Scontri post derby, storia di un tragicomico “trappolone”: dov’era la questura di Cosenza?

Da domenica sera 3 marzo a stamattina 8 marzo, siamo ancora in attesa di avere una versione ufficiale dagli organi competenti su quanto accaduto domenica sera a Rende, allo svincolo autostradale di Cosenza Nord. E la circostanza sta diventando tragicomica e grottesca.

Un nuovo video diffuso nella giornata di ieri tuttavia sembra fare definitiva chiarezza. Nelle immagini riprese da un cittadino cosentino e poi diffuse sui social, si vede arrivare la carovana di autobus di tifosi catanzaresi. Il primo dato è che, da quanto si vede, non c’è personale della polizia in testa al corteo. Giunti alla rotatoria i primi mezzi rallentano, pochi secondi e si vedono arrivare oggetti scagliati dai portici del Marconi nei pressi del Mc Donald’s. A quel punto alcuni catanzaresi scendono mentre continuano ad arrivare torce, fumogeni e petardi. A quel punto parte l’inseguimento. Non si vedono gli agenti della celere o i baschi verdi. Arriveranno solo poco dopo in assetto antisommossa. Dalle immagini l’unico presidio sull’area della rotatoria sembra essere solo un’auto dei vigili urbani. Gli interrogativi sulla gestione dell’ordine pubblico continuano ad aumentare.

SCONTRI, ESCE FUORI IL VIDEO DELL’AGGUATO (https://www.iacchite.blog/scontri-cosenza-catanzaro-esce-fuori-il-video-dellagguato-in-presenza-delle-forze-di-polizia/)

Ma le forze dell’ordine di Cosenza dov’erano? Dov’erano gli agenti della digos?  Stranamente nemmeno un’auto della polizia cosentina, neanche lo straccio di una “civetta” davanti al corteo degli autobus, aperto in maniera paradossale da un pulmino nove posti. Come mai la questura di Cosenza ancora non dà una versione ufficiale? Come mai gli arresti eseguiti sempre dai “gringos” della digos cosentina sono solo ultras di Catanzaro quando ci sono questi video che ci raccontano ben altra storia di quella raccontata da qualche fonte interna alla questura ai media cosentini e persino alla Rai Calabria? La domanda nasce spontanea – e non ce ne voglia nessuno – anche dopo aver sentito gli audio di alcuni ultrà cosentini rammaricati che “sono stati chiamati” ed alla fine ad essere presenti erano soltanto in pochi (forse una trentina, ma magari anche meno) e hanno fatto “quello che hanno potuto”. Ma da chi sono stati chiamati?

E poi c’è un aspetto ancora più tragicomico. A un certo punto, nonostante in testa al corteo non ci sia nessuna auto delle forze dell’ordine e mentre si sentono in avvicinamento quelle in arrivo con le sirene attivate, il cittadino che ha girato il video si chiede quasi sconcertato mentre il telefono riprende la zona da dove si registrano i lanci: “Ma chiri… su poliziotti? (Ma quelli sono poliziotti?)”. A chi si riferisce?

E’ istintivo pensare che, vista la mancanza di forze dell’ordine alla testa del corteo, ci fosse qualcosa di premeditato. Lo penserebbe chiunque vedendo quelle immagini e a volte a pensare male ci si azzecca. Il video sembra provare che tutto era organizzato e che di conseguenza la questura di Cosenza sapeva. A Catanzaro parlano di “trappolone” con una regia insospettabile ma quasi pacchianamente evidente, quasi da far cadere le braccia.

Perché? Noi non abbiamo risposte ma raccontiamo fatti e lo facciamo ancora una volta ripartendo dall’inizio. 

Da un lato il GOS (Gruppo Operativo Sicurezza) di Cosenza, ovvero il quartier generale della questura allo stadio San Vito-Marulla, si è riunito con un ritardo troppo grande per poter permettere l’organizzazione di una qualsivoglia attività di prevenzione, fatte salve alcune fantomatiche minacce di Daspo quando ormai oltre 500 catanzaresi avevano già fatto legalmente il loro biglietto per il derby. Mentre dall’altra parte c’è stata l’incapacità della questura di Catanzaro di limitare l’afflusso, verso la città di Cosenza, di tifosi sprovvisti di biglietto. Se c’è una parola che può riassumere quanto è accaduto – scrive giustamente Volt Calabria è: disorganizzazione o incompetenza (al lettore la scelta definitiva). Ma purtroppo non solo questo, perché i fatti ci dicono che a Cosenza è successo qualcosa di peggio.

LA COMUNICAZIONE DELLA QUESTURA DI COSENZA (https://www.iacchite.blog/cosenza-catanzaro-la-comunicazione-della-questura-per-i-tifosi-giallorossi/)

Le fonti giornalistiche di entrambe le città concordano che i “disservizi” sono iniziati ancora prima della partita, con i tifosi automuniti giunti da Catanzaro lasciati in balia degli eventi, in una zona che sarebbe dovuta essere presidiata dalle forze di polizia, senza alcuna informazione sul percorso da intraprendere per arrivare incolumi allo Stadio San Vito – Gigi Marulla.

Nonostante i Daspo promessi dalla questura di Cosenza, nessun controllo è stato effettuato all’ingresso del settore ospiti, con il risultato che quasi duemila persone sono riuscite ad accedere all’evento, senza biglietto o con biglietti di altri settori dello stadio. Alla fine della partita, poi, quando è stato il momento di far defluire i pullman della tifoseria organizzata si è verificato il grosso dei disordini, che degenereranno in poco tempo con l’assalto da parte di frange della tifoseria cosentina e lo scontro tra la tifoseria catanzarese e gli agenti della celere. E la questura di Cosenza, sempre quella che minacciava i Daspo, dov’era? Che faceva? 

Ancora oggi non lo sappiamo ma sappiamo invece che gli agenti della digos e della questura cosentina sono stati attivissimi – per usare un eufemismo – a pilotare l’informazione nei minuti e nelle ore successive ai fatti. Qualcuno dentro la questura di Cosenza ha alimentato una narrazione unilaterale dei fatti, volendo essere buoni, distorta e senza attendere la fine delle investigazioni. Che a questo punto diventano tragicomiche anch’esse. Ce n’è abbastanza per far cadere qualche testa nella questura di Cosenza? Altro che arresti e Daspo, qui se c’è qualcuno da punire seriamente sta proprio in quegli uffici di via Frugiuele ma soprattutto dentro il Gos dello stadio San Vito-Marulla. E ancora non è finita perché la verità, sia pure con colpevole ritardo, viene sempre a galla e ancora c’è molto da rivelare.