Omicidio Bergamini. “Tutti al funerale: un’esibizione di potere”. La telefonata mai fatta e la “vedova” nel pullman del Cosenza

La presunta telefonata di Denis Bergamini a Isabella Internò delle ore 16 del 18 novembre 1989 è clamorosamente falsa. L’avvocato Fabio Anselmo ne ha dato la prova nel corso della discussione di oggi. “Quella telefonata serve a restituire l’onore compromesso e il “possesso” di Bergamini. La gelosia è una brutta bestia: l’ossessione diventa persecutoria e sfocia in gelosia omicida in un contesto ambientale di onore o disonore. La possibilità di riparazione viene meno e la morte deve essere collegata alla famiglia Internò. Ce n’è bisogno per l’onore e per la vendetta. Tutti sanno che Denis frequentava casa Internò e ormai tutti sanno della storia dell’aborto riportata in maniera distorta”.

Ad appena poche ore dalla morte di Denis, Internò tra le 19,30 e le 19,40 ha riacquistato tutta la sua freddezza e addirittura, mentre parla con l’allenatore Simoni per comunicargli la morte del suo calciatore, trova il modo di dire: “Ma posso avere problemi? Mi può succedere qualcosa?”. Frasi perfettamente sovrapponibili a quei “Mi credi?” che dice quando incontra Sergio Galeazzi, compagno di squadra di Denis, al supermercato. Accompagnati anche dal rimprovero di non averla salutata subito: coda di paglia, consapevolezza di essere colpevole e timore di essere scoperta. Lei non pensa di chiamare i carabinieri o i soccorsi o di andare vicino a Bergamini, il suo unico pensiero è quello di andare via perché ormai tutto è compiuto. Ora è l’uomo mio, è di nuovo mio, è tornato: non mi sposa perché si è suicidato.

Al funerale sono tutti lì, i suoi parenti, la famiglia Internò, sono tutti schierati in prima fila e fare sfilate e parate. “Un’esibizione di potere e di onore restituito – ha detto Anselmo -. La gelosia è risolta e può partire la sceneggiata dei finti pianti davanti alla bara”. Ma non finisce qui. Internò sale sul pullman della squadra insieme ai compagni di Denis perché il suo desiderio è quello di far parte di quell’ambiente. Ora lei è la vedova e se è tale, le spetta anche di avere la sua auto, la Maserati, che chiederà in un vero e proprio delirio ai familiari di Denis. “Internò ha uno spessore emotivo piatto – rileva Anselmo -: fa paura, è cinica”.

Ma torniamo alla telefonata delle ore 16, l’alibi falso dell’imputata. La testimone che serve a Internò perché possa essere credibile sono due sorelle, due vicine di casa, Carmela e Barbara Dodaro. Le chiede di accompagnarla all’appuntamento sotto casa con Bergamini, come non aveva mai fatto. Una richiesta quantomeno strana. Dodaro le regge il gioco. La telefonata delle ore 16 la riceve Concetta Tenuta, la madre di Internò, Denis non ha telefonato quel pomeriggio a Isabella, ha parlato con un tale Andrea che ha parlato con sua mamma, che a sua volta ha parlato con Isabella… Le versioni sono tutte raffazzonate, tutte contraddittorie e le sorelle Carmela e Barbara Dodaro fanno parte involontaria di questa ricostruzione fallace.

Andrea, il misterioso intermediario della telefonata, è uscito fuori da una intercettazione ambientale tra Isabella Internò, sua figlia Giorgia, la sorella Katya e il cognato Gianluca Tiesi nella quale si dibatteva della versione da dare sulla telefonata. “Aveva citofonato?”; “Ha chiamato Andrea…”. Dunque, la telefonata non è mai esistita e l’appuntamento è stato comunicato da un’altra persona, che al momento è coperta dal mistero. Erano loro che cercavano Denis, non certo il contrario: l’alibi è falso, è un mendacio costruito come falso alibi. Internò chiama Carmela Dodaro per farsi accompagnare all’appuntamento per avere una testimone. Persino la madre la smentisce.