Martedì 1° ottobre 2024, ore 19.17. Pochi minuti dopo la lettura della sentenza che condanna Isabella Internò a 16 anni di reclusione come ideatrice e mandante dell’omicidio volontario di Denis Bergamini, aggravato dalla premeditazione e dai futili e abietti motivi, l’imputata accompagnata dai familiari lascia il Tribunale a piede libero, accompagnata dai suoi familiari e in particolare dalla sorella Katia e dal marito, il poliziotto in quiescenza Luciano Conte.
La Rai regionale ha trasmesso un servizio nel quale ha fatto ascoltare le urla femminili disperate – presumibilmente della stessa Internò e della sorella – nel tragitto dal corridoio del Tribunale al grande cortile sottostante. Subito dopo arriva un’ambulanza del 118. Sembra che il marito di Internò sia stato colto da malore e per questo motivo viene adagiato su una barella, dalla quale tuttavia si rialzerà dopo pochi minuti, senza particolari conseguenze. Del resto, se gli fosse capitato qualcosa di grave, lo avremmo certamente saputo.
LE URLA E IL MALORE (https://www.rainews.it/tgr/calabria/video/2024/10/isabella-interno-e-colpevole–bergamini-lex-fidanzata-condannata-per-omicidio-39552dbf-2fb7-4c56-a1bd-7f9acea9798c.html)
All’indomani della sentenza di primo grado, più ancora di Roberto Internò, cugino dell’imputata, per il quale, nel dispositivo, si è appreso che sono stati trasmessi gli atti alla procura di Castrovillari con l’ipotesi di reato di concorso in omicidio, e più ancora degli altri familiari che sono stati denunciati per falsa testimonianza, nell’occhio del ciclone c’è proprio lui: Luciano Conte.
Cosa farà adesso il poliziotto? Nel corso del lungo processo è stato sempre vicino alla moglie, fino ai drammatici momenti della sentenza di condanna. Ha persino deposto davanti alla Corte come “teste qualificato” e nel corso degli anni è stato anche indagato per favoreggiamento prima che la sua posizione venisse archiviata nel giorno in cui la moglie è stata definitivamente rinviata a giudizio per omicidio volontario pluriaggravato.
Le motivazioni della sentenza sono state una mazzata non solo per la moglie ma anche per il marito, già pesantemente attaccato e apostrofato dall’avvocato della parte civile Fabio Anselmo. Luciano Conte non solo ha sempre saputo tutto dell’omicidio fin dall’inizio, non solo era legato sentimentalmente alla Internò ben prima che Denis Bergamini fosse ucciso, ma potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione e nella premeditazione dell’agguato. Lo dimostra persino il suo foglio matricolare dell’epoca, quando lavorava nella Squadra mobile della questura di Palermo. La sua presenza tra Cosenza e Paola viene testimoniata ripetutamente nei mesi e nei giorni precedenti e persino in quelli successivi all’omicidio e non dev’essere certo un caso.
A questo punto, il poliziotto si trova davanti a un bivio. La moglie, pesantemente condannata e con il rischio sempre più incombente di finire in galera, è sola davanti alle sue responsabilità. Lui cosa intende fare? Mandarla da sola al massacro o assumersi le sue responsabilità di uomo dello stato? Un servitore fedele dello stato avrebbe l’obbligo di trarre anche lui le sue conclusioni davanti ad una sentenza. Ma la “caratura” del personaggio è ormai emersa in tutto il suo squallore nel corso del processo, durante il quale ha dato una prova continua di arroganza, cialtroneria e volgarità con pose sprezzanti e continue minacce a chi lo sbertucciava sui continui tradimenti della moglie e sul suo “stile circense”, con tutto il rispetto per chi svolge la professione.
Per definire compiutamente Luciano Conte ci viene in aiuto la smorfia napoletana che descrive quelli come lui con un numero e una definizione: 71, uomo di merda (omm’e merd in dialetto).
Il numero 71 nella smorfia napoletana viene rappresentato dall’uomo senza valore. L’uomo senza valore è una persona cattiva, disonesta, abietta ed egoista. Viene definito in questi termini in quanto manca di decoro e di dignità ed è sempre pronto a sferrare dei colpi bassi. È una persona da evitare come la peste e con la quale sarebbe meglio non avere nulla a che fare… Tocca a Conte adesso dimostrare se è un uomo di merda o meno. Noi la risposta la conosciamo già e più giorni passano più viene avvalorata dai fatti. Non si può vivere una vita “normale” col peso di un omicidio addosso. Luciano Conte e Isabella Internò per tutti questi anni hanno comunque vissuto la loro vita a piede libero e senza condizionamenti, ma dal 1° ottobre tutto è cambiato. E a questo punto se Conte continuerà la “recita” per prendere ancora tempo, a tutti sarà chiaro che alla sua faccia va abbinato il numero 71. Sempre e comunque a futura memoria.