di Alessia Candito e Antonio Fraschilla
Fonte: Repubblica
Il Ponte che non c’è rischia ancora di costare 700 milioni di euro di penali destinati ai privati. Soldi che si aggiungerebbero all’investimento già avviato, e in parte speso, dal Mef per riattivare la Stretto di Messina, altri 360 milioni di euro. Il consorzio Eurolink, di cui fa parte Webuild, non ha ancora formalmente rinunciano al vecchio contenzioso avviato con lo Stato nel 2013 dopo che il governo Monti ha bloccato l’opera. Il decreto Salvini, che ha rimesso in piedi la vecchia gara privati inclusi, prevede che in cambio dell’avvio del nuovo progetto Eurolink rinunci al contenzioso arrivato al secondo grado, dopo che in una prima fase i giudici hanno dato ragione allo Stato.
Di certo c’è che nei giorni scorsi senza fare molto clamore il tribunale di Roma ha rinviato ancora la definizione del contenzioso Stato-imprese per il Ponte a giugno del 2025. Il decreto di riavvio del Ponte approvato dal governo nel maggio dello scorso anno subordinava la gran parte delle attività procedurali e societarie dell’iter del progetto alla rinuncia da parte delle società del consorzio Eurolink delle istanze di indennizzo e danno. Dalla Stretto di Messina dicono che “la rinuncia avverrà una volta che il progetto aggiornato e definitivo sarà approvato dal Cipess con la firma di un nuovo contratto con i privati”. Ed è questo un altro punto chiave: a oggi nessuno conosce le interlocuzioni tra la parte pubblica, la Stretto di Messina, e i privati sulle cifre in ballo che Eurolink chiederà per aver aggiornato il progetto a tempo di record, e con molte cose non chiare come emerso in commissione Via.
Il rischio a oggi, in caso di mancata approvazione del progetto definitivo, è che lo Stato si trovi a pagare due volte: per il vecchio contenzioso e per il lavoro comunque fatto dai privati per aggiornare i documenti. Se invece il progetto aggiornato verrà approvato dalla commissione Via (la decisione è attesa a metà novembre), e poi dal Cipess, lo Stato dovrà pagare con cifre non conosciute ancora i privati: anche se, sempre dalla Stretto di Messina, assicurano che l’aggiornamento non potrà mai superare del 50 per cento i costi previsti dal vecchio contratto. Lo stesso dicasi per la realizzazione complessiva dell’opera.
Intanto comunque il contatore delle spese per lo Stato non si è mai fermato per il Ponte che non c’è. La Stretto di Messina è tornata in piena attività, con assunzioni e incarichi esterni: l’ultimo è stato affidato all’avvocato Guido Alpa, “maestro” di diritto dell’ex premier Giuseppe Conte, per fronteggiare la causa fatta da 104 cittadini messinesi contro espropri e danni ambientali: compenso, 25 mila euro.