Gli anni giudiziari e i carcerati (di Gioacchino Criaco)

Gli anni giudiziari e i carcerati

di Gioacchino Criaco

A stringere, come sempre, come in tutto, più che di Leggi che risolvano servono uomini che sappiano risolvere avendo in mano, insieme, codice e senso d’umanità. Nemmeno le Leggi migliori migliorano i peggiori, i migliori rimangono tali sotto l’egida di Leggi inidonee.
Ci sono i giudici, i magistrati, spesso tutti si dimenticano dei carcerati che, innocenti o colpevoli, sono sempre uomini, anche in una nazione che appare via via dei senza perdono, cresiari compresi.

In Occidente non esistono carceri più buie delle nostre, e non è che in Italia ci siano più crimini o criminali, tutt’altro, e non è che in Italia, però, ci sia la mafia: i detenuti per mafia sono una percentuale piccola della popolazione detenuta, ma sulla loro narrativa si è costruito un modello oppressivo che riguarda tutti. E tutto il male del carcere viene accettato, o discusso e criticato da pochi, perché su un racconto da bar del crimine si è consentito il superamento dei limiti della civiltà giuridica. E in fondo chi se ne frega di loro, pagano i loro sbagli, magari solo la loro sorte. Solo che è una sorte che a giro è toccata a milioni di persone fra incarcerati e familiari, i secondi sicuramente innocenti, ma anche fra i primi le percentuali statistiche sono alte, non fisiologiche dello zero virgola, ma a cifra doppia che ultimamente si assesta in una percentuale, fra tutte le fasi processuali, del 29%.

Spaventa la cifra, ma uguale non inorridite, tanto tocca ad altri. Purtroppo a tanti fra quelli che lo hanno pensato poi è toccato un giro di giostra. Ma pure i colpevoli, pure gli orribili sarebbero per Costituzione intoccabili, recuperabili. Ma la Carta più bella del mondo, per gli ammanettati è un orpello.

Fra quelli che ci sono passati senza colpe, che hanno avuto tutto distrutto, ho raccolto moltissime storie, sicuramente di fantasia, questa è una:
“Era una giornata di gennaio, come questa, nei giorni prossimi alla Merla. I detenuti di un penitenziario del nord scesero all’aria, per la prima delle due sole ore d’aria che toccava loro ogni 24 ore. Quando l’ora finì e si aprirono i cancelli per il rientro, si riunirono al centro del cortile e si rifiutarono di rientrare: in sezione c’erano diversi detenuti malati, a parer loro non ricevevano cure adeguate.

Volevano rassicurazioni, altrimenti si sarebbero sdraiati a terra. Resistenza passiva. Rimasero lì fino al pomeriggio. Nessuna interlocuzione. Alle sedici arrivò un magistrato di sorveglianza. Li rassicurò. Tutto si risolse. Sarebbero tornati in sezione. Il magistrato andò via. Aspettarono. Venne sera. La temperatura si abbassò. Improvvisi comparvero gli idranti: getti potenti. Lavarono bene i detenuti. Si spensero e si spensero le luci. E passarono ore e ore. L’acqua si ghiacciò tutta. I cancelli si aprirono in piena notte. Un detenuto alla volta venne fatto entrare, spogliato nudo e fatto passare fra due file di agenti con casco manganello e scudo: un corridoio infinito percorso lentamente fra rulli di manganelli sugli scudi. Nessuno prese botte. I detenuti che si erano fatti portavoce partirono in fretta, dispersi fra le carceri dello Stivale, gli altri passarono un paio di settimane a rimettere a posto quello che le perquisizioni sbattevano per terra . Non ci furono spargimenti di sangue, solo ammazzamenti di dignità”.
Ma naturalmente i detenuti sono bugiardi, questa è una storia fasulla, però rammentatela mentre seguite il dibattito nobile di chi si prenderà cura di voi.