Finalmente il dramma di Serafino Congi a San Giovanni in Fiore è diventato un caso regionale. La dilagante partecipazione della Città di San Giovanni in Fiore alla manifestazione di protesta di ieri sera con migliaia di cittadini che sono scesi in piazza per dire no allo schifo del sistema politico che affossa la sanità pubblica per favorire quella privata, è stata un pugno nello stomaco di tutti, media di regime compresi…
Una morte evitabile, se solo ci fosse stato un medico a soccorrerlo. Ma dei sei in pianta organico nel piccolo centro montano calabrese di San Giovanni in Fiore ce n’era solo uno ed era impegnato in un’altra emergenza. Così Serafino Congi, appena 48 anni, in ferie in Sila con la moglie e le due figlie di 7 e 10 anni, è rimasto senza nessuno che si potesse occupare di lui né trasportarlo nell’ospedale più vicino. Niente medico niente ambulanza. E niente elisoccorso. Per tre ore Serafino, con un infarto in corso, è rimasto ad attendere il mezzo del 118 partito dall’ospedale di Cosenza. Ma non ha fatto in tempo ad arrivare al pronto soccorso. E’ morto sulla lettiga dell’ambulanza tra la disperazione dei parenti.
In Pronto Soccorso un solo medico… perché agli altri pare sia consentito lavorare da lunedì a venerdì e, nei weekend, a casa o magari in strutture private a rimpinguare lo stipendio…
Certo è che si è perso tempo prezioso… e Serafino Congi è deceduto in ambulanza mentre veniva trasferito d’urgenza dall’ospedale della città silana a quello di Cosenza. D’urgenza… si fa per dire.
Perché sono tutti bravi ad autoincensarsi in tempi non sospetti ma, al momento del bisogno, la tanto decantata macchina dell’emergenza-urgenza, incappa nella solita burocrazia, nell’inettitudine e nell’incapacità di chi doveva organizzare e assicurare un servizio e invece lo ha fatto male o non lo ha fatto del tutto.
È in questi momenti che allora ci si chiede il senso del perché tante ambulanze e tanti autisti se poi, quando servono, nessuno è libero?
Perché tante postazioni territoriali dopo oltre sei mesi tardano ad essere operative e persino le ambulanze di base, dopo oltre sei mesi, operano senza convenzione?
Perché nei Pronto Soccorso, in questo caso quello di San Giovanni in Fiore, si dà possibilità ai medici di passare i weekend a casa, lasciando il reparto con un solo medico di turno che non sa dove spartirsi prima?
Perché, vista la carenza di medici, non si dà possibilità, agli infermieri che operano nell’emergenza urgenza (altrettanto capaci), ruolo e mansioni di “paramedico” sulle ambulanze dove operano, come ad esempio in America?
La moglie Caterina ha raccontato la sua odissea alla Rai calabrese: “Tutto è cominciato dopo pranzo. Serafino si è sentito male, diceva di sentirsi soffocare e insisteva per andare al pronto soccorso di San Giovanni in Fiore. Andiamo e nonostante i sintomi e la forte agitazione gli danno un codice giallo. Due ore dopo ci dicono che ha un infarto in corso ma l’ambulanza per trasportarlo in ospedale non può partire perché non c’è neanche un medico. Quando arriva quella da Cosenza è ormai buio, sono le 18.15, sono passate tre ore dal nostro arrivo al pronto soccorso. Serafino muore in ambulanza alle 18.50. Adesso chiedo solo che si faccia sulla luce su questa morte assurda, sul perché un comune montano difficilmente raggiungibile possa essere lasciato senza medici”.
Il primo punto da chiarire sarebbe proprio perché l’uomo sia stato trattato in pronto soccorso a San Giovanni in Fiore come un codice giallo e non rosso, nonostante il malore accusato e i sintomi riconducibili a un infarto. E poi l’attesa, estenuante, di un’ambulanza. Un mezzo arrivato dopo 3 ore dall’ingresso in ospedale. C’è tutta una comunità, quella di San Giovanni in fiore, che si è stretta attorno alla famiglia. Basta con le illusioni e le bugie.