Vibo. La versione dei “piazzapiattisti” (di Rocco Tripodi)

La versione dei PIAZZAPIATTISTI

di Rocco Tripodi

Mentre i POLITICI, per il timore che qualche nemico li possa ascoltare, tacciono sui cantieri, e i PROGETTISTI, con mistico distacco, spezzano il pane della Scienza e della Conoscenza, la GENTE COMUNE, sui Social, invece si confronta, combattendo appassionatamente l’eterna battaglia del bello e del brutto, del mi piace e non mi piace. È a questi ultimi che vorrei dire la mia: quale sia la centralità metafisica della BELLEZZA lo ignoro.

Anzi, ritengo che la ricerca della BELLEZZA sia una forma di ONANISMO letterario, per cui lascio che ad appassionarsene siano Kant, piuttosto che Tinto Brass o Paolo Sorrentino. Il giudizio di bellezza per qualunque cittadino così per come viene espresso, non tiene in alcun conto l’esistenza di uno strumento normativo che è il Regolamento edilizio il quale impone il rispetto della qualità, della corretta messa in opera, della tenuta dei materiali, del contesto storico e urbano e dell’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza verso tutti, in particolare le categorie PROTETTE.

Questi si chiamano Obblighi, e non sono né belli né brutti. Un coltello fatto con acciaio temprato al cromo e radica di noce, è oggettivamente bello. Ma, se la lama non è fatta con l’acciaio bensì con il legno e il manico viceversa con l’acciaio, in quel caso, può o non può piacere; certamente però la sola bellezza non può bastare per attestarne un giusto utilizzo. E poi se lo conservi in un bel fodero in cuoio, è corretto; se invece lo riponi tra le tenere costolette di nonno Celestino mentre attizzato, tra un piriticchio e l’altro, si gusta Mara Venier, beh…non si fa!

Credo che la bellezza serva spesso a distogliere l’osservatore da una più severa valutazione sulle imperdonabili criticità progettuali, tecniche ed esecutive che cercherò con parziale sintesi di sottoporre all’attenzione, specificatamente a piazza Santa Maria.

L’ACCESSO carrabile da CORSO VITTORIO EMANUELE: qui l’imbocco largo 4 m ha ben 3 livelli; piastrelle di 3 cm di spessore non idonee a sopportare il passaggio di veicoli; le auto, inserendosi devono curare di non incappare a sinistra nello spigoloso rialzo che corre lungo tutta la piazza, a destra dove si inizia con un primo salto invisibile, come invisibili, perché mimetizzatl dall’uso dello stesso materiale di un unico colore, sono i gradini del bar che hanno già provocato diverse cadute;

alberi che crescendo entreranno nei balconi e con loro chiunque e qualunque cosa; marciapiedi anche questi con piastrelle dell’onnipresente impasto di pietrisco frullato e impastato con malte varie, color grigio/nero, privati degli antichi cordoli di granito serrese, fatti scomparire, in tutta la piazza e anche in quella Del Lavoro; marciapiede che si interrompe, come anche la strada carrabile, improvvisamente, con una rampetta gettata là per farla durare giusto il tempo di superare l’inaugurazione; gli ultimi venti metri della piazza non sono stati pavimentati, ma lasciati col vecchio bitume.

L’ACCESSO pedonale lato chiesa, lì dov’è c’era il Marciapiedi, sopraelevato rispetto alla piazza, dopo un primo tentativo, abortito, di inseguire geometrie fantascientifiche, hanno optato per una piccola trincea, altezza 30 cm, difficile e pericolosa da scendere e salire. Questo tracciato pedonale (non marciapiedi) scende disuniformemente, fagocitando il primo dei 3 gradoni della chiesa, azzerando il significato altamente simbolico che il 3 aveva nella progettazione dei templi cristiani dell’ epoca. Tracciato piastrellato che termina con una restatina del vecchio marciapiede, un pezzo di calcestruzzo, un pezzo di bitume e un pezzo di ghiaia impastata. Piastrelle dappertutto posizionate con pressapochismo e imperizia con angoli vivi e salti, dislivelli e improvvisi mutamenti di quote, vere trappole per tutti, auto, bici, pedoni, disabili. Criticità reali, non punti di vista, che nonostante i mille solleciti, nessun politico e nessun tecnico hanno voluto contestare al progettista.

Una Variante prima chiesta, accolta, poi rifiutata, poi inviata, quindi mai ricevuta, alla fine, sembrerebbe, mai deliberata. A meno che per variante non si intenda quella sorta di sarcofago frangiflutti (un concentrato di COSA NON È SICUREZZA), messo lì forse per dissuadere le auto ad accedere nella piazza attraverso il rampone a fianco, difficile da superare anche per il pedone. E poi al CENTRO della piazza quella sconcertante e indecifrabile alzata di quota (oltre che di ingegno) di cui non se ne coglie l’utilità.Una spiegazione io l’ho data e pubblicata e non sono mai stato smentito: Non si tratta di una scelta stilistica, ma di un RATTOPPO. Dovendo posare per la prima volta una pavimentazione, occorreva far passare lungo tutta la piazza la rete elettrosaldata con conseguenti gittate di cemento a copertura e per il fissaggio della pavimentazione stessa. Tutto ciò comportava un massiccio lavoro di sbancamento e sversamento di tonnellate di materiale, che però avrebbe consentito di conservare la vecchia quota. Ma scavando in profondità, si sarebbe prospettato il rischio di andare a scoperchiare siti di interesse archeologico che già erano stati evidenziati e attenzionati dalla Soprintendenza. Ragione questa per cui hanno deliberato di abbandonare il rispetto delle quote, con buon risparmio di tempo e danari, e senza contenziosi con il Soprintendente.

Ecco perché abbiamo la prima piazza con i Marciapiedi più bassi della p.zza stessa. Una piazza che non ha più gli spazi sufficienti a contenere un mezzo dei vigili del fuoco e pavimenti che lo sopportino. Gli ARREDI. SIGARETTE luminose, studiate per non illuminare, un richiamo subliminale e uno spreco di energia elettrica; un enorme bidè la cui inutilità è evidente – sulla bellezza non esprimo giudizi; le panchine, scomode, con mezza spalliera sbilancia, al sole, a filo con la strada. Di spunti per esprimere giudizi ne ho dati. Chi legge non si limiti a scrivere : l’articolo mi piace, l’articolo non mi piace, ma provi a dare un giudizio di merito sulle scelte progettuali, sulla qualità dei materiali e sulla esecuzione dei lavori, dopodiché assolva o condanni motivando.