Egregio Direttore,
Mi rivolgo a Lei per raccontarle un episodio inabile accadutomi presso il Tirrenia Hospital di Belvedere Marittimo. La vicenda mi solleva preoccupazioni sul rispetto della dignità delle persone che si rivolgono ai servizi di emergenza da parte, nel mio caso, di un medico.
Premetto che ho dovuto dirigermi al pronto soccorso poiché il mio compagno avvertiva un fortissimo mal di testa, formicolio alle mani e senso di nausea; per cui ho pensato a qualcosa di molto serio. Probabilmente a causa dello spavento causato da tale malessere del mio compagno, mi si sono irrigidite gambe e mani durante il tragitto.
Non so dirle neppure io come sia riuscita a giungere in pronto soccorso, vista la difficoltà di guidare in quello stato.
Tuttavia, una volta giunta, ho incontrato un medico che si stava già trattenendo nel piazzale antistante il pronto soccorso: non so dire con certezza se fosse di turno proprio al pronto soccorso o meno. Sta di fatto che questo medico dapprima giunge in soccorso del mio compagno e in seguito mi si avvicina per prestare soccorso anche a me.
Mi domanda, dunque, quali sintomi avvertissi ed io gli spiego che durante il tragitto, appunto, mi si erano irrigidite gambe e mani e avevo un forte senso di nausea. A questo punto il medico, nonostante gli avessi già spiegato che questa condizione mi era sopraggiunta durante il tragitto e causata da una forte paura, mi domanda: “hai litigato con il fidanzato?”; fidanzato che aveva soccorso egli stesso pochi minuti prima con la febbre a 41 gradi.
Allora io gli chiedo il motivo di quella domanda, che in quel momento non era inerente e necessaria visto che era più urgente aiutarmi a scendere dalla macchina e riprendermi. Questa mia risposta, però, suscita nel medico una reazione del tutto sproporzionata, tanto che mi ribatte arrogantemente: “e perché mi rispondi cosi adesso?”; e decide di allontanarsi, lasciandomi in macchina da sola ancora in quello stato di forte difficoltà (in preda a quello che in seguito si é rivelato essere un attacco di panico) solo perché si è infastidito per la mia domanda.
Alcune persone lì presenti, ancora con sguardo sbigottito per la scena appena accaduta, hanno dovuto aiutarmi a riprendermi e a spostare la macchina, visto che il medico, come ultima affermazione, mi rimprovera di spostarla. Dunque, il medico,invece di garantire la continuità delle cure e del supporto medico, ha deciso di abbandonarmi in condizioni di evidente difficoltà e senza provvedere alla necessaria assistenza.
A seguito dell’accaduto, trascorso diverso tempo e dopo che piano piano mi ero ripresa, ho tentato di parlare circa quanto successo con un direttore sanitario ma mi è stato risposto che in quel momento non si trovava in ospedale. Addirittura un signore, che mi si è presentato come un membro dell’amministrazione, mi si è avvicinato rimproverandomi di “avere pazienza”, come se non avessi voluto rispettare il mio turno. Nel frattempo tale medico era sparito, ma successivamente l’ho ritrovato all’esterno della struttura con ancora il camice indosso ma senza cartellino, escludendo la possibilità di sapere il suo nome. Ho allora deciso di avvicinarmi per chiedergli il motivo del suo precedente comportamento e questo, nel tentativo di giustificare la propria condotta, ha dichiarato in modo arrogante e teatrale che io fossi “pazza”, cercando di invalidare la mia versione dei fatti come non attendibile poiché inventata da una pazza. Ha addirittura iniziato a chiedere a tutti i presenti – e, specifico, tutto sotto gli occhi di colui che mi si era presentato come un amministratore, che non ha mosso un dito- la conferma della mia presunta pazzia; anche a coloro che avevano assistito alla scena e mi avevano aiutato a spostare la macchina. Ha poi concluso questo suo gesto consigliandomi platealmente di “andare da uno psicologo” mentre rientrava in struttura.
Questa definizione ha quindi ulteriormente sollevato domande sull’atteggiamento etico e professionale di questo membro del personale medico, che , in quanto tale, dovrebbe sempre dimostrare comprensione e rispetto verso chi si trova in una condizione di fragilità, proprio come la sua stessa professione gli suggerisce. In aggiunta mi domando se, a questo punto, avrebbe riservato il medesimo trattamento anche ad un paziente di sesso maschile; poiché alla luce di quanto accaduto, specialmente l’offesa gratuita e ingiustificata che mi ha mosso per discolparsi, mi potrei aspettare anche questo tipo di atteggiamento.
Mi preme, però, specificare che questo è il caso di un singolo medico. Infatti Il medico del turno successivo -il dott. Cauteruccio (ne ho letto il nome sul cartellino…lui lo aveva!)- assieme agli infermieri, sono stati ampiamente professionali, diligenti, gentili e umani, fornendo un’assistenza sanitaria empatica e rispettosa, soprattutto in contesti di emergenza, dove la fiducia tra paziente e medico è fondamentale.
RingraziandoLa per l’attenzione le porgo i miei più distinti saluti.
Lettera firmata