e le passioni che ti trasmette, devono ritornare ad avere una classe di professori che trasmettono agli studenti i problemi reali delle aziende agricole (oggi sempre più frequenti con il cambiamento climatico), devono formare imprenditori e non gente che vive di pura sussistenza dagli aiuti comunitari, deve avere docenti che abbiamo un curriculum fatto di esperienze di campo di almeno 5 anni, e deve essere guidata da presidi responsabili e coscienti del fatto che hanno in mano la formazione delle generazioni che porteranno avanti il settore primario in Calabria. Mi lasci concludere con un saluto citando solo i nomi di due miei professori (oggi over 70) a cui devo la mia passione “agricola”:  Agr. Prof. Vincenzo Rende e Agr. Prof Antonio Lettera.

Dimitry Reda, dottore agronomo